Venerdì 26 febbraio, presso
gli uffici dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie
(IsAG), è stato presentato e discusso il nuovo libro di Dario Citati intitolato
La passione dell’Eurasia. Storia e civiltà in Lev Gumilëv, recentemente
pubblicato per i tipi dell’editore Mimesis.
Assieme all’Autore, che è
Direttore del Programma “Eurasia” dell’IsAG, erano presenti a dibattere diversi
ricercatori e collaboratori dell’Istituto, i quali hanno commentato il pensiero
di Gumilëv e individuato l’utilità per lo studioso odierno di geopolitica.
Storico e antropologo
sovietico, Lev Gumilëv (1912-1992) ha legato il proprio nome agli studi
etnografici sui popoli nomadi della steppa e al concetto di “etnogenesi” come
chiave interpretativa della storia delle civiltà. Gumilëv osservò il rapporto
tra clima ed espansione della potenza nomadica in vari periodi storici,
traendone la convinzione di una precisa correlazione dovuta al fragile
equilibrio tra pastorizia, bioma della steppa e precipitazioni. Ciò malgrado, questa
correlazione quasi meccanica non poteva spiegare, a giudizio di Gumilëv, la
formazione delle etnie e i cicli di ascesa e declino delle civiltà. Fece allora
ricorso alla nuova categoria di “passionarietà”, la capacità degli individui
(ma per loro tramite anche di un intero popolo) di tendere verso la
realizzazione di un fine superiore, financo superando il proprio istinto di
autoconservazione. È la maggiore o minore presenza di questa passionarietà
all’interno di una società a spingerla in alto verso l’acme o lungo il pendio
del declino.
La figura di Gumilëv, seppur
fonte di controversia, è oggi molto popolare in Russia e in altri paesi ex
sovietici. I suoi libri sono ampiamente diffusi, le sue categorie frequenti nel
discorso pubblico, gli è stata dedicata l’università della capitale kazaka
Astanà, e anche il Presidente russo Vladimir Putin l’ha citato positivamente in
più di un suo discorso ufficiale. Ciò stona con quanto subì in vita, ossia
l’ostracismo accademico per la sua mancanza di ortodossia marxista-leninista, e
la persecuzione e l’internamento nel gulag per la “macchia” ereditaria d’essere
figlio di due poeti ripudiati dal regime comunista, ossia Nikolaj Gumilëv e
Anna Achmatova.
La discussione ha evidenziato
come, malgrado taluni limiti scientifici di Gumilëv imputabili anche alle
difficilissime circostanze della vita e formazione, il suo pensiero sia di
massimo interesse per chi voglia rifondare lo studio della geopolitica su basi
scientifiche. La sua analisi del legame tra clima ed espansione nomadica nella
steppa risulta, almeno nell’impianto, sostanzialmente confermata da studi
recenti. «Gumilëv è un continuatore della tradizione vitalista, che permette di
guardare il fenomeno etnico da un punto di vista innovativo e più ampio», ha
osservato Matteo Marconi, Direttore del Programma “Teoria e storia della
geopolitica”. Daniele Scalea, Direttore Generale, ha sostenuto che laddove
Gumilëv è stato davvero anticipatore sia nell’aver applicato nozioni e metodi
delle moderne scienze naturali per spiegare la storia umana, un approccio oggi
alla base della fortunata corrente della big history.
Il libro di Dario Citati, La
passione dell’Eurasia, sarò ora presentato alla Scuola di Lettere, Filosofia e
Lingue dell’Università Roma Tre, alla presenza, oltre che dell’autore, di
quattro eminenti studiosi di storia e slavistica come Fabio Bettanin, Cesare G.
De Michelis, Lorenzo Pubblici e Adriano Roccucci (che ha anche prefato
l’opera). L’appuntamento per tutti gli interessati è per lunedì 14 marzo, alle
ore 17, presso l’Aula 18 (Piano Terra) del Dipartimento di Filosofia,
Comunicazione e Spettacolo, in Via Ostiense 234/236 [clicca
qui per la locandina].
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