Gustavo Bueno Martínez (1924)
Un semplice
chiarimento: da Bue a Bue*
di Alberto Buela
Abbiamo
avuto l’onore, lo scorso mese, di presentare il nostro ultimo libro Disyuntivas de nuestro Tiempo che porta
come sottotitolo “ensayos de metapolitica”,
presso la Scuola di filosofia di Oviedo diretta dal filosofo Gustavo Bueno, la
più emblematica mente filosofica di lingua spagnola contemporanea.
E
don Gustavo si prese l’onere non solo di essere presente, ma addirittura di
scrivere un lungo articolo sulla metapolitica nel quale afferma, mutatis mutandis, che la metapolitica è
solo un titolo, che non può essere presentato come una interdisciplina o una
multidisciplina, e che è qualcosa di confuso, di oscuro e caotico. In parole povere,
ha tolto ogni valore a questa disciplina.
Orbene,
cosa possiamo fare noi per dimostrare il contrario e non inimicarci un filosofo
tanto importante? Addurre ragioni, mostrare ragioni, spiegare cosa si sta
facendo e come lo si fa. Al lettore poi trarre le proprie conclusioni. Questo è
tutto.
In
filosofia il significato dei termini quando non si sa bene a cosa attenersi, andrebbe
cercato in primo luogo nella loro accezione etimologica. Questo ci viene
insegnato da Platone e Aristotele fino ad Heidegger e Zubiri.
Cosi,
metapolitica è un termine composto dal prefisso greco methà, che può essere tradotto come “al di là” e dal sostantivo politica.
Noi
non lo associamo né con Andronico di Rodi, colui che inventò il termine
metafisica per designare i libri di Aristotele che venivano “dopo la fisica”,
né con nulla di simile.
Metapolitica
sta a significare lo studio di ciò che si trova “oltre la politica” e che in
qualche modo, condiziona l’azione politica. Un ambito di categoria che non si
percepisce in modo immediato bensì dai suoi effetti.
E
ciò che si trova “oltre la politica” sono le grandi categorie che condizionano
l’azione politica, ad esempio: egalitarismo, identità, omogeneizzazione,
uniformità, multiculturalismo, memoria, progresso, decrescita, consenso,
diritti umani, crisi, decadenza, diritti dei popoli, pluralismo, relativismo,
interculturalismo, partecipazione, universalità, mondo unico, grandi spazi,
etc..
Tutte
Categorie che non vengono studiate dalla filosofia politica poiché, come ha acutamente
osservato Lewis Strauss, dopo la seconda Guerra Mondiale la filosofia politica
si è trasformata in ideologia politica. Così attualmente la filosofia politica
è ormai ridotta al marxismo, al liberalismo, alla socialdemocrazia, alla
democrazia cristiana, etc..
Ma
nemmeno queste mega categorie sono studiate dalla filosofia politica classica
nei testi di Aristotele, San Tommaso, Hobbes, Locke, Machiavelli. No. Queste
categorie sono un prodotto del nostro tempo e con esse dobbiamo misurarci. Hic Rodhus hic salta, dice Hegel. Questo
è il compito del filosofo. Il vero filosofo è colui che può speculare sulla
realtà. Lasciamo i libri ai "ricercatori" che sono tanti, bravi e
a volte molto ben pagati dallo Stato.
Don
Gustavo scrive un lungo articolo che per il 70% analizza acutamente l’uso del
termine in Juan Lolme (1740-1806) che sarebbe stato il primo ad utilizzarlo (1). Ma
una settimana dopo, suo figlio Gustavo Bueno Sánchez, anch’egli filosofo come
il padre, mi scrive di aver scoperto che in realtà il primo ad utilizzare il
termine metapolitica era stato il madrileno Juan Carumel (1606-1682). A
dimostrazione che ciò che conta non è chi ha scoperto l’immortalità del
granchio, ma se il granchio sia realmente immortale. A noi interessano lo
studio e gli studi sulla metapolitica oggi, hic
et nunc. Il resto è pula. Compito che lasciamo agli storiografi. Vincolare
la metapolitica alla metafisica della politica è un gravissimo errore che
commettono tutti coloro che non discernono in modo chiaro e distinto tra ciò
che è politico e la politica. E’ questa una distinzione liminare che
introducono due filosofi della politica contemporanei come Julien Freund e
Cornelius Castoriadis. Afferma quest’ultimo: Noi greci non abbiamo inventato ciò che è politico (il tema del potere)
bensì la politica (l’organizzazione di questo potere). Questa distinzione è
all’origine della moderna polemologia o disciplina che studia i conflitti.
Secondo
la nostra opinione colui che cerca di fare metapolitica rivolge le sue ricerche
intorno alla politica e non intorno a ciò che è politico. Esistono due
posizioni chiare circa ciò che è la metapolitica. Quella di coloro che si
occupano di demistificare la criptopolitica, la politica dei consensi tra le
lobbi, tra i potenti, la politica delle oligarchie partitocratiche; e quella di
coloro che vogliono capire perché si agisce come si agisce oggi in politica,
quali sono i condizionamenti ultimi.
La
difficoltà della metapolitica consiste nel dover speculare sulla realtà, su ciò
che è più ciò che può essere. Su quel conflitto tra atto e potenza nel quale si
dispiega la realtà e sul quale non vi è nulla di scritto. Oggi esiste un gran
numero di pensatori di maggiore o minore sostanza intellettuale che si stanno
occupando del tema. Tra i più importanti figurano Alain Badiou, Michel
Maffesoli e Alain de Benoist, in Francia; José Javier Esparza e Juan Bautista
Fuentes, in Spagna; Cesar Cansino ed Ernesto Serrano, in Messico; Primo Siena,
Giacomo Marramao, Marcello Veneziani, Aldo La Fata e Carlo Gambescia, in
Italia; Fernando Fuenzalida Vollmar, in Perù; Jacek Bartyzel, in Polonia.
Possiamo forse affermare che tutti questi autori sono confusi, oscuri e
caotici? Quién sabe?
Quando
presentiamo la metapolitica come una pluridisciplina o multidisciplina vogliamo
dire che queste hanno in comune, in qualche punto, il medesimo oggetto di
studio. Parlando in forma scolastica, l’oggetto proprio è costituito dalle
grandi categorie che vengono analizzate da diverse ottiche.
Ma
siccome la metapolitica non è una mera disciplina filosofica che si esaurisce
nella semplice descrizione dell’oggetto di studio bensì cerca un’incidenza, uno
sbocco nella politica, esige per ciò stesso un ulteriore passo avanti che
consiste nell’esercizio del dissenso come metodo, della rottura con l’opinione,
come piaceva dire a Platone.
E
il dissenso come metodo ci dice dell’esistenza di un’altra visione, un’altra
versione di ciò che è politicamente corretto, la quale è alternativa al
pensiero unico. In tal modo che l’oggetto proprio (le mega categorie) e metodo
specifico (fenomenologico-dissidente) ci garantiscono dell’esistenza di questa
pluridisciplina.
Vogliamo
ringraziare Don Gustavo Bueno per il disturbo che si è preso nel leggerci e nel
confutarci perché grazie a questo è stata scritta questa risposta la quale,
spero, farà un po’ di luce sul tema.
Per
finire, ecco l’opinione dello studioso Primo Siena, al quale dobbiamo di averci
introdotto alla metapolitica: “la metapolitica
si propone di ricollocare nel suo luogo naturale la politica autentica, nobile,
intesa anche come operatio etica ed
estetica che si traduce nell’azione concreta. Da qui la sua radicale
contrapposizione alla criptopolitica, espressione dei poteri fattuali, torbidi
e oscuri. Orbene, la tua teoria del dissenso concepita come pensiero
alternativo che attraversa il labirinto del pensiero politico corrente, indica
un metodo efficace per smascherare la criptopolitica e riposizionare mediante
l’analisi metapolitica, la politica autentica” (Arte y doctrina según Platón).
(Traduzione
dallo spagnolo di Aldo La Fata)
*Ovvero da Buela a Bueno.
(1): http://www.filosofia.org/ave/002/b039.htm;
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