di Piero
Vassallo
Recita un antico
proverbio portoghese: i sassi scagliati dagli increduli contro il cielo, presto
o tardi, cadono sulle teste dei lanciatori.
La legge che
governa la beffarda caduta delle pietre ateiste sui lanciatori non ha
risparmiato gli incauti avversari delle verità impresse nella Sindone e narrate
dai libri sacri.
Un esemplare pietra
di ritorno è caduta, ad esempio, sulla premiata (dall’American Chemical
Society) testa (quasi) ovale del compianto Walter C. McCrone, il quale opinava che
la Sindone fosse un acquarello prodotto da un (pio?) falsario del XIV
secolo. L’opinione di McCrone è condivisa e strobazzata in Italia dal
matematico Piergiorgio Odifreddi e dal giornalista Corrado Augias.
I ricercatori Lynn
Picknett, Clive Prince, Vittoria Hazel e Irene Cogiart sostengono addirittura
che la Sindone fu opera di Leonardo da Vinci, cioè di un illustre falsario,
nato un secolo prima della consegna ai Savoia del sacro lino. I fantasiosi
demistificatori ora sostengono che Leonardo (cento anni prima di
nascere!) avrebbe inventato una forma di fotografia per imprimere l’immagine
negativa su un telo tessuto da suoi contemporanei, ora che avrebbe usato la
pirografia elettrica, un mezzo non disponibile nel secolo XV.
Il sudafricano
Nicholas Allen sostiene che l’immagine della Sindone si può realizzare in
laboratorio esponendo alla luce solare una lente al quarzo filtrata attraverso
il nitrato d’argento.
I
grotteschi/surreali risultati ottenuti dai demistificatori della Sindone sono
ora esaminati da Emanuela Marinelli e Marco Fasol, autori di un
intrigante/esauriente saggio, Luce dal sepolcro,
edito in questi giorni dalla veronese Fede & Cultura.
L’avversa, fatale
parabole delle pietre, scagliate contro la sacra sindone dai banditori di un
ateismo eccitato da candidi sguardi nel bifido microscopio, hanno infatti
provocato risposte rigorosamente scientifiche, che confermano la fede nella
morte e resurrezione di Gesù.
Contro i demistificatori
sta la certezza sull’origine della Sindone: “la manifattura della stoffa e
tutte le microtraccce rinvenute sulla reliquia (pollini mediorientali, aloe e
mirra, aragonite) ne collocano l’origine nella Palestina dell’epoca di Cristo”.
Il prof. Giuseppe
Baldacchini, fisico dell’Enea, al proposito ha scritto: “Con una serie di
ragionamenti logici e di fatti sperimentali e storici è possibile dimostrare,
al di là di ogni ragionevole dubbio, che la Sindone è stata realmente il
lenzuolo funebre utilizzato per coprire il cadavere di Gesù Cristo circa 2000
anni fa, dopo essere stato flagellato e crocifisso in Gerusalemme, come è stato
descritto nei Vangeli”.
D’altra parte si
rammenta che papa Silvestro I (314-335) “dispose che la Santa Messa fosse
celebrata su un lino bianco, consacrato dal vescovo, in ricordo di quello in
cui fu avvolto il Signore“. Tale prescrizione dimostra che l’esistenza
della Sindone era conosciuta nell’antichità e finalmente smentisce le
fantasiose ipotesi intorno ai falsari medievali.
La seconda parte
del saggio in questione è dedicata a ristabilire la verità sulla
datazione dei testi canonici, che fu alterata dai modernisti al seguito delle
loro infondate e fumose ipotesi sulla tarda e immaginaria e sentimentale
composizione dei Vangeli.
Opportunamente gli
autori accreditano la ricostruzione, compiuta nel 1972 dal papirologo José
O’Callaghan del Papiro 7Q5, un minuscolo frammento, risalente al 50
dopo Cristo, che contiene solo 11 lettere alfabetiche complete e altre 8
parziali. Il frammento in questione fu scoperto nel 1955 nella grotta settima
di Qumran chiusa nel 68 d. C. e attribuito al Vangelo di Marco, 6, 52-53.
La conclusione di O’Callaghan fu contestata e irrisa da una folla di atei
e di cristiani modernizzanti. Per stabilire con certezza l’origine di tale
frammento l’Università Irvine della California ha informatizzato le opere della
letteratura greca, per un complesso di 91 milioni di parole: “il risultato
di tale indagine fu che il papiro 7Q5 risultava compatibile solo con il testo
di Matteo 6,52-53“.
A conferma di tale
datazione gli autori citano una lettera di San Paolo, I Cor., 15, 1-8, e
rammentano che “Paolo la fa risalire al tempo della sua conversione,
avvenuta nel 36. Avessimo anche solo questo brano, potremmo difendere
l’attendibilità delle apparizioni del Risorto”.
Interessante è
infine la dimostrazione della abissale differenza che corre tra i Vangeli
canonici e quei vangeli apocrifi, in special modo quel Vangelo di Tommaso,
che ha ispirato l’autore del romanzo Codice da Vinci. Infatti “le
parole dell’autore che si spaccia per l’apostolo Tommaso derivano dalla
filosofia neoplatonica e gnostica, che svaluta il corpo e la procreazione”.
Va da sé che la
conferma circa la verità di alcuni importanti fatti storici non scioglie il
mistero sull’unità e la trinità del Dio che si è fatto uomo ed è morto in croce
per la nostra salvezza. La fede non può essere surrogata da prove marginali
quantunque straordinarie. Le certezze intorno al mistero della sacra Sindone
sono tuttavia necessarie allo smantellamento dell’edificio di chiacchiere
elevato, per confondere i fedeli, da atei in corsa sulla pista dei loro aridi
pregiudizi.
.
fonte: blog
dell’Autore
Interessante testo. Nel mio piccolo mi informai a mio tempo sulla Sindone, aldilà dei discorsi di parte, mi pare che le ineluttabili verità che per ora sono emerse su questa reliquia sono:
RispondiElimina- Nonostante numerosi studi scientifici a riguardo, la scienza e gli scienziati non sono ancora riusciti a riprodurre con i metodi odierni (figuriamoci anche solo quelli medievali o rinascimentali o ancor più antichi) un immagine su un lino, allo stesso modo in cui è impressa la misteriosa immagine della Sindone.
- Ad un esame scientifico approfondito (Carbonio 14) erano stati trovati residui vegetali provenienti da 58 piante fiorifere, molte delle quali provenienti da Palestina e Anatolia. E' lecito concludere quindi che la Sindone molto probabilmente provenga da queste regioni.
- Sempre in base al Carbonio 14, la datazione del lino, per ora oscilla fra il 1260 e il 1390 d.C. tenendo in considerazione delle molte contaminazioni che il telo ha subito nel corso dei secoli, essendo passato fra molte mani diverse, per arrivare sino ai Savoia. Risalire purtroppo ad una autentica datazione, risulta praticamente impossibile da un punto di vista scientifico.
- Tra le ferite dell'uomo della Sindone, sono presenti ferite da flagello e la classica lesione al nervo mediano, sul polso, presente tra l'ulna e il radio, tipica di chi veniva crocifisso ai tempi dei romani (il chiodo veniva pianta sul polso e non al centro della mano, nonostante erroneamente la storia dell'arte ci abbia raccontato il contrario).
- Rimane un mistero che la scienza non ha ancora saputo spiegare, come sia possibile l'impressione dell'immagine umana su tale lino.
Spero di non aver detto esattezze su un argomento così delicato. Prego in tal caso, di intervenire a correggermi chi ovviamente a studiato più a fondo di me la questione.
Caro Fabrizio,
RispondiEliminati sono grato per il commento che chiarisce bene i punti nodali della controversa questione. Per parte mia, aggiungo solo due domande che credo siano dirimenti: a che scopo un falsario medievale e/o rinascimentale (diciamo appunto qualcuno che per ingegno, capacità artistiche e scienza era una specie di Leonardo da Vinci, ma più bravo) avrebbe dovuto inserire nel suo artefatto degli elementi non visibili ad occhio nudo? E perché, inoltre, avrebbe dovuto aggiungerne degli altri visibili, ma difformi dal tradizionale repertorio iconografico del Cristo crocifisso? Risponderei che delle due l’una: o costui era un veggente, oppure – e fa lo stesso – costui era un viaggiatore temporale, una specie di John Titor, tanto per intenderci. Tertium non datur. In entrambi i casi credo che la scienza non potrebbe cavarsela con il famigerato e infallibile (?) metodo di datazione del carbonio 14.
Già ebbi modo di esprimere le mie opinioni qui, così come sul mio umillimo blog.. riassumendo, mi permetto di riportare l'attenzione su quello che mi pare sia un punto della questione spesso non considerato, aggiungendo una domanda a quelle poste dal buon Aldo: ha senso "spiegare" la Sindone con "misurazioni scientifiche"....?
RispondiEliminaLa Chiesa, giungendo alla decisione non senza dibattiti, ne autorizzò il culto pubblico. Dacché, discutere sulla sua autenticità, mi pare un esercizio da lasciare a non credenti. E anche tacere gli atei, smantellare le loro chiacchere, come detto in fine di recensione, trovo sia una perdita di tempo: le chiacchere dei non credenti non avranno mai fine, e non sta al credente dover dare prove della propria Fede al non credente.
Né è questa la via per una loro eventuale conversione. Nessuno credo, forse sbaglio, sia mai giunto a Cristo attraverso prove materiali. Ma piuttosto per opera dello Spirito Santo che porta al pentimento, al ravvedimento, ad aprire gli Occhi e il Cuore prima innanzi ai propri peccati e poi alla Luce.
E se vi fosse il rischio, Dio non voglia, che i fedeli si confondano, come viene detto, siano lo Spirito e il Vangelo a salvarli, non le prove della scienza.
Di fronte a tali questioni e a tali chiacchere, persino di fronte alle presunte "prove scientifiche", credo che il Miles Christi, possa "tradizionalmente e aristocraticamente" far spallucce e proseguire per la sua Strada..
Grazie Miles Armatus per la riflessione che condivido pienamente.
RispondiEliminaCome fa un telo adagiato su un corpo a riprodurlo in un piano? (è il problema della raffigurazione della superficie terrestre in una carta geografica)
RispondiEliminaGentile Lorenzo, grazie per la corretta osservazione. Tuttavia, come Lei senz'altro saprà, gli studiosi scettici continuano a parlarci di una qualche tecnica chimico-fotografica a noi rimasta sconosciuta. Tant'è!
RispondiEliminaIo non so cosa sia il telo conservato a Torino, ma se fosse quello che avvolse il corpo di Gesù (se decidiamo di non dar valore alle datazioni col C14) come ha fatto a riprodurne le fattezze quasi fosse, appunto, un dipinto o una foto?
RispondiEliminaA latere, traggo dall'articolo questa perla:
"D’altra parte si rammenta che papa Silvestro I (314-335) “dispose che la Santa Messa fosse celebrata su un lino bianco, consacrato dal vescovo, in ricordo di quello in cui fu avvolto il Signore“. Tale prescrizione dimostra che l’esistenza della Sindone era conosciuta nell’antichità e finalmente smentisce le fantasiose ipotesi intorno ai falsari medievali."
Nossignore, dimostra che era conosciuto che il corpo di Gesù deposto fu avvolto in un lenzuolo, come dicono i sinottici.
Anche questa Sua seconda considerazione mi sembra assolutamente corretta e condivisibile. La questione se presa in esame con serietà e correttezza, almeno a mio modo di vedere, rimane controversa. Tuttavia, personalmente propendo per l'autenticità.
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