13/10/16

Il ‘velo di Maya’, un’invenzione dell’Occidente



di Alessandro Grossato


Diversamente da quel che molti ancor oggi credono, la fin troppo nota espressione ‘velo di Maya’ non traduce alcuna frase sànscrita o di altra lingua dell’India, semplicemente perché non è stata mai così formulata in nessun testo indù o buddista. Tanto meno esprime correttamente il concetto, l’idea di Māyā così come essa è stata originariamente concepita dalle menti indiane. Nelle Upanishad esiste semmai il simbolo, ben diverso, della ‘rete’ divina, jāla, nella quale sono impigliati tutti gli esseri viventi, ciascuno legato dal proprio nodo. Der Schleier der Maya è dunque semplicemente un’invenzione, l’invenzione di un celebre filosofo occidentale del XIX secolo, Arthur Schopenhauer, coniata per la prima volta ne Il mondo come volontà e rappresentazione pubblicato a Dresda nel 1819. La sua incredibile e perdurante fortuna, peraltro, da un lato ci aiuta a comprendere la grande differenza che esiste fra il pensiero europeo e quello asiatico, dall’altro ci fornisce l’occasione di restituire il vero significato a questo termine, che è pressoché intraducibile in una lingua occidentale.
Se ci si chiede poi da dove Schopenhauer abbia potuto trarre l’idea di velo quale simbolo dell’illusorietà della realtà che ci circonda, ebbene non occorre andar molto lontano, e certamente non in India, perché questo simbolo appartiene peculiarmente a quel gruppo di religioni che non a caso si autodefiniscono come ri-velate; come se venissero nascoste una seconda volta, dove se il secondo velo corrisponde all’oscurità della rivelazione spirituale in quanto tale, e cioè ineffabilmente incomprensibile, il primo è certamente quello corrispondente alla natura ingannevole del mondo, di quel mondo al cui richiamo si deve resistere e che va infine trasceso.
Senza poterci qui dilungare sugli aspetti etimologici della questione, ricorderemo che la parola sànscrita māyā esprime ad un tempo le idee di produzione, arte, magia, illusione. Dunque di qualcosa o di un insieme che viene prodotto naturalmente, o mediante procedimento artistico o magico, e che comunque mantiene sempre in sé una natura essenzialmente illusoria. Illusoria, ma, si badi bene, non per questo irreale. Per gli indù, come per molti altri asiatici, anche l’arte e la magia infatti conservano a loro modo dei gradi di realtà relativa, se non proprio assoluta. Di questo dunque si tratta, d’una gerarchia di gradi di realtà, tutti comunque l’uno all’altro collegati, dal più basso al più alto e viceversa. L’irrealtà anche di uno solo fra essi porrebbe infatti una cesura irrimediabile fra i diversi gradi dell’essere e dell’esistenza, e questo non può mai darsi secondo l’induismo. Il discorso è leggermente diverso per il buddismo, ma la differenza, anche qui, è più apparente che reale, quasi solo una differenza di stile.
Proprio in riferimento al significato di ‘arte’ che può assumere il termine māyā, non va infine dimenticata l’espressione giapponese Ukiyo, la quale significa esattamente ‘mondo fluttuante’, in riferimento alla dottrina buddista della impermanenza di quella realtà che si può cogliere con i nostri sensi. Oltre ad essere presente in molti capolavori della letteratura giapponese, anche contemporanei, quest’espressione ha infatti prestato il nome alla cosiddetta Ukiyo-e, le ‘Immagini del mondo fluttuante’, una forma d’arte di stampe popolari sviluppatasi in Giappone, in particolare nella città di Edo fra il XVII e il XVIII secolo, che è giustamente assai nota ed apprezzata in Occidente, anche per la frequente, esplicita rappresentazione di scene intensamente erotiche. Ma se il mondo fluttuante è transitorio, dunque impermanente alla stregua di un fiume che scorre, non per questo è anche irreale, né dal punto di vista terreno degli uomini, né da quello sublime del Buddha. Ben lungi dall’essere un impedimento alla visione diretta della realtà suprema e permanente, la māyā può essere, anzi è l’unico tramite per giungere alla Liberazione finale, all’Illuminazione. Perché in fondo Māyā è pur sempre anche il nome della madre naturale del Buddha, dell’Illuminato. E questo non è certamente un caso. Ella morì subito dopo averlo dato alla luce… e non poteva essere diversamente.

10 commenti:

  1. Articolo molto interessante e scritto con chiarezza. Aggiungerei che il Cristianesimo non conosce solo la Revelatio, cioè l'annuncio che si ri-vela con simboli e parabole, ma, tradizione per eccellenza dinamica, comprende anche l'Apokalypsis, cioè il disvelamento finale, che non è lo svanire di una realtà illusoria e fantasmagorica, ma il passaggio da una visione indiretta e mediata all'esperienza diretta del Divino.

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  2. Un'altra osservazione. Con l'Incarnazione il Divino è entrato nella storia e nel cosmo, che non sono una mera illusione da cui liberarsi . Per questo la meditazione cristiana è essenzialmente contemplazione e visualizzazione. Sotto questo aspetto la spiritualità cristiana si avvicina più alle tradizioni orientali che alle altre religioni rivelate. La classificazione delle religioni è certamente utile per l'indagine sciemtifica, ma non devono essere troppo rigid, né va dimenticato il carattere paradigmatico del Vangelo che contiene implicitamente quella sintesi totale verso la quale tendono tutte le tradizioni di oriente e di occidente.

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  3. L'articolo è ricchissimo di stimoli. Mi chiedo se il termine indiano Maya e il nome greco Maia non abbiano un'origine comune. Se Maya è la madre del Budda l'Illuminato, Maia è una delle sette Pleiadi, che unendosi con Zeus genera Ermes.

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  4. molto generico l'articolo l'induismo non esiste è invenzione occidentale esistono tradizione diverse nel tantrismo la realtà è reale è piena nel advaita si può parlare di illusione di maia intesa nel giusto modo ma comunque in molte tradizioni è presente questa visione che arriverà anche allo gnosticismo mediterraneo ormai credo che il futuro ci saranno solo 2 grandi metafisiche quelle moniste acosmiche con mondo come illusione e la negazione dell ' uomo e quelle non duali che mantengono le differenze nell'Uno e credo ci sarà anche uno scontro spero un commento del padrone di casa Aldous sempre preciso su queste cose saluti a tutti

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  5. Grossato e ' uno dei migliori orientalisti italiani. Prima di dire assurdità costa si informi. Bernardo

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    1. quali sarebbero le assurdità ? chi parla di induismo che non esiste dovrebbe parlare delle diverse scuole che Maya non significa nulla lo sappiamo tutti ma l'articolo non dice che in alcune correnti anche questo grado di realtà è ridotto a livello ontologico e assiologico quasi a zero alla fine solo bramhan esiste veramente ma le scuole tantriche e altre nno sono concordi e poi sulle religioni rivelate che velano due volte molto forzato come etimo e falso .
      non sono laureato e ho letto pochi libri posso anche permettermi di dire scemenze a differenza di altri accademici e loro adulatori

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  6. Ringrazio moltissimo Giuseppe per gli importanti stimoli, mentre vorrei ricordare a Costa che
    per prassi cristiana non bisognerebbe mai alimentare le polemiche, ma semmai cercare di riflettere insieme. Il professor Grossato non ha certo bisogno della mia difesa d’ufficio, ma mi unisco a Bernardo per ricordare che ci troviamo di fronte a uno studioso apprezzato che conosce assai bene gli argomenti che tratta. La sua riflessione sulla Maya a me è sinceramente parsa di gradissimo interesse e proprio per questo ho deciso di proporla sul blog. Lei signor Costa, da par suo, ci ricorda che l’hinduismo non esiste (se non vado errato la parola è effettivamente di conio islamico e solo dopo i colonialisti inglesi hanno finito con l’imporla mondialmente) e che in India le posizioni tra una scuola e l’altra sono assai differenti e sovente persino contrastanti. Ciò è senz’altro vero da un punto di vista storico, ma non lo è mai completamente da un punto di vista sapienziale. A meno che non si considerino le fedi e le religioni tradizionali come credenze superstiziose o il frutto di semplici divagazioni intellettuali. A noi piace considerare che esistano più consonanze tra religioni diverse che radicali e insuperabili differenze. E aggiungo che su queste consonanze (ma capisco che ci voglia anche un po’ di “orecchio musicale” per notarle) si possono costruire “discorsi” di alto valore e significato spirituale. Circa il futuro, temo che Lei, caro Costa, sia fin troppo ottimista. Se usciremo vivi dal caos attuale, a sopravvivere sarà solo la tecno-scienza con il suo bagaglio di assurdità intelligenti, forse insieme a una religione “senza-Dio”. A meno che, come chi scrive spera e crede, il Padre Eterno non si decida a prendere una delle Sue sempre assolutamente inaspettate e imprevedibili iniziative.

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  7. Gentile Costa, lasciamo perdere, non è mia intenzione alimentare inutili polemiche. sinceramente non riesco a capire il suo punto di vista, ma forse è semplicemente un mio limite; su una cosa ha pienamente ragione però, in merito all'adulazione odiosa che circola in ambienti accademici. ma proprio per questo volevo far semplicemente notare che Grossato non è un semplice accademico, fornito di sola erudizione: è un sapiente, in un mondo sempre più privo di maestri. e ciò, sia mai, non lo dico per adulazione, ma per puro amore di verità ed esperienza, tutto qui, Buone cose, Bernardo

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  8. Gentile Bernardo non è mia intenzione offendere ma le nostre persone devono mettersi da parte di fronte alla verità quindi il linguaggio diretto non deve esser letto in maniera personalistica Grossato non lo conosco quindi mi scuso per giudizi affrettati buone cose anche a lei

    Aldous ha ragione lei è tempo di edificare ponti tra Tradizioni autentiche non polemiche autarchiche sulla questione di Maya monismo o advaita radicale la questione è seria non è dettaglio docetismo docet negazione totale dell'uomo (le consiglio su you tube canali advaita di maestri europei) le scule tantriche rispondevano illusorio il mondo illusoria la vostra dottrina sarebbe inutile parlare di qualsiasi cosa ,sul futuro ottimista forse ha di nuovo ragione lei sulla tecnica non ci resta che dire maranatha

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  9. Grazie Sig. Costa. Sui maestri europei di "advaita" ho seri dubbi (pochissimi fanno eccezione). L'incontro tra le religioni "istituzionali" di solito è inconcludente (vedi Assisi), ma credo che possa essere assai proficuo a livello personale-individuale. I veri "spirituali" si riconoscono e quando si incontrano si salutano con ammirazione e stima reciproca. Il monismo assoluto è inaccettabile per un cristiano; c'è invece qualche prossimità con il monismo differenziato di Ramanuja. Le scuole tantriche correggono il tiro e forse anche loro si avvicinano di più al cristianesimo. Ce lo diceva l'amico Gorlani che le conosce assai bene. Il cristiano con San Paolo non rigetta nulla, ma accoglie tutto e discerne quel che si può trattenere e quello che è il caso di rigettare. L'incontro con le altre religioni ha più valore per i cristiani che per chiunque altro. Forse solo noi ne siamo veramente all'altezza e sappiamo trarne buoni frutti, per quanto non sempre lo diamo a vedere.
    Chiedo scusa al Sig. Gianfranco che ho deciso di censurare per il taglio esclusivamente polemico del suo intervento. Quando avrà una riflessione seria e ponderata da presentare sarò ben lieto di dargli spazio.

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