11/05/12

Il Filo Aureo

Giuseppe Gorlani, Il filo Aureo,
La Finestra Editrice,
prefazione di Giovanni Sessa.

 di Aldo La Fata
Il presente volume si propone come una raccolta di saggi su alcuni temi centrali del pensiero speculativo dell’India e dell’Asia. L’intento è quello di offrire, per alcuni versi, un’introduzione tematica alla  “metafisica eterna”. Nello stesso tempo, però, si vuole indicare un percorso intellettuale,  esistenziale e realizzativo, praticabile in questa oscura Età del Ferro. Un “filo aureo” appunto, come il mitico filo dato da Arianna a Teseo perché potesse uscire dal labirinto. Nel caso specifico il labirinto dal quale l’Autore vuole aiutarci ad uscire (ma è un invito che il Nostro rivolge costantemente anche a se stesso) è quello intricatissimo della nostra mente. Operazione che richiede un impegno continuo di tutta la propria persona e l’esercizio spirituale del discernimento o discriminazione (viveka in sanscrito).
Gli argomenti che vengono presi in esame coprono diversi quadri prospettici, tutti di grande importanza: dalle vie metafisico-realizzative, ai fondamenti della vita comunitaria; dalla posizione dell’uomo nel Cosmo e nella Natura al vegetarianesimo; dalla dialettica degli opposti (Arché-Anarché) secondo il Vedanta alle prospettive sulla metempsicosi o reincarnazione.
L’idea madre che ha spinto Gorlani alla pubblicazione di questa raccolta è principalmente sapienziale.  Si tratta qui di quella sapienza soprannaturale, di origine non umana, ultraconfessionale e per ciò stesso universale che sta al cuore di tutti i sentieri spirituali autentici e di tutte le tradizioni religiose d’Oriente e d’Occidente. Una verità questa intuita dai saggi e dai santi di tutte le epoche, ma che si cominciò a formalizzare concettualmente solo a partire dal Rinascimento soprattutto per merito dei sapienti-eruditi Marsilio Ficino e Pico della Mirandola (ma già cinquecento anni prima l’eclettico maestro hindu Abhinavagupta, alla cui saggezza e insegnamenti Gorlani attinge copiosamente,  aveva invocato l’unificazione di tutte le tradizioni religiose e filosofiche). Ad Agostino Steuco, canonico lateranense nato a Gubbio nel 1497, si deve invece il conio della definizione, invero piuttosto calzante, di Philosophia Perennis. Nel Novecento gli eredi di questa “idea unitaria di verità” furono gli esponenti del cosiddetto “pensiero tradizionale”, in primis il francese René Guénon che di questa corrente fu il caposcuola e poi gli altrettanto autorevoli Ananda Coomaraswamy e Frithiof Schuon (ma si potrebbero fare molti altri nomi tra cui anche quello del non meno affidabile Toshihiko Izutsu). Gorlani dedica un notevole saggio critico di questa sua raccolta al filosofo di origini siciliana Julius Evola che, nonostante le non irrilevanti ambivalenze e contraddizioni del pensiero, si deve riconoscere come il massimo rappresentante italiano della “prospettiva tradizionale”. Il saggio in questione è intitolato “Julius Evola e la Tradizione del Sanātana-dharma”. Non sono né poche né irrilevanti le interpretazioni arbitrarie di Evola sulle dottrine hindu, anche se occorre dire a sua parziale discolpa che molti orientalisti coevi ne scrivevano e ne dicevano a tale riguardo di ben peggiori.
Tra gli autori di riferimento di Gorlani ci sono anche alcuni importanti orientalisti che, in un modo o nell’altro, risultano fortemente influenzati dal tradizionalismo di marca guénoniana, tra i quali spiccano Alain Daniélou, Pio Filippani Ronconi, Raniero Gnoli, Mario Piantelli e l’advaitin di origine umbra(?) Raffaele Lacquaniti. Quest’ultimo, più noto ai suoi estimatori ed allievi con il nome simbolico e collettivo di Raphael.  Tra i saggi e i maestri contemporanei più apprezzati sicuramente Sri Ramana Maharshi (1879-1950), l’ultimo riconosciuto interprete vivente dell’Advaita Vedānta. Tuttavia, la fonte principale alla quale Gorlani si ispira -oltre al già citato Abhinavagupta- è l’insegnamento shivaita-tantrico dei sadhu, asceti rigorosi delle foreste da lui personalmente incontrati durante una lunga permanenza in India e che sfocia nell’illuminazione al di là di dualità e non dualità.
Questo libro dalla prosa avvolgente e dai temi suggestivi di perenne attualità la cui lettura fortemente consigliamo, ci fornisce l’occasione per tornare su una questione per noi davvero importante e che su questo blog nel corso degli anni è stata trattata a vario titolo e con diversi esiti e che si può riassumere nella domanda: esiste una metafisica cristiana? A questa domanda hanno risposto affermativamente e con buoni argomenti Silvano Panunzio, Attilio Mordini, Paolo Virio, Lanza del Vasto, Giovanni Vannucci, Henri Stéphane, Jean Borella, François Chenique, Bruno Bérard, Alain Santacreu, per non citare che i più ferrati. Ma importanti contributi in tal senso sono venuti anche da religiosi come Raimundo Panikkar,  Henri Le Saux e Jules Monchanin. Gli è che quando si parla di metafisica di solito si pensa più all’Oriente che all’Occidente, non fosse altro che per il vertiginoso livello speculativo che in quelle terre e presso quelle popolazioni è stato raggiunto sia sul piano teorico che su quello realizzativo. Su questo bisognerà convenire senza titubanze. Il Vedanta può a tale proposito essere considerato come il fondamento comune di tutte le metafisiche e di tutte le saggezze, anche di quella cristiana. Non a caso Silvano Panunzio parlava di una scuola Vangelo-Vedanta (anche se nel suo caso più nel segno di un Rāmānuja che di uno Śankara) e un Guido de Giorgio si orientava verso un cristianesimo advaita. La questione è naturalmente assai complessa e lungi da noi l’idea di volerla semplificare in poche battute. Chi vuole può approfondire leggendo le opere degli autori sopracitati (ma avvertiamo che una lettura superficiale non può bastare e che per inquadrare correttamente l’argomento sono necessarie letture ripetute e anni di meditazione).
Ci preme invece, a conclusione di questa nostra breve recensione, indicare con garbo almeno due punti critici del libro di Gorlani. Le Sue osservazioni sui  difetti e limiti storici e, diciamo così, “istituzionali” del cristianesimo -il dogmatismo, l’esclusivismo, la pretesa di supremazia, il monopolio della verità- non vengono bilanciate da altrettante osservazioni in positivo con il risultato di dare al lettore l’impressione ora di avversione, ora di indifferenza o disinteresse nei confronti di questa religione. Ciò non sembra deporre a favore di una discriminazione esercitata a fondo su questo soggetto che invece, a nostro avviso, non può essere trascurato o tralasciato quando si parla di “verità universale” in un contesto europeo. Infatti, il rischio di questa trascuratezza è di far ritenere ai lettori inutile o non necessario l’approfondimento del vitale patrimonio sapienziale della nostra religione e della sua ortoprassi. Insomma, non sembra saggio non interrogarsi sul cosa significhi per un occidentale rinunciare al cristianesimo o sul cosa comporti la sua sottovalutazione proprio da un punto di vista metafisico e realizzativo. Eppure si tratta di una questione capitale per chi ha veramente a cuore il destino soprannaturale dell’uomo.
Allo stesso modo, a proposito del capitolo conclusivo di questo libro intitolato “Riflessioni sull’Essere”, ci permettiamo di sollevare un forte dubbio sul fatto che tutto sia opinabile (e dunque “opinabile” sarebbero anche la religione, la fede e la stessa metafisica) e che “l’unica informazione indiscutibile che la nostra ragione e intelligenza può comunicarci è che l’Essere È, null’altro” (p. 199). Chiediamo a Gorlani: asserire questo non significa svilire, appannare e dissolvere la nozione stessa di verità? E se l’unica verità certa “è che l’Essere È”, che genere di verità custodirebbero le tradizioni religiose viventi? Che genere di verità custodirebbe, ad esempio, la Chiesa? I Cattolici non possono non essere sicuri della verità che professano. Insicuri possono esserlo solo riguardo alle proprie capacità di esserne degni interpreti ed esecutori.  

18 commenti:

  1. Caro Aldo, ben assestato il colpo. Gorlani è studioso preparato e, sicuramente, fededegno. Tuttavia, l'Oriente spesso produce l'effetto dello straniamento, dell'impermanenza psicologica, ripeto, psicologica. A bazzicare certe vette metafisiche indù, o a praticare tantriche ritenzioni, si rischia e molto. Ovvio che tali mie valutazioni hanno carattere generale e non si riferiscono direttamente al Gorlani. Detto questo, un breve inciso. A proposito di Lacquaniti, già negli anni '70 in quel di Roma, andava dicendo di essere un illuminato, ciò mi appare alquanto singolare, visto che la Tradizione a cui si riferisce e sostiene di aderirvi, è ben lungi da esibizionismi di tal genere. A proposito della sua opera che firma con lo pseudonimo o nome iniziatico che dir si vuole, Raphael, la trovo gonfiata da un lessico volutamente apodittico dal sapore artificioso. Sembra che parli di cose che conosce dopo averle apprese da altri libri, non si coglie, per farla breve, esperienze e racconti di vita vera, vissuta. E questo però è un vizio di molti autori cosiddetti tradizionali.
    Non è la prima volta che tesso le lodi del grande Panunzio. Nei suoi scritti si respira aria di vetta, si sente scorrere un vissuto interiore saldo, articolato, stupefacente. De Giorgio, fra pochi altri, mi dà l'impressione di verità, di prove iniziatiche superate. Evola, pur con le forzature interpretative di alcuni testi orientali che ha fatto per sostenere sue tesi, non si limitava a scrivere compitini esoterici. Ha fatto pratiche di magia operativa, alchemica, tantrica, con effetti non sempre positivi, anzi. Lo colgo più che da informazioni private avute da chi lo conosceva, lo deduco da certi particolari emersi dai suoi libri, che denotano esperienze dirette.
    Su Guènon ho invece seri dubbi sulla sua reale esperienza trasformativa. Ottimo classificatore metafisico, puntiglioso e ispirato semantico - non scientifico e accademico, ma questo spesso è un vantaggio - dalla scrittura degna di un dirigente ministeriale - unico libro immaginifico è il suo Re del Mondo -, ma quando dobbiamo 'quagliare', beh, qui ci areniamo. Mai una reale indicazione tecnica/operativa, la sua impersonalità sembra più snobbismo. E qui mi fermo. Per ora.
    Grazie Aldo per gli stimoli cognitivi che mi dai seguendo il blog.

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  2. Caro Angelo, non mi è parso sinceramente che Aldo abbia assestato “colpi”; semplicemente ha manifestato quel che pensava con il rispetto e la sincerità che gli sono consueti. Intendiamoci, non percepisco alcuna asprezza o acrimonia nemmeno nel tuo commento, semplicemente alcune tue considerazioni mi sembrano un poco “approssimative”. Per esempio, caratterizzare il tantrismo con la questione della “ritenzione” significa fraintenderlo radicalmente, alimentando i soliti luoghi comuni. Sostanzialmente il Tantrismo – tradizione pre-vedica, ma non anti-vedica – illumina un aspetto teologico assai consonante col Cristianesimo: la Manifestazione o Creazione non è illusione, bensì espressione della natura assolutamente imperscrutabile e vibrante di Dio, il quale si triplica per Amore, perciò essa non va rigettata, bensì accettata, compresa, amata e risolta in una conoscenza-amore superiore. Ciò chiarito, resta valido il tuo ammonimento circa la pericolosità di certe Vie orientali.
    Riguardo a Raphael, naturalmente sei libero di manifestare i tuoi pensieri; dovresti tuttavia tener conto di come siano relative le nostre impressioni soggettive e quanto precari i concetti che su di esse si fondano. Personalmente, trovo invece che Raphael e Panunzio (alla cui rilettura mi sto dedicando in questi giorni) siano entrambi dei metafisici validissimi, il cui dire si radica nell’esperienza diretta. Riguardo a Guénon – che Panunzio stimava moltissimo – direi che gli si dovrebbe tributare gratitudine, al di là del fatto che si concordi o meno con tutte le sue idee.
    Con l’esperienza si impara ad adottare una certa prudenza nel proporre valutazioni: più ci si auto-esamina con sincerità e più ci si rende conto di come sia impegnativo trovare punti saldi e chiarezza fuori da pregiudizi e retorica; a meno che ci soccorrano influssi illuminativi provenienti dall’Alto.
    Nei prossimi giorni replicherò senz’altro agli interrogativi sollevati da Aldo nella sua recensione. Ci vorrà un po’ di tempo, dato che mi è stata giustamente richiesta un risposta “meditata”.
    Un cordiale saluto,
    Giuseppe

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  3. Caro Giuseppe, non sono luoghi comuni i miei riguardo al tantrismo. Esperienza, caro mio, esperienza. Un conto le chiacchere ben formulate, i principi e i postulati che leggiamo sui testi, poi, al dunque, ossia al punto della questione, la pratica è altra cosa. Ma tu hai mai fatto pratica? Qualcuno associa i Fedeli d'Amore al tantrismo. Ma conosci le pratiche dei FdA? Il mio maestro, un 'fruttarolo' con regolare seppur sudata quinta elementare, mi diceva che le chiacchiere stavano a zero, qui non c'era nulla da studiare e che per conoscere bisognava fare. Sarò sbrigativo nelle valutazioni? Oh sì, perché sarebbe ora di uscire dalle biblioteche, dai convegni, dalle sale di lettura, e provare sperimentare, riprovare fino a quando qualcosa s'accende, una vibrazione nuova appare. Altrimenti smacchiamo i leopardi.
    Ho conosciuto diversi evoliani, guenoniani, tutti presi a citare ogni frase dei maestri, tutti pronti a leggere il mondo, però con gli occhi di Evola e di Guènon. Ma cosa facevano loro, di personale? I rafeliani, poi, si riempiono la bocca di un lessico che non gli appartiene, ma fa tanto spirituale... parlano di essere, di non dualità, di impermanenza, di piani, sullo yoga, poi, sanno tutto, ma poco fanno. Perché tante chiacchiere? Semplice, caro Giuseppe, perché praticare stanca come il lavoro. Lavorare con noi stessi è pazzesco, spesso si fanno buchi nell'acqua della nostra sedimentata coscienza, senza giungere a niente di costruttivo. Scandurra, questo il nome del mio maestro 'fruttarolo', mi diceva di svuotarmi, tutto, senza tentennamenti. Combattendo i miei mostri dell'inconscio, svelando le mie vergogne inconfessabili, abiurando l'auto-inganno, facendo fuoriuscire la m**** psichica mia ma pure quella della schiatta familiare accomulatasi da generazioni... spurgarmi di tutto per far risplendere la luce divina che è in me ma in esilio.
    Dal nostro filo di rame, liberato da aggreganti non conduttori, potrebbe scorrere, infine, la corrente di Dio. Ma è dura dura dura.
    Ti stimo, caro Giuseppe, per la fatica di analizzare uomini e idee sul destino ultramondano, sullo spirito... questo sconosciuto. Però, non sottovalutare mai un fruttarolo, potrebbe riservarti sorprese.

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  4. Caro Angelo, credimi, non sottovaluto i “fruttaroli”. Anch’io, al pari di te, ho incontrato in India un lignaggio di maestri illetterati. L’erudizione è inessenziale, anzi, spesso è un ostacolo; non così, invece, la Conoscenza-Amore che scaturisce dalla coerenza e dal sincero sforzo di aspirare al divino. Jakob Bohme era un semplice calzolaio, eppure arrivò alle altezze che sappiamo.
    Non metto minimamente in dubbio che la maggior parte delle persone dedite al Tantra utilizzino questo corpus dottrinale per intensificare la propria libido. Ciò però non toglie che il Tantra stia da tutt’altra parte; significativo è che esso, secondo tradizione, sia riservato ai mahavira, cioè ai grandi eroi che sanno entrare svegli e vigili nella tana della tigre-desiderio senza lasciarsene travolgere. Inoltre, da un punto di vista teologico, riveste una grande importanza, poiché, rivalutando la Manifestazione, intesa quale “corpo vivente di Dio”, completa il Vedanta.
    Riguardo alla questione di che cosa dicano o di come si comportino i guénoniani, gli evoliani o i rafaeliani, non è poi una cosa così importante. A noi deve interessare che cosa hanno scritto Guénon, Evola o Raphael. Anche gli insegnamenti più elevati possono essere interpretati in modo erroneo e diventare giustificazioni di comportamenti biasimevoli.
    E infine, devo dire che concordo completamente con quanto ti insegnava Scandurra: a noi spetta solo di svuotarci per permettere alla Luce divina nel Centro, coincidente con la nostra identità ultima, di splendere. E’ senz’altro dura, ma non impossibile. Del resto, se non ci dedicassimo a tale nobile compito saremmo soltanto dei morti che camminano.
    Un cordiale saluto,
    Giuseppe

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  5. Guenon non è stato solo un immenso filosofo, ma anche un vero iniziato. Dobbiamo a Lui tantissimo e questo, i veri iniziati cattolici come Panunzio e Mordini, lo sapevano bene. Io ancora, pur non appartenendo grazie a Dio a nessuna corrente, ancora non riesco a superare Guenon, forse perchè è insuperabile propriamente la vera Tradizione, di origine essenzialmente non umana, che Guenon ci ha presentato(E HA VISSUTO!!!) in maniera esemplare e unica.
    Il resto sono chiacchere che si porta via il vento. Prego solo di avere cautela quando si esprimono giudizi su uno dei più grandi metafisici della storia.

    Renè

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  6. Ringrazio molto Angelo, Giuseppe e René per gli arricchenti commenti che, pólemos a parte, mi sembra aiutino a verticalizzare la discussione. Non spetta a noi difendere o accusare d’ufficio questi o quelli -la vera identità dei personaggi citati, come quella di chiunque, è sempre intangibile- ma solo, eventualmente, entrare nel merito delle idee. Sull’opera di Guénon in questo blog ci siamo più volte positivamente espressi, ritenendola “provvidenziale” anche dal punto di vista cattolico. Ammesso questo, si possono poi fare tutti i distinguo del caso. Eviterei però le generalizzazioni. Io credo si debba sempre decidere caso per caso. Anch’io ho seri dubbi sulla “scuola di metafisica realizzativa” di Raphael e annessa psicologia transpersonale: c’è un legato teosofico o teosofista evidente che personalmente mi disturba e che trovo, volendo usare il linguaggio di Guénon, antitradizionale.
    Infine, che la cultura non sia un prerequisito necessario per l’iniziazione o per la santità, ce lo confermano in modo inequivocabile proprio i Vangeli: “Io ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai savi e agli intelligenti e le hai rivelate ai fanciulli”. Tuttavia, distinguerei tra “erudizione”- impoverente- e “cultura” –arricchente. La cultura può essere un eccellente “mezzo” per elevare lo spirito a cose alte. Se così non fosse, anche questo blog sarebbe non solo inutile ma anche dannoso.

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    1. Grazie di cuore Aldous per le tue considerazioni che hanno sovente la funzione di "sigillo" dopo la corrente delle discussioni...
      Era necessaria una precisazione sul ruolo e la missione "provvidenziale" di Guenon. E questo è entrare nel merito delle idee, non semplicemente fare un'apologia. Voliamo alto amici, con le ali della Tradizione perenne.

      Renè

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  7. Cari amici, scusate se intervengo, ma io, che sono un sacerdote, devo dire che di iniziazioni ne conosco solo una, ed è quella cristica, cioè quella di noi cristiani, "iniziati mediante i misteri di N.Signore Gesù Cristo". Iniziazione suprema! Proprio domenica (VI di Pasqua) abbiamo meditato il supremo mistero metafisico: il mistero del Padre dell'Amore e dell'Amore del Padre. Purtroppo, proprio domenica ho notato pochissima gente nelle chiese... forse i fedeli non erano degni di approfondire tale sublime mistero? O si saranno ritirati sotto l'albero del fico a meditare la metafisica realizzativa? O gli mancavano le qualificazioni? Suvvia siamo seri! Diceva Didimo il Cieco: solo il nostro altare è esoterico, tutti gli altri sono essoterici. Cordiali saluti, Padre Danilo (Olbia).

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    1. Caro Padre Danilo,
      La rispetto e credo che Lei sia, lo credo perché lo so, un sacerdote di fede. Già altre volte ci siamo 'sentiti', Lei mi ha 'cazziato' come facevano i preti di una volta. Tuttavia, in base alla mia esperienza - e scusi se è poco - Cristo Lo si incontra anche su strade poco battute. A me è successo questo. Ex di azione cattolica, feci percorsi assai impervi, camminai sull'orlo, diventai uomo assumendomi responsabilità, misi su famiglia (e dubito che i preti sappiano cosa oggi voglia dire). Pertanto, senza polemizzare, le vie dello spirito non possono prescindere dalle esperienze personali. Sul nostro groppone si sedimentano cose fatti sentimenti, e ognuno ha il suo odore. Cristo ci si avvicina quando a rischio è la nostra anima di pecorelle smarrite. Aderire ad una Chiesa cristiana è una tappa, ma non è l'unica risposta per tutti. Mi scusi per la farraginosità del mio raccontare. Pensieri sparsi, ma quel poco che so lo ho sudato provando le notti oscure buie buie, i pianti, le fatiche, le mortificazioni, la morte civile. Cristo lo sento, non è una idea, lo sento, lo provo tutti i santi giorni. È una esperienza vivente, somatica se possibile. Non chiedo niente a Lui per il dopo, solo che mi illumini la via oggi, al resto ci penso io.

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  8. Grazie Padre Danilo, se ho ancora la fede in Cristo è grazie a sacerdoti veramente ispirati e illuminati come Lei.

    Renè

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  9. oncordo con padre Danilo: la vera autentuica profonda iniziazione è quella cristica che si può attingere attraverso i misteri ed i riti del Cristianesimo. Questo è il nocciolo dell'insegnamento solare di Silvano Panunzio,cosparso a piene mani in tutta la sua opera preziosa e riassunto negli ultimi due suoi libri: "Metafisica del Vangelo Eterno" e "La coralità celeste superdivina".
    Primo Siena

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  10. Scusate l'intrusione, tanto passo per il solito mangiapreti. Vivendo a Viterbo, ex città papalina e visto come si infuriarono i miei concittadini tempo fa... la mia posizione, per quello che vale, riguarda un'esperienza, la quale non sarà paradigmatica, per carità, né indicativa per i più, tuttavia possiede la stessa valenza di altre.
    Guènon, tanto per ribadire alcuni concetti, non era e non è un modello (e non mi riferisco alla sua persona, suscettibile e invidiosa) no, siamo tutti peccatori. La critica attiene alla sua opera non esente da contraddizioni e orba sull'esperienza mistica e iniziatica cristiana, sì, proprio cristiana. Mi fa specie che i guenoniani lo citino come riferimento per i cattolici. Oh bella, pure questo si deve ascoltare.
    Il suo 'Dio' non è certo quello che intendiamo noi. Sfido chiunque a dimostrarmi il contrario. Ma non è nemmeno questo il punto. Lo critico per la sua totale incapacità di concepire una metodica che possa condurre un uomo a seguire un percorso di trasformazione. Teoretica? Oh sì, formulazioni metafisiche? Certo. Poi? Aria fritta. In confronto Evola, pur tra idiosincrasie, nevrosi, fisse, rigidità, aveva pur indicato set operativi. Cari amici, possiamo discettare all'infinito, ma è pura accademia. Contano i fatti. La pratica. La voglia di trasformarsi per ri-scoprire ciò che veramente siamo. E per far questo occorre fare fare fare. ma di cosa andiamo parlando?
    Non vorrei, poi, sembrare il solito eretico di professione, che confonde la gerarchia cattolica (a proposito: per caso, sanno che fine ha fatto Emanuela Orlandi?) con la fede, con Cristo, col sangue dei martiri. Non sono così fesso, caro padre Danilo. Rispondo di ogni virgola che uso, cosa che alcuni suoi confratelli non fanno. Mi riferisco alla possibilità, ripeto per i sordi del compare, la possibilità di incontrare Cristo nei tempi, negli spazi, nelle circostanze a Lui gradite. Possibilità, quindi, che può benissimo esulare dai contesti regolari, ortodossi. Oppure qualcuno ha il copyright delle scelte di Iddio? Non mi voglio inventare né una nuova chiesa né far proseliti per essa. Anzi. Indico a tutti che la via principale a Cristo è attraverso la Chiesa, ma non è l'unica in assoluto. Tutto qui. Oppure sono considerato un matto, per giunta eretico, pronto per il rogo?
    Si cita spesso Panunzio. Bene. Ho letto, studiato, divorato, metabolizzato tutti i suoi libri. Ebbene, indica Cristo paradigmatico di tutte le religioni tradizionali. Questo conta davvero. Cristo giroscopio cosmico. Per molti preti e professorini di Santa Romana Chiesa, è considerato un eretico. Più di una volta ho tentato di farlo conoscere in ambienti ecclesiastici: parrocchie, istituti, ordini dei Gesuiti e dei Francescani. Beh, quasi sempre lo hanno rigettato infastiditi. Quindi, il grande Silvano Panunzio, è stato più volte misconosciuto volutamente dalla Chiesa di Roma. Al di là di singoli apprezzamenti di uomini illuminati, per la maggioranza era un tipo eccentrico se non peggio.
    Capirete, un uomo siffatto, un iniziato, come lo considero io, non poteva che rimanere isolato, bistrattato, ignorato. CVD.
    Caro Primo Siena, non esiste un'unica via all'assoluto, che è sì unico, ma per giungervi molteplici son le strade. I raggi del sole sono miriadi, così come i fiumi che portano al mare.

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  11. Cari amici,
    mi sembra che la discussione ci stia sfuggendo di mano e ho pertanto il dovere, in qualità di “amministratore” e moderatore del blog, di intervenire per tagliare di netto il gordiano nodo che si va intrecciando. Intanto ringrazio Padre Danilo e Primo Siena per la fermezza cattolica cristiana e cristica e ad Angelo dico semplicemente di non prendersela troppo per le reprimende a lui indirizzate che hanno –credo di interpretare correttamente- l’unico scopo di costringerlo a un ripensamento delle sue convinzioni (fargli cambiare idea è con tutta evidenza una faccenda assai più complicata che richiederebbe un… miracolo?). Non se la prenda il caro amico Angelo se mi permetto di fare dell’ironia per scacciare da questo luogo il demone della discordia. Nelle nostre discussioni infatti, dovremmo sempre prendere a modello i classici della letteratura universale. I Dialoghi platonici ad esempio, dove sono banditi personalismi, irritazione, amor proprio e spirito polemico. (“Il dialogo platonico è sempre costituito da una tesi aperta, che nel contraddittorio viene esplicandosi, mentre l'interlocutore-contraddittore sposta di continuo le sue opposizioni di volta in volta che una verità va affermandosi”; da www.sapere.it). Questo metodo consente di affinare sempre di più il ragionamento e di pervenire a qualche conclusione veritativa. Aggiungo –ma l’ho già detto altre volte- che lo scopo di questo blog è fondamentalmente quello di aiutare il discernimento ideale e spirituale e di promuovere tutte quelle opere che a nostro parere vi possono contribuire. Ci limitiamo a fornire suggerimenti di lettura e di tanto in tanto apriamo questo spazio a voci anche dissonanti che ci aiutano ad uscir da quell’autoreferenzialità che spesso è più un danno per l’intelligenza che un suo punto di forza.
    Riteniamo che le considerazioni formulate da Gorlani meritino da parte nostra la massima attenzione e il massimo rispetto e gli lasciamo tutto lo spazio -se lo desidera- per un ulteriore intervento chiarificatore. Resta inteso che anche noi ci riserviamo uno spazio di risposta per spiegare più estesamente il nostro punto di vista.

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  12. Accolgo subito l'invito saggio di Aldo la Fata.
    Rigrazio di cuore ancora Padre Danilo e Primo Siena per i loro "aurei" commenti.
    Evito di commentare il post di Ciccarella. Mi permetto solo una considerazione: Dice , parole sue, che si può giungere a Cristo in molte vie " Possibilità, quindi, che può benissimo esulare dai contesti regolari, ortodossi. Oppure qualcuno ha il copyright delle scelte di Iddio?" poi si contraddice apertamente negando di fatto tale Possibilità!!! Ancora parole sue : "Guènon, tanto per ribadire alcuni concetti, non era e non è un modello (e non mi riferisco alla sua persona, suscettibile e invidiosa) no, siamo tutti peccatori. La critica attiene alla sua opera non esente da contraddizioni e orba sull'esperienza mistica e iniziatica cristiana, sì, proprio cristiana. Mi fa specie che i guenoniani lo citino come riferimento per i cattolici. Oh bella, pure questo si deve ascoltare.
    Il suo 'Dio' non è certo quello che intendiamo noi. Sfido chiunque a dimostrarmi il contrario. Ma non è nemmeno questo il punto. Lo critico per la sua totale incapacità di concepire una metodica che possa condurre un uomo a seguire un percorso di trasformazione. Teoretica? Oh sì, formulazioni metafisiche? Certo. Poi? Aria fritta. " Che dire...
    Non mi dilungo, ed evito qualuqneu inutile e sterile polemica.

    Renè

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  13. Oh ragazzi, per carità e amor di Dio. Mi rimproverate di esser 'fumino'. Ma va! Guai però a criticare le posizioni di tizio caio e compagnia canterina. Pretendete da me di esser sobrio, pacato, democratico, gesuitico, democristiano, magari pure cattocomunista, fabiofazzista, cerchiobottista, brunovespista, moderato, e così almanaccando. Beh, credo che a parte i dialoghi platonici, in ogni discorso serio, un po' di passione, di sale&pepe, ci voglia. Oppure, siete soddisfatti se seguo la linea generale e mi appiattisco su questa o su quella posizione? Non ho mai seguito scolastiche, né guenoniane né evoliane, sebbene abbia di loro, i capiscuola, letto tutto e discusso pure su tutto. Polemos, quando ci vuole ci vuole. A Torino da decenni esiste una scuola dedicata al filosofo/matematico d'oltralpe e non mi pare che si sia mai distinta per tolleranza e apertura. Vi sono conventicole abbastanza stitiche, strettine nel rispettare l'altrui pensiero e posizione. Quindi, il ditino alzato alla 'fornero' su di me, lezioni di stile non ne accetto. Il Guènon pure rosicò alquanto quando Massimo Scaligero, con educazione ma con fermezza osò emendarlo. Troppi orgogli feriti. Troppi piedistalli prefabbricati, noto in giro. Poi, alla fine lo str**** sono io. Vabbè, me lo becco e non perché me lo meriti, ma perché fa bene al karma.
    Comunque, se volete, come si dice a Viterbo, suonarvela e cantarvela pure, allora tolgo il disturbo, così direte che sono suscettibile. Peccato, il blog C.M. mi stimola, non la diuresi come altri, ma l'intelletto sano.

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  14. Caro Angelo,
    non era mia intenzione mancarti di rispetto e nemmeno sottovalutare le tue opinioni che come sai spesso non condivido ma che rispetto. Le rispetto perché appartengono ad una persona che stimo e che so sincera onesta e di buon cuore. Non sono voluto entrare nel merito delle tue valutazioni per non alimentare ulteriori polemiche che alla fine non aiutano né la comprensione né l’intellezione. Non criticavo in generale i tuoi toni e la tua passione, ma in questo caso le questioni trattate mi sembrava meritassero altro e più elevato atteggiamento. Prendersela con Guénon o con i guénoniani cattolici massoni o islamici che siano, non serve proprio a niente. Eventualmente, lascia che i “morti” –se questa è la tua valutazione di costoro- seppelliscano i loro morti.
    Infine, si capisce assai bene, caro Angelo, che l’unica metafisica che ti preme è quella “pratica” di baconiana ed evoliana memoria. Benissimo dico io, ma non mi riesce di capire cosa centri quest’ultima con il Cristo che tu dici di “sentire” e seguire? Forse un tuo chiarimento su questo aiuterebbe, che ne pensi?
    Un caro e fraterno abbraccio,
    Aldo

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    1. Caro Aldo,
      sei buon pompiere. La mia critica a Guènon e affini, riguarda la mancanza, meglio, l'estrema labilità delle indicazioni che autori come il francese non riescono proprio a dare. Colgo l'occasione di parlarne perché lo trovo spesso citato nel blog e in un dibattito aperto, credo, diventa utile, spero, limare discutere sondare confrontare gli studi e le esperienze in merito.
      Cristo è il fondamento, la colonna, la croce al centro della quale si incontrano il visibile e l'invisibile. Per uno come il sottoscritto, che pure ha conosciuto e frequentato ambienti paganeggianti, misteriosofici, di grado e di livello diversi, Gesù è il Maestro dei maestri, è Luce che illumina gli universi, è guida che ti affianca quando perdi la rotta. Cristo è la Stella Polare visibile anche quando il cielo è nuvoloso e minaccia tempesta. Ho visto provato conosciuto Lui e grazie a Lui non mi sono perduto tra i flutti della gnosi più conturbante. Ho provato direttamente che la metafisica più astratta dei filosofi alla Guènon è poca cosa di fronte al sangue, al corpo, allo spirito del Paraclito. La Rosa che si adagia al centro della Croce, risuona dentro ogni cuore che cerca e la Vita appare quella che è: splendente.

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