La
distinzione per non perdersi nel mare magnum della volgarità di usi e di costumi
oggi imperante, la distinzione per rivendicare la propria individualità davanti
alla massa plaudente che ha come unico merito quello di correre in soccorso del più forte! Come distinguersi, come essere se stessi, come
vivere con stile in un tempo di barbarie?
Sono queste le
domande che si pone il saggio di Tommaso Romano “Elogio della distinzione”, (fondazione
Thule cultura) in cui passa in rassegna l'esegesi e la storia
dell'Aristocrazia, della Cavalleria e della Nobiltà.
Se i natali
danno in qualche modo un imprimatur necessario, questo solo non è sufficiente
per fare di un uomo un gentile.
Dante ce lo
insegna: la vera nobiltà non risiede solo nella stirpe e nel sangue ma
soprattutto nel cosiddetto cor gentile ovvero nell’animo capace di
provare nobili sentimenti e comportarsi di conseguenza.
A
partire da questo assunto Romano, in quello che si può considerare un vero e
proprio manuale del viver cortese, diventa guida sapiente per chi intenda intraprendere con totale disinteresse economico e professionale la strada verso la distinzione, contro la massificazione e la standardizzazione dell'uomo
di oggi.
“La
distinzione può essere perseguita da tutti volendolo, ordinando le idee,
seguendo studio, esempi e ciò che di nobile ditta dentro”. (pag. 5)
Come
d’altronde ci insegna il filosofo Epicuro: “Non la natura, che è unica per
tutti, distingue i nobili dagli ignobili, ma le azioni di ciascuno e la sua
forma di vita”. (pag.68).
Nella prima
parte del libro troviamo l’Apologia della condizione singolare in cui Romano
si appoggia a uno dei pilastri del suo pensiero: la Tradizione.
Come ama
spesso ripetere: “Tanto più forti saranno le sue radici tanto più l'albero (l'uomo) crescerà in altezza (morale)”.
Dopo
avere passato in rassegna il pensiero legato alla Tradizione Romano affronta un
tema a lui particolarmente caro: la casa.
Essa da
semplice dimora diviene la cartina di tornasole da cui è possibile avere un
identikit esatto di chi la abita, del suo (buon) gusto, del modo in cui passa
il tempo libero, del valore che dà agli oggetti che diventano testimonianza
delle sue esperienze di vita.
Sapere
distinguersi non può che passare dal modo in cui si vive la casa, dal rapporto che si instaura con essa ma questa non deve necessariamente essere un
rifugio solitario, un eremo senza terra ma "può aprirsi, accogliere pochi
e scelti interlocutori per goethiane affinità elettive.... I libri, le
suppellettili, gli oggetti, la musica, le buone persone, un animale fedele, la
memoria ci faranno ala non certo ingombrante" (pag 22).
Si può
dunque affermare con Romano che la casa è la proiezione della propria identità.
Dopo questa
prima parte di carattere didascalico il volume presenta un florilegio di autori
diversi, per stile, pensiero ed epoca storica, che nei loro scritti e nel loro
pensiero hanno codificato regole e grammatica della Nobiltà, spiegato il motivo
della nascita della Cavalleria e dell’Aristocrazia. In quelli più recenti,
è presente la biunivoca corrispondenza tra caduta di valori dei nobili ideali e
crisi del tempo storico presente.
Tra le tante
citazioni mi piace riportarne una di Nicolas Gomes Davila. Lo scrittore,
aforista e filosofo colombiano così scrive: “Più gli uomini si sentono
uguali, più facilmente tollerano di essere trattati come pezzi intercambiabili,
sostituibili e superflui. L’uguaglianza è la condizione psicologica preliminare
delle carneficine fredde e scientifiche”.
Se ci
riflettiamo bene, altro non è che un elogio della diversità alla rovescia cioè
mettendone in evidenza i limiti autodistruttivi dell’uguaglianza intesa
come obiettivo supremo da raggiungere per un popolo che vuol definirsi
civile.
Segue
infine un saggio sulla Nobiltà, ( scritto appositamente per Tommaso Romano)
sulla Cavalleria e sull’Aristocrazia dell'illustre studioso, il nobile
spagnolo Amadeo-Martin Rey y Cabieses, (Componente dell’Audizione Generale e Consigliere della
Real Deputazione del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio nonché
Membro Corrispondente del Collegio Araldico di Roma ) storico e critico
nell’ambito araldico-cavalleresco della Classe aristocratica e della Tradizione
iberica, che mostra una particolare attenzione alla storia della nobiltà
italiana.
Lo
scrittore spagnolo espone a chiare lettere quelli che sono i tratti distintivi
della nobiltà: il rispetto della parola data, la bontà, la generosità, il
valore e l’umiltà del cuore.
Nel
capitolo finale, prima di una ricchissima bibliografia, c’è il Congedo al Café
de Maistre, in cui Romano, malinconicamente, constata come ai nostri tempi la
cultura, l’arte, la tradizione, la stessa fede siano diventati degli pseudo
valori da utilizzare a piacere per il proprio tornaconto.
E
allora cosa fare? La ricetta di Tommaso Romano è semplice eppur non sempre
facile da attuare: “ Resistere, pur sapendo di servire una causa
perduta…..Profferire parole e concetti solo quando richiesto, declinando con
garbo ma fermamente la compagnia di arrivisti, molesti e insulsi; studiare e
scrivere per sé e per chi egualmente non si piega…mostrare la bellezza e la
potenza del creato. Tutto ciò con la ferma consapevolezza di stare in
minoranza, in assoluta minoranza, forse testimoni attivi di una ipotetica, eventuale
futura memoria”. ( pag. 133-134)
Una
voce fuori dal coro, un anticonformista assoluto che nella vita ha sempre
seguito i suoi ideali a costo di rimetterci personalmente, pur di non abbassare
la testa davanti al potente di turno. Questo è, ed è sempre stato, Tommaso
Romano per chi lo conosce e a cui non fanno stupore le lapidarie frasi del suo
“Elogio della Distinzione”.
Per i
pochi che non lo conoscono ancora, questa lettura servirà a comprendere la
figura di un intellettuale a volte scomodo ma per questo più interessante da
studiare perché, attraverso il capovolgimento della prospettiva, ci fa vedere
la realtà con occhi diversi e disincantati.
Giovanni Taibi