02/11/08

E' morto padre Piccirillo

Ieri, domenica, stavo concludendo per una rivista storica un piccolo saggio in ricordo di un collega illustre ch'era soprattutto un amico fraterno, il medievista pisano Marco Tangheroni, venuto a mancare circa quattro anni fa; quando al telefono mi ha raggiunto la notizia della scomparsa d'un altro collega amatissimo e amico tra i più cari: Michele Piccirillo, francescano di Gerusalemme e archeologo ammirato in tutto il mondo.
Coincidenza che mi ha commosso. Piccirillo, colpito inaspettatamente da una grave malattia, era venuto qualche settimana fa a curarsi a Pisa, nei dintorni della quale era quindi rimasto per la convalescenza: alcuni suoi parenti risiedono difatti nella vicina Livorno.
Invece, contro le nostre speranze che non parevano prive di fondamento, ci ha lasciato. Lì, a pochi chilometri da un piccolo paese del Pisano, Perignano, dov'era nato all'inizio del secolo un altro grande archeologo che sarebbe stato a sua volta francescano a Gerusalemme, e maestro di Piccirillo stesso. Alludo a padre Bellarmino Bagatti, che si può dire sia stato l'iniziatore dell'archeologia cristiana in Terrasanta e il cui lavoro Picirillo aveva ripreso e completato. Mi è sembrato un segno divino che il discepolo sia venuto da Gerusalemme a morire proprio a pochi chilometri dal luogo di nascita del maestro, in una parabola cronologica ampia più di un secolo.
Mi riesce difficile abituarmi all'idea che Michele non sia più tra noi. Da ormai oltre un trentennio frequento assiduamente e per periodi spesso abbastanza lunghi Gerusalemme e la Terrasanta, dove mi conduce il mio lavoro di studioso dei pellegrinaggi e delle crociate. Piccirillo stava umilmente in una piccola cella dell'Institutum Biblicum Franciscanum, a sua volta ospitato nel convento francescano della Flagellazione, sulla Via Dolorosa, entro le mura della città vecchia di Gerusalemme. Amavo restare là, ospite dei frati, piuttosto che scendere in un albergo. Una volta, qualche anno fa, arrivai di sorpresa e mi presentai alla porta della sua cella-studio: erano molti mesi che non ci vedevamo, né egli sospettava del mio arrivo. Mi sorprese, mi divertì e mi commosse la sua accoglienza. Stava lavorando al computer. Alzò appena gli occhi, m'indicò un angolo della stanza che del resto mi era ben noto e dov'era installato un piccolo fornello elettrico e mi disse. «C'è del caffè sul fuoco». Così, come se ci fossimo lasciati il giorno prima.
Era nato nel 1944 a Carinola, presso Cosenza: e quando tornava a casa per qualche breve visita, non mancava mai di rientrare a Gerusalemme carico delle mozzarelle freschissime della sua terra. Come facessero ad arrivare fresche e a passare attraverso i controlli israeliani, non l'ha mai capito nessuno. Ma il fatto è che Michele girava tranquillamente tra Gerusalemme, Tel Aviv, Damasco e Amman: e lo faceva di continuo, per i suoi studi, salvo i momenti di vera e propria guerra guerreggiata. Conosceva guardie, gendarmi, doganieri di tutti i paesi. E non solo loro, del resto. Era amico di ministri e di governanti; trattava con grande amicizia la famiglia reale giordana ed era amico di molti eminenti uomini politici israeliani. Quando papa Giovanni Paolo II visitò la Terrasanta e si arrampicò fino al Monte Nebo, l'altura giordana da dove la leggenda vuole che Mosè ammirasse la Terra Promessa prima di chiudere gli occhi, Piccirillo gli fece da guida. Una foto dei due dinanzi al panorama del deserto fece il giro del mondo, accompagnata da una battuta: «Ma chi è quell'anziano signore vestito di bianco accanto a padre Piccirillo?». Michele ne sorrideva, ma ne era compiaciuto: sapeva molto bene di essere famoso.
Aveva scoperto, in oltre quarant'anni d'attività archeologica, decine di chiese protocristiane erette fra V e VII secolo nei territori siriano, libanese, giordano e israeliano. I mosaici da lui riportati alla luce corrispondono a centinaia di metri quadrati d'opere d'arte di valore inestimabile.
I giorni passati con Michele sotto il sole del deserto e sotto il cielo di Gerusalemme sono stati tra i più belli della mia vita. Lo ricorderò per sempre così, come una volta nel deserto giordano, presso una fonte d'acqua freschissima alla quale eravamo arrivati in Land Rover per rifornirci: attorniato da una torma di bambini beduini, mentre distribuisce grappoli d'uva e gioca con loro. Alla scomparsa di uomini come lui non ci si rassegna. Gente come lui non può sparire. Arrivederci, Michele: tu sei una delle prove che deve esistere la Vita Eterna.
(Franco Cardini; Il Tempo, 27/10/2008)

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