“La cosa più
difficile da ottenere dagli esperti accademici sull’Islam è l’ammissione che
ciò che essi dicono e fanno come studiosi è collocata in un profondo, e in
qualche modo offensivo, contesto politico. Ogni cosa attinente lo studio
dell’Islam nell’Occidente contemporaneo è colma di importanza politica, ma
difficilmente alcuno scrittore sull’Islam, sia egli esperto o generale, ammette
ciò in quello che dice. L’obiettività è ritenuta inerente nel discorso appreso
riguardo le altre società, nonostante la lunga storia di preoccupazione
politica, morale e religiosa sentita da tutte le società, occidentali o
islamiche, riguardo l’alieno, lo straniero e il differente. In Europa, per
esempio, gli orientalisti sono stati tradizionalmente affiliati direttamente
agli uffici coloniali”. (1)
Invece di ritenere
che l’oggettività è propria dei discorsi dotti, l’erudizione occidentale deve
comprendere che pre-commitment con una tradizione politica o religiosa a un
livello conscio o subconscio, può portare ad un giudizio parziale. Come scrive
Hudgson Marshall:
“I pregiudizi
giungono nelle questioni che egli pone e nel tipo di categoria che egli usa,
dove in realtà, il pregiudizio è particolarmente difficile da rintracciare
perché è difficile sospettare degli stessi termini che si utilizzano, i quali
sembrano innocentemente neutrali…” (2)
La reazione
islamica di fronte all’immagine ritratta dall’erudizione occidentale ha
iniziato a richiamare la dovuta attenzione. Nel 1979 l’altamente rispettato
orientalista Albert Hourani disse:
‘Le voci di
quelli del Medio Oriente e del Nord Africa che ci dicono che non si riconoscono
nell’immagine di essi che abbiamo creato sono così numerose e insistenti per
essere spiegate in termini di rivalità accademica o di orgoglio nazionale.’ (3)
Questo era l’Islam
e i musulmani di fronte agli Orientalisti.
Quando ci
concentriamo sullo studio della Shi’a realizzato dagli
Orientalisti, la parola “incompresa” non è sufficientemente forte; si tratta
piuttosto di un eufemismo. La Shi’a non è stata solamente incompresa, ma
ignorata, travisata e studiata soprattutto attraverso la letteratura eresiografica
dei suoi oppositori. E’ come se gli Sciiti non avessero i propri sapienti e la
propria letteratura. Prendendo in prestito un’espressione di Marx: “Non possono
rappresentarsi da soli, devono essere rappresentati”, e anche dai loro
avversari!
La ragione di
questo stato delle cose risiede nelle vie attraverso le quali gli eruditi
occidentali entrarono nei campi di studi islamici. Hodgson, nella sua
eccellente critica dell’erudizione occidentale, scrive:
“Primo,
vi erano coloro che studiarono l’Impero Ottomano, il quale giocò un ruolo
importante nell’Europa moderna. Vi giungevano di solito, in primo luogo, dal
punto di vista della storia diplomatica europea. Questi eruditi avevano la
tendenza a vedere tutto l’Islam dalla prospettiva politica di Istanbul, la
capitale Ottomana.
Secondo, vi furono alcuni, generalmente britannici, che
intrapresero gli studi islamici in India per dominare il Persiano come buoni
servitori civili o almeno erano ispirato dall’interesse indiano. Per essi, la
transizione imperiale di Delhi tendeva ad essere il culmine della storia
islamica.
Terzo, vi erano i Semitisti, spesso interessati
inizialmente agli studi ebraici, poi attratti dall’Arabo. Per essi, il quartier
generale tendeva ad essere Il Cairo, la più vitale delle città arabofone nel
diciannovesimo secolo, sebbene alcuni si diressero verso la Siria o il Maghreb.
Generalmente
erano filologi piuttosto che storici, e appresero a vedere la cultura islamica
attraverso gli occhi degli scrittori sunniti siriani e egiziani già scomparsi
più in voga a Il Cairo. Altri cammini – quello degli spagnoli e di alcuni
francesi che si concentrarono sui musulmani nella Spagna Medioevale, quello dei
russi che si concentrarono sui musulmani del nord – furono generalmente meno
importanti.” (4)
E’ piuttosto ovvio
che nessuno di questi cammini avrebbe condotto gli eruditi occidentali ai
centri di letteratura o apprendimento sciita. La maggioranza di quello che essi
studiavano rispetto alla Shi’a era canalizzato attraverso fonti non-sciite.
Hodgson, che merita la nostra più alta lode per aver notato questo punto, dice:
“Tutti i sentieri prestavano relativamente molta poca attenzione alle aree
centrali della Luna Fertile e dell’Iran, con la loro tendenza verso la Shi’a;
aree che tendevano ad essere più remote dalla penetrazione occidentale”
(5).
E dopo la Prima
Guerra Mondiale “il cammino di Cairene verso gli studi islamici divenne il
cammino di islamistica per eccellenza, mentre altri sentieri di studi islamici
giunsero ad esser visti più come di rilevanza locale” (6)
Per tanto, ogni
volta che un orientalista studiava la Shi’a attraverso la traiettoria Ottomana,
Cairene o Indiana, era piuttosto naturale per lui esser parziale contro l’Islam
Sciita. “Gli storici musulmani di dottrina [che sono principalmente
sunniti] cercarono sempre di mostrare che tutte le altre scuole di pensiero
oltre la propria non solo erano false ma, se possibile, neanche veramente
musulmane. I loro lavori descrivono innumerevoli “firqahs” in termini
che facilmente deviarono gli eruditi moderni facendo loro supporre che si
riferivano a molti ‘gruppi eretici’” (7)
Quindi vediamo
così che fino a non molto tempo fa, gli eruditi occidentali facilmente
descrivevano il Sunnismo come ‘Islam ortodosso’ e la Shia come una ‘setta
eretica’. Dopo aver categorizzato la Shi’a come una setta eretica dell’Islam,
diventò ‘innocentemente naturale’ per gli eruditi occidentali assorbire lo
scetticismo sunnita rispetto all’iniziale letteratura sciita. Anche il
concetto di taqiyya (dissimulazione quando la propria vita è in
pericolo) è stato gonfiato a dismisura e si ritenne che ogni affermazione di
un sapiente sciita aveva un significato occulto. E, di conseguenza, ovunque un
orientalista studiava la Shi’a, la sua tendenza alla tradizione
giudeo-cristiana dell’Occidente veniva aggravata dal pregiudizio sunnita contro
la Shi’a.
1.
Said, E:W., Covering
Islam (New Cork: Panteón Books, 1981) p. xvii.
2.
Hodgson,
M.G.S., The Venture of Islam, vol. 1 (Chicago: Universidad de Chicago
Press, 1974) p.27
3.
Hourani, A.
“Islamic History, Middle Eastern History, Modern History,” in Kerr, M.H.
(ed) Islamic Studies: A tradition an Its Problems (California: Undena
Publications) p. 10
4.
Hodgson, op.
Cit.,p. 39-40.
5. Ibid.
6. Ibid.
7. Hodgson, op.
Cit., p.66-67.
Autore:
S.M. Rizvi
Fonte: http://www.islamshia.org/item/851-ghadir-khum-e-gli-orientalisti.html
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