25/07/24

La recensione di Carlo Gambescia a "Che cos'è l'esoterismo"

 

Esoterismo liberale

Cosa c’entra il liberalismo con l’ottimo libro di Bérard e La Fata? Presto detto.

Che cos’è l’esoterismo tra verità e contraffazioni (Solfanelli*) è uno dei pochi libri, forse l’unico, che tratta la materia in modo, oltre che scientifico, senza apriorismi di tipo ideologico. Fa “parlare” tutti, e in questo senso è tollerante, quindi liberale.

Diciamo che l’ “umilità cognitiva”, virtù caratteristica dello studioso Aldo La Fata, è riccamente apprezzata anche dal suo interlocutore Bruno Bérard, brillante studioso di storia delle religioni e di metafisica (senza dimenticare la puntuale postfazione di Jean-Pierre Brach). E da questa condivisione è nato un ottimo studio.

Come si è capito si tratta di un libro-intervista, o per meglio dire di un libro-dialogo tra due specialisti della materia, che però cercano di parlare al mondo. Qui la differenza con altri lavori prodotti dalle le varie tribù degli esoterismi armati di un esclusivismo che per un  verso gratifica per l’altro nullifica, come spiegheremo più avanti.

Intanto, non un aspetto della materia è dimenticato. La lista è lunga: esoterismo e scienza; esoterismo e religione; storia dell’esoterismo ( o meglio “una storia”), esoterismo ed esoteristi; esoterismo e mistica, esoterismo ebraico, islamico, cristiano, hindù, buddhista, taoista, moderno.

Centrali, almeno a nostro avviso, sono i capitoli sul rapporto tra “esoterismo e metafisica” e tra esoterismo e “umiltà cognitiva” ( qui, i nostri ringraziamenti agli autori per aver ripreso e sviluppato la nostra terminologia). Non meno interessanti i capitoli sulla biografia intellettuale di La Fata e quello conclusivo sulla natura dell’esoterismo.

Dal punto di vista del recensore il volume può essere affrontato seguendo due modalità: 1) in termini di critica interna ( analisi dei punti, delle virgole, eccetera, puntando sul richiamo della foresta delle differenti scuole, di qui però i possibili sposalizi, divorzi, anatemi e conflitti ermeneutici nella più benevola delle ipotesi); 2) in termini di critica esterna tesa a capire e sviluppare il valore metapolitico dell’esoterismo, racchiuso nel volume.

Sotto quest’ultimo aspetto, che è quello che abbiamo scelto (anche per ragioni disciplinari), il volume di La Fata e Bérard rimanda a un approccio che vede nell’esoterismo un “fenomeno di mediazione” (che dialoga con la scienza, la metafisica, la religione), fautore di transizioni sociali. Un fenomeno, che, come sembra di capire, va al di là della dimensione quantitativa del “gruppo esoterico”. In questo senso piace molto – perché a nostro avviso giusta e giustificata – l’ immagine,  proposta da La Fata,  di derivazione guénoniana (se ricordiamo bene) della religione, come esoterismo vittorioso.

Una vittoria che vede la trasformazione in quantità, cioè in religione, di una qualità, ossia l’esoterismo, come sapere di pochi.

Il che – e torniamo al punto – risulta esito di una mediazione, che potremmo chiamare metapolitica, perché esito di un processo di razionalizzazione sociale (in senso moralmente buono; siamo consapevoli del fatto che il termine possa non piacere, ma rinvia alla metapolitica delle regolarità); razionalizzazione, dicevamo, di una “verità” precedentemente di pochi. Per dirla banalmente: il seme mette radici, si trasforma in albero, e l’albero fruttifica abbondantemente

Se non si fa religione – ecco il punto fondamentale – l’esoterismo resta setta o se si preferisce regredisce a fenomeno settario . E qui si pensi alla classica dinamica setta-chiesa studiata da Troeltsch ne Le dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani , ma anche a quella istituzione-movimento proposta da Alberoni (altra regolarità metapolitica). Detto in altri termini: Tertium non datur .

Un inciso. Sotto quest’ultimo aspetto, la biografia di Aldo La Fata sembra essere un continuo prendere le distanze, per allargamenti cognitivi successivi, da ogni forma di stantio e lunatico tradizionalismo. Un farsi “istituzione”. Ai futuri biografi il compito di approfondirne, al di là del bene del male, i sulferei apporti evoliani (dal punto di vista del “movimento”), che ovviamente non sono i soli nel brillante quadro intellettuale della formazione lafatiana che include come “padri”, tra gli altri, Panunzio e Guénon.

Perciò la dinamica metapolitica dell’esoterismo sembra essere bidirezionale (processi di inclusione-esclusione, altra regolarità metapolitica): setta-religione; religione-setta. E qui si pensi per un verso alla magniloquente evoluzione delle grandi religioni, e per l’altro alla sorte, a un certo punto involutiva, del buddhismo in India, nonché alla pietrificazione di non poche sette, come ad esempio le misteriche precristiane, o a certe diramazioni desertificanti del protestantesimo e del tradizionalismo cattolico.

Si tratta di un approccio metodologicamente profondo e produttivo che ritroviamo puntualmente in Che cos’è l’esoterismo. Un libro, ripetiamo, che vuole parlare al mondo. Qui il suo liberalismo, la sua tolleranza, frutto di un’umiltà cognitiva sconosciuta ai fautori di un esoterismo settario, o peggio ancora politicizzato. Insomma, come detto, siamo davanti a un’ottima prova, largamente superata, di esoterismo liberale.

Carlo Gambescia 

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