LA STORIA E IL DIAVOLO
Francois Fejto è uno degli ultimi grandi testimoni del secolo scorso. Aveva sei anni quando, suddito austroungarico vide scoppiare la prima guerra mondiale. Era un giovane uomo quando l'Olocausto e la Seconda guerra gli portarono via amici e parenti. Era un uomo fatto quando, fuggito in Francia, denunciava lo stalinismo e i suoi crimini e insieme al suo amico Albert Camus si batteva a favore della rivolta di Ungheria. Ora, dalla distanza siderale della sua vecchiaia, con la lucidità e l'energia per fermarsi ancora ad osservare le pieghe più recenti della caduta dell'uomo, quella dei nuovi fanatismi, integralismi, terrorismi, ha scritto del diavolo.
Ne ha scritto come può scriverne solo chi ha avuto in sorte una vita così lunga e piena, che il diavolo ha visto tante volte incarnarsi nella storia, quella grande e quella piccola, in forma più o meno pura. Che lo ha visto realizzare progetti smisurati nel loro orrore. Confondere la capacità dell'uomo di seguire la ragione e impedirgli di costruire un mondo secondo l'interesse generale. Insinuarsi nei desideri, verso i quali l'uomo è così incline, rendendoli bisogni. Impilare soldi e profitti e su questi costruire ordini sociali e povertà planetarie. Fejto ha studiato e osservato così a fondo l'opera del diavolo nel mondo e nella storia dell'uomo che è arrivato a questa conclusione: che il diavolo non esiste. Sfidando la tesi di Baudelaire secondo la quale la più grande astuzia del maligno è stata appunto di convincere tutti che non esiste, l'intellettuale ungherese sostiene che il diavolo non è altro che "un mostruoso capro espiatorio sul quale trasferire la colpa dell'aggressività e dell'odio" che abitano nel cuore dell'uomo.
Non solo. Con un lungo, lunghissimo excursus dalla figura del serpente dell'Antico Testamento al Satana tentatore di Cristo, alle ossessioni di San Paolo fino al Medioevo e alle violenze della Chiesa in nome della lotta contro Lucifero, e oltre ancora fino alle grandi ideologie del XX secolo, Fejto sostiene anche un'altra cosa. Che il diavolo spesso è servito per giustificare il silenzio insostenibile di Dio, la sua indifferenza di fronte al grido che si alza dal basso mondo degli uomini. L'idea del diavolo ha finito per limitare la responsabilità di Dio, limarne l'onnipotenza, rendere la vita dell'uomo in definitiva più sopportabile. E forse è proprio questa la sua ultima grande astuzia. Si intitola Dio, l'uomo e il diavolo (tr. it. A. Fezzi Price, Sellerio, 16 euro).
LA DONNA E IL DIAVOLO
Andatelo a dire a uno come Valerij Brjusov che il diavolo non esiste. Figlio di quella Russia che sull'uomo e sul male non ha mai smesso di interrogarsi da Tolstoj e Dostoevskij fino a Bulgakov, Brjusov ha scritto il suo capolavoro dal titolo L'angelo di fuoco, riproposto ora dopo oltre vent'anni da e/o (tr. it. C. G. De Michelis, 18 euro). Prokof'ev la mise addirittura in musica la storia di questo figlio di buona famiglia che nelle prime venti pagine racconta in un fiato quello che per molti sarebbe un romanzo a parte. Negato per gli studi, affascinato dall'avventura, si ritrova a percorrere, arruolatosi tra i lanzichenecchi, quasi tutti gli avvenimenti più importanti del XVI secolo, sacco di Roma e spedizioni nel Nuovo mondo comprese. Invece quelle prime pagine e quella prima vita nulla sono rispetto a quanto avviene dopo lo spartiacque, l'incontro con una donna. Il legame che ben presto si forma tra lei e lui lo renderà schiavo al punto da sottovalutare (e poi soccombere) il mondo in cui quella donna vive e le sue inclinazioni per l'occulto, le sue notti di tormenti, l'oscurità dei suoi amori. E il compagno invisibile che cammina insieme a lei. E così un uomo con una mente aperta, che conosce e stima il pensiero di Erasmo, Ficino e Pico, che ha visto i capolavori di Raffaello e Michelangelo, che ha saputo affrontare la vita bevendola di un fiato, si ritrova dall'altra parte dello specchio a pagare uno di quei debiti che a volte un uomo contrae per una coincidenza, una strada sbagliata, una piccola circostanza, un errore di calcolo. E non riesce più a estinguere.
L'UTOPIA E IL DIAVOLO
Coincidenza curiosa intercettata nel dialogo segreto che i libri hanno continuamente tra loro: Brjusov allude a un certo punto alla storia degli anabattisti a Munster, quando la città divenne la Nuova Gerusalemme dei seguaci di Jan da Leida. In quell'epoca fenomenale di eresie, nuovi movimenti, grandi speranza messianiche, ansia di rinnovamento spirituale che fu l'Europa della Riforma, a Munster si consumò uno degli eventi più tragici. Robert Schneider ha raccontato quella storia in Kristus, un po' romanzo un po' saggio storico (tr. it F. Porzio, Neri Pozza, 18,50 euro). Per dirla con Fejto, è un altro episodio di come il diavolo, sfruttando il silenzio di Dio e la vocazione dell'uomo a creare il mondo a propria immagine, abbia messo in piedi un regno di fame e di terrore trasformando la speranza nella giustizia e nel nuovo mondo nel solito inferno.
(Autore: Dario Olivero; Fonte: La Repubblica del 22/02/2007)
Francois Fejto è uno degli ultimi grandi testimoni del secolo scorso. Aveva sei anni quando, suddito austroungarico vide scoppiare la prima guerra mondiale. Era un giovane uomo quando l'Olocausto e la Seconda guerra gli portarono via amici e parenti. Era un uomo fatto quando, fuggito in Francia, denunciava lo stalinismo e i suoi crimini e insieme al suo amico Albert Camus si batteva a favore della rivolta di Ungheria. Ora, dalla distanza siderale della sua vecchiaia, con la lucidità e l'energia per fermarsi ancora ad osservare le pieghe più recenti della caduta dell'uomo, quella dei nuovi fanatismi, integralismi, terrorismi, ha scritto del diavolo.
Ne ha scritto come può scriverne solo chi ha avuto in sorte una vita così lunga e piena, che il diavolo ha visto tante volte incarnarsi nella storia, quella grande e quella piccola, in forma più o meno pura. Che lo ha visto realizzare progetti smisurati nel loro orrore. Confondere la capacità dell'uomo di seguire la ragione e impedirgli di costruire un mondo secondo l'interesse generale. Insinuarsi nei desideri, verso i quali l'uomo è così incline, rendendoli bisogni. Impilare soldi e profitti e su questi costruire ordini sociali e povertà planetarie. Fejto ha studiato e osservato così a fondo l'opera del diavolo nel mondo e nella storia dell'uomo che è arrivato a questa conclusione: che il diavolo non esiste. Sfidando la tesi di Baudelaire secondo la quale la più grande astuzia del maligno è stata appunto di convincere tutti che non esiste, l'intellettuale ungherese sostiene che il diavolo non è altro che "un mostruoso capro espiatorio sul quale trasferire la colpa dell'aggressività e dell'odio" che abitano nel cuore dell'uomo.
Non solo. Con un lungo, lunghissimo excursus dalla figura del serpente dell'Antico Testamento al Satana tentatore di Cristo, alle ossessioni di San Paolo fino al Medioevo e alle violenze della Chiesa in nome della lotta contro Lucifero, e oltre ancora fino alle grandi ideologie del XX secolo, Fejto sostiene anche un'altra cosa. Che il diavolo spesso è servito per giustificare il silenzio insostenibile di Dio, la sua indifferenza di fronte al grido che si alza dal basso mondo degli uomini. L'idea del diavolo ha finito per limitare la responsabilità di Dio, limarne l'onnipotenza, rendere la vita dell'uomo in definitiva più sopportabile. E forse è proprio questa la sua ultima grande astuzia. Si intitola Dio, l'uomo e il diavolo (tr. it. A. Fezzi Price, Sellerio, 16 euro).
LA DONNA E IL DIAVOLO
Andatelo a dire a uno come Valerij Brjusov che il diavolo non esiste. Figlio di quella Russia che sull'uomo e sul male non ha mai smesso di interrogarsi da Tolstoj e Dostoevskij fino a Bulgakov, Brjusov ha scritto il suo capolavoro dal titolo L'angelo di fuoco, riproposto ora dopo oltre vent'anni da e/o (tr. it. C. G. De Michelis, 18 euro). Prokof'ev la mise addirittura in musica la storia di questo figlio di buona famiglia che nelle prime venti pagine racconta in un fiato quello che per molti sarebbe un romanzo a parte. Negato per gli studi, affascinato dall'avventura, si ritrova a percorrere, arruolatosi tra i lanzichenecchi, quasi tutti gli avvenimenti più importanti del XVI secolo, sacco di Roma e spedizioni nel Nuovo mondo comprese. Invece quelle prime pagine e quella prima vita nulla sono rispetto a quanto avviene dopo lo spartiacque, l'incontro con una donna. Il legame che ben presto si forma tra lei e lui lo renderà schiavo al punto da sottovalutare (e poi soccombere) il mondo in cui quella donna vive e le sue inclinazioni per l'occulto, le sue notti di tormenti, l'oscurità dei suoi amori. E il compagno invisibile che cammina insieme a lei. E così un uomo con una mente aperta, che conosce e stima il pensiero di Erasmo, Ficino e Pico, che ha visto i capolavori di Raffaello e Michelangelo, che ha saputo affrontare la vita bevendola di un fiato, si ritrova dall'altra parte dello specchio a pagare uno di quei debiti che a volte un uomo contrae per una coincidenza, una strada sbagliata, una piccola circostanza, un errore di calcolo. E non riesce più a estinguere.
L'UTOPIA E IL DIAVOLO
Coincidenza curiosa intercettata nel dialogo segreto che i libri hanno continuamente tra loro: Brjusov allude a un certo punto alla storia degli anabattisti a Munster, quando la città divenne la Nuova Gerusalemme dei seguaci di Jan da Leida. In quell'epoca fenomenale di eresie, nuovi movimenti, grandi speranza messianiche, ansia di rinnovamento spirituale che fu l'Europa della Riforma, a Munster si consumò uno degli eventi più tragici. Robert Schneider ha raccontato quella storia in Kristus, un po' romanzo un po' saggio storico (tr. it F. Porzio, Neri Pozza, 18,50 euro). Per dirla con Fejto, è un altro episodio di come il diavolo, sfruttando il silenzio di Dio e la vocazione dell'uomo a creare il mondo a propria immagine, abbia messo in piedi un regno di fame e di terrore trasformando la speranza nella giustizia e nel nuovo mondo nel solito inferno.
(Autore: Dario Olivero; Fonte: La Repubblica del 22/02/2007)
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