di Carlo Gambescia
Agli amici
lettori, e in particolare a coloro che hanno appena divorato
Passeggiare tra le rovine, consiglio di andare subito a
leggersi, sul sito del “Corriere Metapolitico” la recensione
di Aldo la Fata e relativi commenti (*). E per alcune ragioni .
La prima è
che Aldo La Fata, che definirei un tradizionalista liberale (attenzione,
non liberale tradizionalista), espone con grande chiarezza i
contenuti del libro, e direi con una generosità, come nota Carlo Pompei,
che per alcuni aspetti, solletica la mia vanità. Ma, per altri,
pone quesiti, direi fondamentali e spiazzanti per qualsiasi
studioso serio: qual è il rapporto tra scienza e fede? Tra
metodologie profane (sto semplificando), come quelle usata dalla
sociologia e i due universi scalari del sacro e del
trascendente? Grande questioni alle quali - è vero, Aldo - il
mio libro, tutto ripiegato sul mondo profano, "l' aldiquà", non
risponde.
Devo però
sottolineare che, per così dire, sul
versante modernista, in altre sedi, mi muovono
critiche uguali e contrarie, definendo la mia sociologia fin
troppo letteraria: un realismo magico, con pericolose e poco
razionali aperture verso l’ immisurabile (o l' incommensurabile, come tu,
Aldo, forse preferiresti dire). Immisurabile che io invece riconduco allo
“specifico sociologico”, riferendomi a quei processi impersonali,
stretti tra il caso ( l’imponderabile) e la necessità (le regolarità o costanti
sociali) che contraddistinguono l'interazione tra individui e tra
l'individuo e la società, di cui il sociologo deve tenere conto: i famigerati
fatti. In qualche misura, la mia sociologia studia le ragioni per le
quali, stretto fra queste maglie (caso e necessità), l’uomo non potrà mai
essere totalmente libero e i motivi per cui certi fenomeni politici non
potranno mai verificarsi, almeno in questa vita e in questo mondo.
Insomma, cerco di ricondurre l'irrazionale (il non prevedibile) nel quadro del
razionale (le forme metapolitiche del sociale). E la decadenza è una di
queste regolarità, e come tale viene studiata, nelle sue varie manifestazioni,
impiegando una "cassetta degli attrezzi". Sicché le forme restano (e
sono misurabili, nel senso che si ripetono storicamente e sociologicamente), i
contenuti storici invece mutano (e sono imprevedibili, nella loro interazione
con le forme, o comunque, se lo sono, con larghissimi margini di errore).
Il sistema perciò è sempre in tensione. Nulla di deterministico, insomma.
Una fatica
enorme però. Un "progetto cognitivo", definiamolo così,
che, ne sono perfettamente consapevole, mi ha alienato e mi aliena
le simpatie dei tradizionalisti come dei modernisti (anche qui sto
semplificando). Ma anche del politico in genere: dal ministro, ben inserito
nel sistema all'attivista anti-sistemico, i quali vogliono certezze (i
primi) e passioni (i secondi) e men che meno, quindi, indicazioni di
vincoli sociologici, e quindi di coerenza strutturale (quello che
si può fare e non fare dal punto di vista infrasistemico e antisistemico).
Tradotto: vincoli che non permettono (e promettono) di ottenere
voti o attirare militanti.
Certo,
se ancorassi, pubblicamente, la mia sociologia a una qualche teodicea
tradizionalista o modernista, guadagnerei sicuramente consensi,
ma preferisco andare per la mia strada. Che è quella di uno
studioso indipendente, se mi si passa l’espressione, da tutte le parrocchie
politiche e metodologiche. A differenza di certi, presunti non
conformisti, che scrivono saggi scientifici conformisti con un occhio
alle commissioni universitarie, salvo poi atteggiarsi a guerrieri dello
spirito o della materia in altre sedi, come dire, più ombreggiate. Anche
se, come dicevano i nonni, il mondo è paurosamente piccolo.
Caro Aldo, prendo atto delle tue critiche, fondate. Spero di approfondirle in un prossimo libro, come dire meta-metasociologico, o se preferisci meta-metapolitico. Ma non sarà cosa di domani.
Caro Aldo, prendo atto delle tue critiche, fondate. Spero di approfondirle in un prossimo libro, come dire meta-metasociologico, o se preferisci meta-metapolitico. Ma non sarà cosa di domani.
E, vengo al
secondo punto: cosa dire degli altri commenti ? Intanto ringrazio
Nibbio.Angelo per le critiche, E' vero esiste il rischio
classificatorio, che io chiamo entomologico: del
sociologo-morfologo che seziona gli “insetti sociali” ( neppure
Jünger, si parva licet, ne fu indenne, ma è altrettanto vero
che non era un sociologo… o se lo fu, lo fu a metà, come ho scritto in Sociologi
per caso ). Tuttavia esiste anche il pericolo del
romanticismo politico, ben studiato da Carl Schmitt e quindi dell'azione
per il gusto dell'azione, che non può essere ignorato.
Insomma, so benissimo di muovermi tra Scilla e Cariddi: fredda impotenza e torrido azionismo. Spero di "barcamenarmi" e non andare a fondo o "impattare" a causa dei forti venti contrari, per così dire, da destra come da sinistra... Certo, su questo blog, assumo posizioni più "politiche", nei termini del minor male possibile però. Ovviamente, secondo il mio punto di vista, che è quello di un osservatore politicamente moderato. Di centro? Forse. Che, di riflesso, non potrà piacere a chi, eccetera, eccetera. Sono un osservatore che teme gli eccessi: "immagina il disastro" (come scrive Molina), ma teme anche il "culto del disastro", perché sa che, al di là delle ideologie (le famigerate "derivazioni" studiate da Pareto), che ci consegnano una visione deformata della realtà, le costanti o regolarità delle metapolitica finiscono sempre per vendicarsi, perché sono ancorate alla realtà così com'è, ( delle forme come dicevamo più sopra) e non come dovrebbe essere, la realtà, secondo il costruttivismo utopistico di varia estrazione ideologica. Almeno su questo pianeta. E mi assumo la responsabilità di quel che vi scrivo. Sul blog. E pure sul pianeta. Come? Anche firmando con il mio nome e cognome.
Insomma, so benissimo di muovermi tra Scilla e Cariddi: fredda impotenza e torrido azionismo. Spero di "barcamenarmi" e non andare a fondo o "impattare" a causa dei forti venti contrari, per così dire, da destra come da sinistra... Certo, su questo blog, assumo posizioni più "politiche", nei termini del minor male possibile però. Ovviamente, secondo il mio punto di vista, che è quello di un osservatore politicamente moderato. Di centro? Forse. Che, di riflesso, non potrà piacere a chi, eccetera, eccetera. Sono un osservatore che teme gli eccessi: "immagina il disastro" (come scrive Molina), ma teme anche il "culto del disastro", perché sa che, al di là delle ideologie (le famigerate "derivazioni" studiate da Pareto), che ci consegnano una visione deformata della realtà, le costanti o regolarità delle metapolitica finiscono sempre per vendicarsi, perché sono ancorate alla realtà così com'è, ( delle forme come dicevamo più sopra) e non come dovrebbe essere, la realtà, secondo il costruttivismo utopistico di varia estrazione ideologica. Almeno su questo pianeta. E mi assumo la responsabilità di quel che vi scrivo. Sul blog. E pure sul pianeta. Come? Anche firmando con il mio nome e cognome.
Ringrazio
Arvo, che mi ricorda, e giustamente, i pericoli della
“critica asettica” di certo oggettivismo che viene evocato dai
modernisti come foglia di fico ideologica: è vero: per così
dire, c’è chi ci marcia. Non io però. E se erro, erro in
buon fede. Mi si provi a leggere, magari iniziando dai libri
dedicati a Pitirim Sorokin e Augusto Del
Noce.
Ringrazio
Buffagni, Pompei, Molina, il leale Ciccarella, per i giudizi nei miei
riguardi e del libro. Fin troppo generosi.
Un ultimo punto, il liberalismo. Non ho mai nascosto le mie simpatie politiche. Né mi devo scusare con nessuno. Noto però, lasciando da parte alcuni pregiudizi gravi che affiorano tra i commenti (ai quali potrei opporre solo ragioni che verrebbero definite dai miei interlocutori altrettanto viziate da "pregiudizi"). Notò però, dicevo, che si continua a considerare il liberalismo come una specie di blocco unico, un monolite ideologico. In realtà non è così: esistono almeno quattro tipi di liberalismo (archico, an-archico, mini-archico, macro-archico). In molti pensatori liberali, ad esempio gli “archici” (Burke, Tocqueville, Pareto, Mosca, Ferrero, Croce, Weber, Ortega, de Jouvenel, Röpke, Aron, Berlin), i tradizionalisti, o quantomeno alcuni tra di loro ( penso ad Aldo, ma ricordo anche lunghe conversazioni con il compianto Gian Franco Lami, nonché con il caro amico Giuliano Borghi e altri ancora), potrebbero trovare molti punti di sintonia sull'importanza delle istituzioni, dei valori, dell'idea di patria, delle aristocrazie politiche e sociali, del "politico". Però bisogna leggerli. E ancora meglio, studiarli.
Comunque sia - e chiedo scusa per l’ ennesima autocitazione - ho approfondito l' argomento in Liberalismo triste. Libro, per riallacciarmi al mio, socialmente improvvido juste-milieu, che, ad esempio, ha scontentato i liberali mini-archici e an-archici, non indifferenti all'utopia dei mercati perfetti, i quali per contro hanno apprezzato le mie critiche ai liberali macro-archici, che inclinano invece verso il socialismo liberale, un ircocervo ideologico per dirla con un grande filosofo liberale italiano.
Grazie
ancora a tutti e un abbraccio al caro Aldo.
Una citazione personale! E di gran classe! Rivolta ad un sig anonimo come il sottoscritto. Che ha come unica aspirazione, forse vana ( chi lo sa?) quella di entrare in uno stato:
RispondiElimina"Vi è un modello fissato nei cieli per chiunque voglia vederlo e, avendolo visto,conformarsi in sé stesso. Ma che esso esista in qualche luogo o abbia mai ad esistere, è cosa priva di importanza: perché questo è il solo Stato nella politica di cui egli possa mai considerarsi parte"
Platone, Repubblica,592 b
Grazie a tutti.
Chiedo scusa per i continui interventi,ma avevo chiaramente scritto " conformarvisi" ma l'aggeggio infernale che ho sottomano, chissà perché ha voluto fare di testa sua.
RispondiEliminaE temo che i suoi effetti negativi non si fermino qui.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaNessun dubbio:un'elegante e gradita sorpresa. Non posso che ringraziare a mia volta l'autore Gambescia, competentissimo sociologo.Nel mio commento ero stato chiaro, giungendo a definire"formidabile" il testo nel suo genere.Naturalmente è ora mio compito personale riorganizzare le conoscenze acquisite evitando ogni ircocervo culturale, per parafrasare l'Autore e il filosofo Benedetto Croce.
RispondiEliminaUn saluto
Grazie a lei- Nibbio.Angelo, e complimenti per aver colto la citazione crociana, e spirito della citazione stessa. Nonché al signor Arvo, per la sua dotta e gradita citazione. Che dire? Non perdiamoci di vista :-)
RispondiEliminaUn grazie, ovviamente, anche al padrone di casa, Aldo La Fata, al quale va la mia ammirazione per la grande cultura e soprattutto, cosa più importante ancora, per la capacità di ascolto e confronto. Da lui ho molto appreso e, spero, apprenderò.
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