Un anziano Sadhu con gli occhiali da sole
di Giuseppe Gorlani
L’aspetto davvero
antitradizionale dell’India attuale non consiste tanto, secondo me, nel suo
armarsi – ciò potrebbe inscriversi in un gioco di equilibrio con le altre
potenze: bisogna essere forti per tutelare la pace – quanto nell’aver assunto in toto la modernità.
Alcuni giorni fa un amico
appena ritornato da quel Paese mi diceva di come la diffusione della
televisione, dei cellulari e dei computer e l’assunzione di una mentalità di
tipo anglo-americano, fondata sull’idea assurda di un progresso illimitato,
stessero distruggendone il tessuto tradizionale incentrato sul Sacro.
Laddove le vestigia del
Sacro sussistono vengono banalizzate, rese spettacolo e commercio. I sadhu girovagano con moto e cellulari; il
brutto, il volgare, la corruzione, l’inquinamento, la pornografia, l’alcolismo
dilagano; la musica sacra viene trasmessa nelle discoteche associata a ritmi
techno; i giovani si vestono con abiti occidentali firmati e mangiano carne di
manzo; le caste sono state pressoché cancellate e se ne sussistono residui si
sono ridotti a etichette burocratiche sancenti particolari privilegi; i divorzi
aumentano e le famiglie si sgretolano; gli ashram,
che dovrebbero essere centri di serenità e di introspezione, sono diventati, in
numerosi casi, luoghi in cui prosperano l’avidità, l’ambizione e la maldicenza.
A ragione Alain Daniélou
scriveva più di vent’anni fa in I quattro
sensi della vita: «Quasi tutta la società europeizzata di Nuova-Delhi che
governa oggi l’India è in effetti dal punto di vista indù una società di paria.
Ciò spiega la perfidia con la quale essi combattono le istituzioni tradizionali
che li rifiutano». Oggi le cose sono di gran lunga peggiorate; persino molti pandit sostengono che lo sviluppo
tecnologico, ormai svincolatosi da ogni principio etico, non è contrario alla
saggezza dei Veda e dei Tantra e auspicano una impossibile
sintesi tra sapienza orientale e conoscenza scientifica. “Impossibile”, poiché
il rapporto tra Conoscenza metafisica e scienza empirica non è di tipo
dualistico, in cui si hanno poli complementari, ma gerarchico. La Conoscenza,
infatti, include in sé la scienza, pur trascendendola infinitamente. Lo svadharma (il dharma inerente la natura propria di un essere), che costituiva la
spina dorsale della Via dei Padri, è stato abbandonato. Oggi i giovani vengono
spinti a diventare quello che il mercato richiede. E infine, Moksha, l’ideale della liberazione
dall’ignoranza, che presso il Sanatana-dharma
è sempre stato ritenuto il fine supremo dell’essere umano, si è ritirato in
qualche irraggiungibile grotta himalayana quasi del tutto dimenticato.
Sembra che i valori
fondamentali si stiano definitivamente dissolvendo nell’Era Oscura. Ma non
bisogna disperare: la bellezza, l’amore, il bene, la pace continuano a vivere
nei cuori di quelli che non si lasciano plagiare o intimorire dalla pochezza
dominante e insistono a tenere aperto l’occhio della saggezza. L’Atman che in realtà siamo non nasce, non
muore ed è un tutt’uno col Paramatman:
l’ineffabile Presenza di Dio. Così insegnavano, insegnano e in ogni tempo
insegneranno la Shruti e la Smriti, rifulgendo di una luce più
splendente di mille soli.
Piero Scanziani diceva che ''l'India confina con Dio''. Oggi, con chi o cosa confina? E noi? Vittime passive di un mondialismo predatore; ostaggi di club anglofoni ove il profitto è l'unico scopo della vita. Troppi adorano il dio uno e quattrino e non ci sono più eden mistici. Il Tibet è schiacciato dal fiato mefitico e mortale dei rossi cinesi e il Dalai Lama che fa, che può fare? E il nostro Santo Padre? Non sento la Sua voce denunciare esplicitamente i poteri immondi di questo mondo: il sistema banke, trilateral, etc. etc. Accusare satana non costa molto, accusare le multinazionali e i grandi banchieri, è più pericoloso.
RispondiEliminaFlebili voci, cuori fiacchi, anime accartocciate, spiriti erranti... solo Dio ci può salvare... se ci mettessimo pure qualcosa di nostro, non sarebbe disdicevole. O no?
In quanto scrivi c’è senz’altro della verità. Aiutati che il ciel ti aiuta, recita un proverbio di antica saggezza. Tuttavia, credo si debba prestare attenzione a non sottovalutare il lavoro interiore di purificazione. Anzi, direi che innanzitutto dev’essere proprio questo il nostro agire prioritario ed essenziale. Come possiamo lasciarci illuminare dalla Presenza se non ci svuotiamo di tutta la paccottiglia inutile e dannosa accumulata nell’intimo? Diversamente, si corre il rischio di vedere errori ed imperfezioni dappertutto, trascurando il macigno dell’ignoranza che ci portiamo dentro. In ogni caso, qualsiasi azione volta all’esterno deve partire dall’interno, esattamente come ogni parola, per essere efficace, deve scaturire dal silenzio. In fondo, la Fede non consiste proprio nel credere fermamente che la Verità sovrasensibile è infinitamente più reale ed autorevole delle verità contingenti? Non che queste ultime siano irreali o irrilevanti, ma bisogna partire dalla prima per rettificare ed armonizzare le seconde.
RispondiEliminaUn cordiale saluto, Giuseppe Gorlani