Il
caro amico Alain Santacreu ci segnala dal suo sito CONTRELITTÉRATURE, l’interessante recensione dedicata a
un numero speciale del periodico francese “Vers la Tradition”, dedicato ai
rapporti tra l’opera di René Guénon e il cosiddetto “terrorismo islamista”. La
rivista, fondata dal compianto Roland Goffin, ha affidato lo scottante argomento
alle cure di Jean-Louis Gabin, autore di cui qui sul “Corriere metapolitico”
abbiamo già avuto modo di parlare in passato (1).
Secondo
Gabin, i guénoniani convertiti all'Islam, compresi i “sufi” di nazionalità francese,
pur di dimostrare la legittimità dottrinale dell’espansionismo islamico
avrebbero impugnato l’opera di René Guénon distorcendone il significato. Come?
Sostenendo la tesi, ovviamente funzionale al successo mondiale dell’Islam, di
una sua provvidenziale capacità di assimilare a sé tutte le altre religioni
tradizionali.
Nel
saggio "I Misteri della lettera Nûn",
Guénon spiegava che “il compimento del ciclo, quale noi l’abbiamo considerato,
deve avere una certa correlazione, nell’ordine storico, con l’incontro delle
due forme tradizionali che corrispondono al suo inizio e alla sua fine, e che
hanno rispettivamente come lingue sacre il sanscrito e l’arabo: la tradizione
hindù, in quanto rappresenta l’eredità più diretta della Tradizione
Primordiale, e la tradizione islamica, in quanto ‘sigillo della Profezia’ e, di
conseguenza, forma ultima dell’ortodossia tradizionale per il ciclo attuale”
(Simboli della Scienza Sacra, Ed. Adelphi, Milano 1978). Secondo Gabin queste
parole di Guénon sarebbero state fraintese deliberatamente in particolare da Michel
Vâlsan che cercò di far passare una loro
lettura in chiave escatologica. Nel suo "Il Triangolo dell'androgino e il monosillabo
Om" (2), Vâlsan formula l’idea che alla fine dell’attuale Ciclo, hinduismo
e cristianesimo saranno riassorbiti dall’Islam. Orbene, una simile ipotesi
secondo Gabin, si configura come un tradimento dell’idea di “unità trascendente
delle religioni” di Guénon e cerca di far passare il suo pensiero come una
forma di esclusivismo religioso essoterico che in verità gli fu del tutto
estraneo.
La prova o “canna
fumante”, la troviamo nell’imponente corrispondenza di Guénon dove il nostro mostra
di avere una totale indipendenza intellettuale nei confronti dell’Islam. In
particolare, Gabin cita lo stralcio di una lettera di Guénon all’amico Louis Caudron d'Amiens, del 27 giugno 1936: «La restauration initiatique en mode occidental me paraît bien improbable,
et même de plus en plus comme vous le dites ; au fond, du reste, je
n’y ai jamais beaucoup compté, mais naturellement je ne pouvais trop le montrer
dans mes livres, ne serait-ce que pour ne pas sembler écarter a priori
la possibilité la plus favorable”.
Purtroppo, fa
giustamente notare Santacreu, Gabin omette di riportare il passaggio successivo
della medesima lettera, dove Guénon aggiungeva: “Pour
y suppléer, il n'y a pas d'autre moyen que de recourir à une autre forme
traditionnelle, et la forme islamique est la seule qui se prête à faire quelque
chose en Europe même, ce qui réduit les difficultés au minimum.»
Insomma, a quanto pare siamo alle solite: tutti o quasi gli “interpreti”
di Guénon hanno il vizietto di strapazzarne le idee, approvandole o disapprovandole
non in base al loro reale contenuto, ma sulla base di una troppo sovente superficiale
e approssimativa lettura. Senza escludere le omissioni interessate di cui anche Gabin è responsabile.
(2) Michel Vâlsan, «Le
Triangle de l’Androgyne et le monosyllabe "Om"» , Études Traditionnelles,
1964-65 ; ripreso in «L’Islam et la fonction de René Guénon», Éditions
de l’Œuvre, 1984, pp. 126-144.