In Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè:
“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto”
La parola tradotta con “il Signore” è il famoso Tetragramma che gli ebrei
non possono neanche pronunciare:
“YHWH“, vocalizzato in diversi modi tra i quali “Yahweh“. Le quattro lettere
ebraiche che lo compongono sono queste: “יהוה“, yod-he-waw-he. Ricordiamo che
l’ebraico si legge da destra verso sinistra.
Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22, leggiamo:
“Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto
del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno
da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche
l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il
re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove
Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e
in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non
scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»».
Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».”
Nonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena che si è svolta
davanti a Gesù crocifisso dev’essere stata un po’ diversa da come ce la siamo
sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo ma il lettore,
non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a comprendere.
L’iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla “INRI“, raffigurata ancora
oggi sopra Gesù crocifisso. L’acronimo, che sta per il latino “Iesus Nazarenus
Rex Iudaeorum“, significa appunto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei“.
Ma Giovanni specifica che l’iscrizione era anche in ebraico. Non solo: in un
momento così importante l’evangelista sembra soffermarsi su dei particolari
apparentemente di poco conto:
- il fatto che molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove
Gesù fu crocifisso era vicino alla città
- i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato per far modificare
l’iscrizione
- Pilato che si rifiuta di cambiarla.
Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che, senza volerlo,
aveva creato un po’ d’imbarazzo – se vogliamo definirlo così – agli ebrei che
osservavano Gesù crocifisso con quell’iscrizione sopra la testa.
Henri Tisot, esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere
quale fosse l’esatta traduzione ebraica dell’iscrizione fatta compilare da
Pilato. Ne parla nel suo libro “Eva, la donna” nelle pagine da 216 a 220.
Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere “Gesù il
Nazareno e re dei Giudei“. Con le lettere ebraiche otteniamo “ישוע הנוצרי ומלך
היהודים“. Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.
Queste lettere equivalgono alle nostre “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” vocalizzate
“Yeshua Hanotsri Wemelek Hayehudim“.
Quindi, come per il latino si ottiene l’acronimo “INRI“, per l’ebraico si
ottiene “יהוה“, “YHWH“.
Ecco spiegata l’attenzione che Giovanni riserva per la situazione che si svolge
sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei vedevano l’uomo che avevano
messo a morte, che aveva affermato di essere il Figlio di Dio, con il nome di
Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra la testa.
Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a tutti, e provarono
a convincere Pilato a cambiare l’incisione. Ecco che la frase del procuratore
romano “Quel che ho scritto, ho scritto” acquista un senso molto più profondo.
Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato esattamente questo
momento. In Giovanni 8,28 troviamo scritto:
“Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora
conoscerete che Io Sono”
Per “innalzare” Gesù intende la crocifissione. “Io Sono”
allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo 3,14:
“Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli
Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»”.
Autore: Daniele Di Luciano
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