di Alain Santacreu
Sotto la pressione amichevole e un
tantino ironica di Aude de Kerros(1), mi sono finalmente recato all’esposizione
“blockbuster” Les Maitres du désordre,
che Joan de Loisy ha proposto da aprile a luglio 2012 al museo di Quai de Branly.
Lo spazio della mostra
concepito dagli architetti Dominique Jakob e Brendan Macfarlane, è una
struttura tubolare di acciaio ricoperta di lastre di gesso tenute da stoppe.
Questa scenografia che inghiottisce il visitatore e lo rigetta alla fine del percorso, evoca il gigantesco colon di un “mostro-mondo” nel quale le materie
si frammischiano in una defecazione genesiaca. Viene da pensare al “digestore
divinizzante” di Pierre Gordon(2) che l’etnologo Bertrand Hell, consigliere
scientifico di Loisy, sembra ignorare superbamente, se si fa riferimento alla
sua opera Possessione et Chamanisme: les
maitre du désordre, asse ideologico fondamentale dell’esposizione(3).
Questo percorso labirintico è stato ispirato dal leggendario Serpente
arcobaleno della mitologia aborigena australiana. E’ costituito da tre sezioni
successive: il disordine del mondo, il controllo del disordine e la catarsi.
All’inizio della
nostra passeggiata un’opera di Thomas Hirschhorn, Outgrowth, dà testimonianza dell’imperfezione del mondo: piccoli
globi terrestri tumefatti sono allineati su degli scaffali come altrettanti
occhi esorbitati, abietti; alcune fotografie illustrano il disordine terrestre:
guerre, sommosse, delitti, malattie, incidenti, etc..
Secondo la Weltanschauung de Jean de Loisy, ordine
e disordine si succedono ciclicamente e sono all’origine dei miti costitutivi
delle civilizzazioni umane. La tensione di queste due forze antagoniste sarebbe
indispensabile per l’equilibrio dell’universo. Le potenze del disordine sono
divinità ambivalenti, inquietanti e imprevedibili, scaturite da ciò che Loisy
chiama l’ “immaginario collettivo” dell’umanità. Queste entità, separate da
altre divinità da un’impurità originaria, sono perturbatori divini, figure di
destabilizzazione che introducono la confusone nell’ordinamento delle
civilizzazioni e delle società. Il visitatore si imbatte nella statua di
Dioniso, figura greca emblematica di questi dei selvaggi; scorge uno spettro
rappresentante Set, il dio malefico dell’antico Egitto; o ancora, una statua
della dea Sekhmet dalla testa di leone. Via via gli viene imposto un
sincretismo nel quale pullulano le grandi figure delle potenze del disordine
provenienti da tutta la superficie della terra: gli dei serpenti, nagam, del Kerala, in India; Exu, la
grande divinità demoniaca del candomblé
di Bahia, in Brasile; i mostri naa ‘yéé,
dai navajos dell’America del Nord; Rangda, regina delle streghe di Bali; Yurugu,
la volpe pallida del Mali. Ora ci
troviamo accerchiati da maschere le une più orride delle altre, maschere della
Guinea, della Costa d’Avorio, maschere inuit dell’Alasca.
Non ho avuto il
privilegio di scorgere l’effimero altare allestito in alcuni giorni dal sacerdote
vodun Azé Kokovina. Costui è al tempo
stesso attore e bokono, identità duplice
che facilita l’assimilazione della cerimonia magica ad una “performance”
artistica. In qualche modo annuncia l’“Albero Sciamanico” che il visitatore
incontrerà più avanti, coi suoi quattordici rami ciascuno dei quali regge uno
schermo video dove si vedono e si ascoltano direttamente alcuni signori
contemporanei del disordine, sciamani, streghe e sacerdoti vudù, ma anche Anna
Halprin, danzatrice di fama internazionale le cui coreografie si ispirano alla
gestualità esorcista di liberazione del corpo.
Nel ritualismo animico
l’incarico normativo di streghe e sciamani, che sono i “signori del disordine”,
è quello di mantenere l’equilibrio tra ordine e disordine. Sciamanesimo e culto
di possessione sarebbero, secondo gli ideatori della nostra esposizione, i due principali
sistemi elaborati dalle società umane per definire il quadro del contatto
diretto, deliberato, controllato, con gli spiriti. Un tale partito preso
elimina in un sol colpo la mistica
cristiana poiché se la magia è una tecnica, la mistica è una grazia. L’alleanza
del signore del disordine con ciò che Loisy chiama “contro-mondo” non è
un’alleanza d’amore, come il rapporto tra il Dio biblico e la Sua creazione,
bensì un’alleanza contabile da creditore a debitore: l’intercessore si comporta
come un vero procuratore e la sua tecnica è imparentata all’arte del negoziare.
“Negoziatore” deriva dal latino negociator
che designa il “banchiere”, colui che si dà a un’attività commerciale. E’
perché il disordine è Usura, come
avrebbe detto Ezra Pound, che è possibile negoziare con esso. Ma una tale
dimensione non verrà mai presa in considerazione da Jean de Loisy, precisamente
perché essa spiega in gran parte il motivo per cui l’arte contemporanea è
intrinsecamente legata alla speculazione finanziaria.(5)
Così, i tecnici
della sacralità magica si confondono con la figura mitica del trickster, briccone, burlone malizioso,
imprevedibile, oscillante dal bene al male in tutte le cose. Tre qualità lo
caratterizzano: l’ambivalenza, la trasgressione e il fai-da-te; queste tre espressioni,
secondo Loisy, sarebbero perfette per descrivere l’artista contemporaneo.
Poiché l’idea centrale di questa esposizione consiste nel far “dialogare”
sciamanesimo e arte contemporanea.
Le istallazioni degli
artisti contemporanei introducono scenograficamente ogni sala tematica. Ai lati,
oltre trecento oggetti etnografici, una ventina di opere d’arte contemporanea danno
così testimonianza della eco nella nostra società di un’unica questione
trasgressiva. Bertrand Hell parla, nella sua opera(6), di un “principio di
adattabilità” che sarebbe “una caratteristica fondamentale dello sciamanesimo e
della possessione”: l’arte contemporanea, adattatore ideologico multiculturale,
si fonda su questo stesso principio.
Sarò sincero: ho
attraversato il tratto finale dell’esposizione a passo di carica, l’atmosfera
psichica di quei luoghi essendomi divenuta irrespirabile. Artaud lo diceva, nei
suoi momenti di divinazione folgorante: siamo circondati da demoni, stregati, ammaliati
dal diavolo. Attorno a me sfilavano feticci, sacchetti magici, recipienti
inquietanti, tutta un’eteroclita panoplia di amuleti, costumi e oggetti
sciamanici che non hanno cessato di affascinare, durante tutto il XX Secolo,
gli artisti avanguardisti eunuchi dello spirito –il Dio biblico essendo per
loro biasimevole- in cerca di una potenza “sacra” assente dal mondo occidentale
moderno.
Se dopo un tale pellegrinaggio
il visitatore sente di avere febbre, mal di testa, crisi di pianto ed altri
sintomi classici di un attacco di possessione, sappia che, secondo le alte
considerazioni etno-estetiche di Jean de Loisy, vuol dire che egli stesso è
divenuto un eletto dagli spiriti, un signore del disordine, un artista
contemporaneo!
Gli sciamani hanno a
che fare con due tipi di influenze psichiche, quelle benefiche e quelle
malefiche; e poiché, evidentemente, non vi è nulla da temere dalle prime, è
soprattutto con le seconde che devono “negoziare”. Certo, non si tratta di un
culto reso a queste influenze malefiche
ché sarebbe una sorta di “satanismo” cosciente; si tratta solamente, in
principio, di impedire loro di nuocere, di neutralizzare o di sviare le loro
azioni. Tuttavia, qualunque possa essere l’intenzione originaria, il maneggiare
influenze di questo tipo in assenza di influenze di ordine superiore,
propriamente spirituali, sfocia in una vera stregoneria la cui vitalità magica
rappresenta qualcosa di temibile. Il contatto costante con queste forze
psichiche è dei più pericolosi in primo luogo, per lo stesso sciamano, ma anche
su un altro piano più diffuso. In effetti può accadere che certe “potenze”,
avendo conoscenze più vaste, utilizzino queste stesse forze per tutt’altri
fini, all’insaputa degli sciamani sedicenti “signori del disordine” i quali,
allora, hanno solo un ruolo di semplici strumenti d’accumulazione delle forze
in questione. Queste centrali psichiche sono dei “serbatoi” di influenze la cui
localizzazione spaziotemporale nulla ha di fortuito. Di conseguenza, per quanto
concerne l’esposizione di Jean de Loisy,
bisognerebbe prestare la giusta attenzione alle diverse date e ai luoghi
dove viene presentata la mostra; ovvero, in Francia, a Parigi, Musée du Quai de Branllly, dall’undici
aprile al 29 luglio 2012; poi al Kust-und
Ausstelllungshalle der Bundesrepublik Deutschland, A Bonn, in Germania, dal
31 agosto al 2 dicembre 2012; e, infine, a “La Caixa” Foundation, a Madrid, in
Spagna, dal 7 febbraio al 19 maggio 2013.
Quindi, sotto
l’apparenza dell’arte contemporanea, Jean de Loisy ha fabbricato una vera
centrale psichica avente finalità contrarie a ogni spiritualità. D’altronde, il
commissario dell’esposizione parla spesso dei due mondi, visibile e invisibile,
corporale e psichico, accontentandosi apparentemente dell’antropologia dualista
che è quella di Bertrand Hell, suo mentore in etnologia all’università. Il rifiuto,
per non dire l’odio, della tradizione spirituale, segnatamente cristiana, è una
costante dell’ideologia dell’arte contemporanea, come ha magistralmente
dimostrato Christine Sourgins in un libro fondante (7). In quanto appartenenti
al mondo intermedio, le forze psichiche manipolate dai signori del disordine,
ben lungi dall’elevare gli uomini, possono solo aprire loro la via verso l’
“infra-umano”.
Note
1)Raccomando molto
calorosamente l’ultima opera di Aude de Kerros, “Sacré art contemporain.
Eveques, Inspecteurs et Commissaires”, apparso recentemente per le edizioni
Jean-Cyrille Godefroy.
2)L’opera di Pierre
Gordon è edita dalle edizioni Arma Artis.
3)Bernard Hell, “Possession
et Chamanisme. Les maitres du désordre”, Champs-Flammarion, 1999.
4)Per ragioni
facili da comprendere non ho voluto illustrare questo articolo con le immagini
degli “oggetti etnici” magicamente caricati.
5)Cfr. l’articolo
di Aude de Kerros in “Les Echos”.
6)Bertrand Hell,
op. Cit. Pag. 9.
7)Christine Sougins,
“Les mirages de l’Art contemporain”, Edition de La Table Ronde, 2005.