Ritratto di Anna Porfirogenita (Costantinopoli, 963 – 1011
di Daniele Dal Bosco
Nel linguaggio comune odierno si usa sovente
l’espressione Madre Russia, preceduta ed incoronata, talvolta, dagli aggettivi
Grande o Santa. Quest’accostamento tra l’area russa e l’archetipo femminile
materno pare avere origini medievali. La prevalente attività agricola e
l’estensione della terra russa portarono spesso all’associazione con l’aspetto
materno, della fecondità, non dissimilmente da quanto accade con l’espressione
Madre Terra. Non solo la terra in sé, ma anche aspetti specifici di natura
ricevevano epiteti materni, si pensi in particolare al diminutivo materno
rivolto a fiumi quali Don Matushka (Матушка), Dniepr Matushka
e soprattutto quel Volga Matushka spesso citato nella letteratura e nel
folklore russo.
Va ricordata, a tal proposito, anche l’unica dèa che
Vladimir il Grande adorava nel suo santuario di Kiev, la dèa Mokosh (Мокошь),
dèa della terra ed associata a Mat Zemlya, forse la dèa della terra più
adorata nel mondo slavo, quantomeno fino al Medioevo.
Connessi all’archetipo materno sono anche due simboli
tra i più rappresentativi della Russia: le icone mariane e la matrioshka (матрёшка).
Tra le icone rappresentative della Madonna,
rammentiamo in primis la celebre Theotokos di Vladimir, conosciuta anche
come Madonna della tenerezza o Madonna di Vladimir, risalente al XII secolo e
considerata la protettrice della Russia. Ma pensiamo anche alla Madonna
Odigitria, due splendidi esempi della quale sono la Madonna di Smolensk e la
Madonna Iverskaja ma anche, in una sua variante, la Madonna di Kazan. O ancora,
le varie icone mariane che rappresentano la protezione della Vergine.
La matrioshka è invece un’invenzione recente:
venne ideata verso la fine dell’Ottocento all’interno del circolo culturale di
Abramcevo di Savva Mamontov, un importante imprenditore e mecenate dell’epoca,
divenendo maggiormente conosciuta dal pubblico internazionale in seguito alla
premiazione durante l’Esposizione universale di Parigi del 1900. Una leggenda interessante
fa risalire la matrioshka alla dea Jumala degli Urali, dèa solare
della quale i vichinghi andarono in cerca, senza successo, e della quale
pensavano che fosse interamente d’oro. Nelle culture ugro-finniche, il Sole
aveva una connotazione tipicamente femminile, una “donna vestita di Sole”
(Ap.12,1), ma talvolta Jumala veniva anche inteso come il dio del cielo.
Il suolo stesso, nella tradizione contadina, era baba
(баба), al femminile. La Matushka Rus’, il suolo della Madre
Russia, sposata al Batiushka Tsar’, lo Zar come aspetto padre. Un altro
simbolo materno presente nel folklore russo è, ad esempio, Baba Jaga (Баба-яга):
una strega talvolta associata ad un aspetto materno, una sorta di divinità
primordiale cattiva ma talvolta anche benigna, per la psicologa junghiana
Clarissa Pinkola-Estés una sorta di archetipo universale della madre selvaggia,
ctonia. Anche lo storico e filosofo Berdyaev sosteneva che la «categoria
fondamentale in Russia è la maternità»(1).
Lo storico russo G. P. Fedotov, nella sua La mente religiosa russa
affermava: «Ad ogni passo, studiando la religione popolare russa, si incontra
il costante desiderio di un grande potere divino femminile…è forse troppo
ipotizzare, sulla base di questa propensione religiosa, la presenza di elementi
sparsi del culto della Grande Dea che un tempo regnò sulle immense pianure
russe?»(2).
Ma l’archetipo femminile, contrapposto a quello
maschile, venne associato anche alla città di Mosca. Gogol’, nelle sue Note
pietroburghesi (1836) definì Mosca «una vecchia massaia che cuoce le
frittelle nel forno, guardando da lontano e ascolta senza alzarsi dalla
poltrona quel che le si racconta sulle cose del mondo», al contrario
Pietroburgo veniva rappresentato al maschile come «un giovanotto svelto che non
sta mai in casa e, sempre ben vestito, pavoneggiandosi di fronte all’Europa, se
la fa con quelli d’oltre mare»(3).
La storia stessa della Russia riporta numerose figure
femminili di primo piano. Negli ultimi secoli, pensiamo al ruolo di Sofia
Alekseevna Romanova, che funse da reggente tra il 1682 ed il 1689 dei due
fratelli minori Pietro I (il futuro Pietro il Grande) ed Ivan V; Caterina I,
moglie dello stesso Pietro il Grande e co-regnante con il marito (1724-1725) ed
alla morte di quest’ultimo Imperatrice di tutte le Russie (1725-1727). E
ancora, Anna Ivanovna Romanova, figlia di Ivan V ed Imperatrice di tutte le
Russie dal 1730 al 1740, anno della sua morte; Elisabetta, figlia di Pietro il
Grande e di Caterina I, che divenne Imperatrice di tutte le Russie dal 1741
fino alla sua morte nel 1762; e soprattutto il lungo regno di Caterina II,
Imperatrice di tutte le Russie dal 1762 al 1796 e sotto il cui regno l’Impero
russo conseguì un notevole sviluppo culturale ed economico. Fu l’ultimo caso di
regnante donna dell’Impero, dato che il figlio Paolo I promulgò la legge di
primogenitura maschile, consentendo una regnante donna solo nel caso di assenza
di uomini.
Ma le figure femminili più importanti della storia
russa furono forse due donne che ebbero un ruolo determinante nella conversione
della Russia al cristianesimo, per quanto il riconoscimento di tale importanza
fu postumo: Olga di Kiev ed Anna Porfirogenita.
Secondo la Cronaca di Nestore (1116 circa),
Olga fu la moglie del principe Igor, figlio di Rurik, capostipite della Rus’ di
Kiev. Più saggia di tutti gli altri uomini, divenne cristiana nel 957 presso
Costantinopoli. Secondo lo storico S. M. Solov’ev, padre del più famoso
filosofo e mistico Vladimir Sergeevič, «in quanto donna, Olga era più portata
per gli affari domestici, le questioni interne. Similmente, in quanto donna,
era particolarmente incline al Cristianesimo»(4).
Olga governò la Rus’ di Kiev anche mentre il figlio Sviatoslav era impegnato in
battaglia in terre lontane. Olga si diresse a Costantinopoli con un’ambasciata
di quasi duecento notabili, ufficiali, mercanti e militari, metà dei quali
erano mercanti(5).
Scendendo lungo le rive del fiume Dniepr e costeggiando il Mar Nero raggiunsero
la grande capitale bizantina.
Simbolicamente, Olga si presentò davanti
all’imperatore Costantino VII con un seguito di donne nelle prime file, con gli
uomini che seguivano nelle retrovie. Costantino comprese l’importanza di
quest’innovazione e rispose a sua volta facendo accogliere Olga dalla consorte
Elena Lecapena e dal suo seguito di donne(6).
La sua spedizione a Costantinopoli non solo fu un successo diplomatico, ma le
permise di venire battezzata direttamente presso la sede patriarcale di
Costantinopoli dal patriarca Polieucte, con padrino l’Imperatore Costantino
medesimo, assumendo il nome di Elena e divenendo la prima sovrana cristiana
della Rus’ di Kiev. Ella tuttavia non impose mai sui suoi sudditi la religione
cristiana: ciò avvenne solo trent’anni dopo con il nipote Vladimir I ed il
celebre battesimo della Rus’ nel fiume Dniepr (988).
Ma un’altra donna ebbe un ruolo determinante nella
conversione al cristianesimo della Russia: Anna Porfirogenita, principessa
bizantina e figlia dell’Imperatore Romano II e dell’Imperatrice Teofano. Unica
principessa della dinastia dei Macedoni ad aver sposato uno straniero, divenne
moglie di Vladimir I di Kiev nell’ambito di un accordo militare stipulato da
quest’ultimo con l’Imperatore Basilio II, fratello di Anna. Divenuta moglie di
Vladimir I nel 988, nello stesso anno riuscì non solo a convertire Vladimir al
cristianesimo, ma altresì a spronare il medesimo a far convertire l’intero
popolo della Rus’, il quale tuttavia già in parte era divenuto cristiano in
precedenza. Gli idoli pagani, quali il dio Perun (Перун), vennero
distrutti.
Anna svolse il ruolo di consigliera di Vladimir,
gestendo essa stessa un certo numero di terre della Rus’. Varie fonti sono
concordi nel ritenere che fu grazie a lei che vennero ufficialmente costruite a
Kiev le prime Chiese cristiane(7).
Ella non fu quindi una semplice “merce di scambio” tra Vladimir e Basilio II,
ma risultò in realtà fondamentale nel mantenere i rapporti tra Bisanzio e Kiev,
inviando anche guerrieri russi a Costantinopoli per la difesa personale del
fratello Costantino VIII.
Lo storico russo Nikolaj Karamzin sostenne che «Anna
fu uno strumento della benevolenza divina che condusse la Russia fuori dal buio
dell’idolatria»(8).
Anna non solo aiutò la Russia a cristianizzarsi ma, attraverso il suo matrimonio,
le porse anche la prima vera rivendicazione alla discendenza imperiale.
Olga di Kiev è venerata come santa tanto dalla chiesa
cattolica che dalle chiese ortodosse, diversamente da Anna Porfirogenita.
Tuttavia due figli di Anna e Vladimir, i principi Boris e Gleb, furono i primi
grandi martiri, poi santificati, della Rus’ cristiana.
Note
(1)Joanna Hubbs, Mother Russia: The
Feminine Myth in Russian Culture, Indiana
University Press, 1993, Introd. p.XV.
(2)Ibid., p.3.
(3) Erica Klein, Ritratti
di Russia al femminile. Leggenda, letteratura,
cronaca, Pendragon, Bologna 2014.
(4) S. M. Solov’ev, Istoriia
Rossii s drevneishikh vremen v piatnadtsati knigakh, Mosca 1959, vol.1
p.157.
(5) S. D. Skazkin, et al., Istoriia
vizantii v trekh tomakh, Mosca 1967, vol. 2, p. 232.
(6) De ceremoniis aulae
byzantinae…, Bonn:
1824, vol.1 pp. 594-98. Una descrizione in inglese della visita si trova
in Arnold Toynbee, Constantine Porphyrogenitus and His World, Londra
1973, pp. 504-6.
(8) Edward Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire,
New York City, Modern Library, n.d., vol.3 p.284.
Molto interessante. Dal Bosco, tra l'altro, è autore di un bellissimo libro sul Buddhismo: "Contro il Buddhismo", in cui ci mette in guardia dal carattere satanico di questa autentica controreligione. Solo la Madonna salva!
RispondiEliminaMi spiace per Lei Sig. Piero (?), ma il Dal Bosco autore del famigerato libro è un’altra persona (tra l’altro, libro da noi criticatissimo!). Mi creda, nel Buddhismo tradizionale non c’è proprio nulla di satanico. Trovo poi fuori asse anche l’affermazione che solo la Madonna salvi. Semmai, per Lei, la qualifica corretta è “mediatrice di grazia”.
RispondiElimina