03/11/12

La metapolitica secondo Gustavo Bueno

Gustavo Bueno Martínez (1924)



Un semplice chiarimento: da Bue a Bue*
                                                                                    
 di Alberto Buela

Abbiamo avuto l’onore, lo scorso mese, di presentare il nostro ultimo libro Disyuntivas de nuestro Tiempo che porta come sottotitolo ensayos de metapolitica, presso la Scuola di filosofia di Oviedo diretta dal filosofo Gustavo Bueno, la più emblematica mente filosofica di lingua spagnola contemporanea.
E don Gustavo si prese l’onere non solo di essere presente, ma addirittura di scrivere un lungo articolo sulla metapolitica nel quale afferma, mutatis mutandis, che la metapolitica è solo un titolo, che non può essere presentato come una interdisciplina o una multidisciplina, e che è qualcosa di confuso, di oscuro e caotico. In parole povere, ha tolto ogni valore a questa disciplina.
Orbene, cosa possiamo fare noi per dimostrare il contrario e non inimicarci un filosofo tanto importante? Addurre ragioni, mostrare ragioni, spiegare cosa si sta facendo e come lo si fa. Al lettore poi trarre le proprie conclusioni. Questo è tutto.
In filosofia il significato dei termini quando non si sa bene a cosa attenersi, andrebbe cercato in primo luogo nella loro accezione etimologica. Questo ci viene insegnato da Platone e Aristotele fino ad Heidegger e Zubiri.
Cosi, metapolitica è un termine composto dal prefisso greco methà, che può essere tradotto come “al di là” e dal sostantivo politica.
Noi non lo associamo né con Andronico di Rodi, colui che inventò il termine metafisica per designare i libri di Aristotele che venivano “dopo la fisica”, né con nulla di simile.
Metapolitica sta a significare lo studio di ciò che si trova “oltre la politica” e che in qualche modo, condiziona l’azione politica. Un ambito di categoria che non si percepisce in modo immediato bensì dai suoi effetti.
E ciò che si trova “oltre la politica” sono le grandi categorie che condizionano l’azione politica, ad esempio: egalitarismo, identità, omogeneizzazione, uniformità, multiculturalismo, memoria, progresso, decrescita, consenso, diritti umani, crisi, decadenza, diritti dei popoli, pluralismo, relativismo, interculturalismo, partecipazione, universalità, mondo unico, grandi spazi, etc..
Tutte Categorie che non vengono studiate dalla filosofia politica poiché, come ha acutamente osservato Lewis Strauss, dopo la seconda Guerra Mondiale la filosofia politica si è trasformata in ideologia politica. Così attualmente la filosofia politica è ormai ridotta al marxismo, al liberalismo, alla socialdemocrazia, alla democrazia cristiana, etc..
Ma nemmeno queste mega categorie sono studiate dalla filosofia politica classica nei testi di Aristotele, San Tommaso, Hobbes, Locke, Machiavelli. No. Queste categorie sono un prodotto del nostro tempo e con esse dobbiamo misurarci. Hic Rodhus hic salta, dice Hegel. Questo è il compito del filosofo. Il vero filosofo è colui che può speculare sulla realtà. Lasciamo i libri ai "ricercatori" che sono tanti, bravi e a volte molto ben pagati dallo Stato.
Don Gustavo scrive un lungo articolo che per il 70% analizza acutamente l’uso del termine in Juan Lolme (1740-1806) che sarebbe stato il primo ad utilizzarlo (1). Ma una settimana dopo, suo figlio Gustavo Bueno Sánchez, anch’egli filosofo come il padre, mi scrive di aver scoperto che in realtà il primo ad utilizzare il termine metapolitica era stato il madrileno Juan Carumel (1606-1682). A dimostrazione che ciò che conta non è chi ha scoperto l’immortalità del granchio, ma se il granchio sia realmente immortale. A noi interessano lo studio e gli studi sulla metapolitica oggi, hic et nunc. Il resto è pula. Compito che lasciamo agli storiografi. Vincolare la metapolitica alla metafisica della politica è un gravissimo errore che commettono tutti coloro che non discernono in modo chiaro e distinto tra ciò che è politico e la politica. E’ questa una distinzione liminare che introducono due filosofi della politica contemporanei come Julien Freund e Cornelius Castoriadis. Afferma quest’ultimo: Noi greci non abbiamo inventato ciò che è politico (il tema del potere) bensì la politica (l’organizzazione di questo potere). Questa distinzione è all’origine della moderna polemologia o disciplina che studia i conflitti.
Secondo la nostra opinione colui che cerca di fare metapolitica rivolge le sue ricerche intorno alla politica e non intorno a ciò che è politico. Esistono due posizioni chiare circa ciò che è la metapolitica. Quella di coloro che si occupano di demistificare la criptopolitica, la politica dei consensi tra le lobbi, tra i potenti, la politica delle oligarchie partitocratiche; e quella di coloro che vogliono capire perché si agisce come si agisce oggi in politica, quali sono i condizionamenti ultimi.
La difficoltà della metapolitica consiste nel dover speculare sulla realtà, su ciò che è più ciò che può essere. Su quel conflitto tra atto e potenza nel quale si dispiega la realtà e sul quale non vi è nulla di scritto. Oggi esiste un gran numero di pensatori di maggiore o minore sostanza intellettuale che si stanno occupando del tema. Tra i più importanti figurano Alain Badiou, Michel Maffesoli e Alain de Benoist, in Francia; José Javier Esparza e Juan Bautista Fuentes, in Spagna; Cesar Cansino ed Ernesto Serrano, in Messico; Primo Siena, Giacomo Marramao, Marcello Veneziani, Aldo La Fata e Carlo Gambescia, in Italia; Fernando Fuenzalida Vollmar, in Perù; Jacek Bartyzel, in Polonia. Possiamo forse affermare che tutti questi autori sono confusi, oscuri e caotici? Quién sabe?
Quando presentiamo la metapolitica come una pluridisciplina o multidisciplina vogliamo dire che queste hanno in comune, in qualche punto, il medesimo oggetto di studio. Parlando in forma scolastica, l’oggetto proprio è costituito dalle grandi categorie che vengono analizzate da diverse ottiche.
Ma siccome la metapolitica non è una mera disciplina filosofica che si esaurisce nella semplice descrizione dell’oggetto di studio bensì cerca un’incidenza, uno sbocco nella politica, esige per ciò stesso un ulteriore passo avanti che consiste nell’esercizio del dissenso come metodo, della rottura con l’opinione, come piaceva dire a Platone.
E il dissenso come metodo ci dice dell’esistenza di un’altra visione, un’altra versione di ciò che è politicamente corretto, la quale è alternativa al pensiero unico. In tal modo che l’oggetto proprio (le mega categorie) e metodo specifico (fenomenologico-dissidente) ci garantiscono dell’esistenza di questa pluridisciplina.
Vogliamo ringraziare Don Gustavo Bueno per il disturbo che si è preso nel leggerci e nel confutarci perché grazie a questo è stata scritta questa risposta la quale, spero, farà un po’ di luce sul tema.
Per finire, ecco l’opinione dello studioso Primo Siena, al quale dobbiamo di averci introdotto alla metapolitica: “la metapolitica si propone di ricollocare nel suo luogo naturale la politica autentica, nobile, intesa anche come operatio etica ed estetica che si traduce nell’azione concreta. Da qui la sua radicale contrapposizione alla criptopolitica, espressione dei poteri fattuali, torbidi e oscuri. Orbene, la tua teoria del dissenso concepita come pensiero alternativo che attraversa il labirinto del pensiero politico corrente, indica un metodo efficace per smascherare la criptopolitica e riposizionare mediante l’analisi metapolitica, la politica autentica” (Arte y doctrina según Platón).   
(Traduzione dallo spagnolo di Aldo La Fata)

*Ovvero da Buela a Bueno.
 (1): http://www.filosofia.org/ave/002/b039.htm;



 

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