Dall’Editoriale di Simonetta Bartolini
Totalità è un nome impegnativo: è un nome che ha una storia, significativa seppur breve. Nel 1967 Barna Occhini e Sigfrido Bartolini chiamarono così il quindicinale che fondarono a Firenze con l’intento di esercitare una totale e assoluta indipendenza di pensiero e di analisi sul mondo che li circondava e che andava cambiando. Il modello grafico e l’impegno militante erano quelli delle riviste fiorentine dei primi del ‘900. «Totalità» di Occhini e Bartolini non ebbe padroni, e quando un partito politico offrì un finanziamento fu rifiutato per non venir meno all’autonomia dichiarata sotto la testata: “Quindicinale libero”. Il giornale per questi motivi durò tre anni, quindi senza rimpianti chiuse i battenti con la consapevolezza che quel che doveva esser fatto era stato portato a termine.
A distanza di oltre un quarantennio «Totalità» rinasce, ma ovviamente è tutta un’altra cosa, a cominciare dal fatto che si diffonde solo e unicamente on line, e che il pur flebile legame che ancora univa la rivista degli anni ’60 alle antenate dei primi del ‘900 (Occhini aveva fatto con Soffici e Papini il «Frontespizio» e poi con il solo Soffici «Italia e Civiltà», Bartolini più giovane di Soffici era stato l’ultimo amico) è ormai spezzato dal salto generazionale e di millennio, oltre che di secolo.
Rimane una somiglianza nei caratteri della testata e il nome, seppure con l’aggiunta di quel .it che la colloca inequivocabilmente nella contemporaneità tecnologica.
Perché dunque questo nome, Totalità? Il primo motivo è affettivo, di “affetto culturale” s’intende. Il secondo è di affinità metastorica: ora come allora, ma oggi sembra assai peggio, stiamo attraversando una fase di transizione drammatica. Finite le ideologie, finito il primato degli stati nazionali, finita la sovranità economica e militare di ciascun paese europeo senza una degna e adeguata alternativa comunitaria, sembra finita anche la politica, almeno come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi nel bene e nel male.
In genere ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio. Questo nuovo inizio però stenta a manifestarsi e ci troviamo immersi in un totale caos di idee, principi, valori, prospettive, traguardi.
I nostri giovani non hanno più un punto di riferimento di alcun genere: non c’è un ideale che li sostenga, un’idea nella quale investire energie. Non ci sono uomini e donne cui fare riferimento, non almeno nel panorama che la cronaca ci presenta quotidianamente.
Anche la mia generazione e quella o quelle di quanti hanno accettato di dar vita a questa avventura si trova senza punti di riferimento, senza speranze, e piena di scetticismo per la somma delle delusioni subite.
Rispetto alle nuove generazioni noi abbiamo vissuto la speranza, e in molti casi l’impegno, di cambiare il mondo, in un modo o in un altro, non tutti buoni né condivisibili, ci abbiamo provato e tutti abbiamo fallito. Non abbiamo fallito per insipienza, per scarsa convinzione o per i limiti intrinseci ai progetti che avevamo accarezzato, o quanto meno non sono state queste le cause determinanti il nostro fallimento. Abbiamo fallito perché il mondo ideale nel quale credevamo (ripeto, indipendentemente dalle organizzazioni politiche di riferimento o di semplice affinità) è stato sconfitto dal primato della finanza sull’economia, dell’apparire sull’essere, dell’immagine sulla parola, del rumore sul silenzio, del caos sull’armonia, della provocazione sulla contestazione, della cronaca sulla storia.
Potremmo continuare a lungo l’elenco dei primati perduti se tutto non si riassumesse nel più importante e vitale primato che abbiamo perduto: quello della cultura sull’ignoranza e di conseguenza della politica intesa in senso nobile.
Potremmo ritirarci ciascuno nei rispettivi orticelli che abbiamo coltivato individualmente magari con la speranza di lasciare almeno una testimonianza (di studiosi, giornalisti, scrittori), ma così facendo, nella migliore delle ipotesi, lasceremmo ai nostri figli solo qualche bene materiale che le tasse, sempre più pesanti per ripianare il debito pubblico, sottrarranno loro prima che possano goderne ricordandosi di noi.
Ecco perché Totalità.it.
Per riaffermare il primato della cultura e quindi l’importanza della politica. Senza cultura non c’è politica e la storia ce lo sta dimostrando. Senza politica non c’è economia, e senza economia andiamo a fondo.
Totalità.it è un libero laboratorio, che nei nomi illustri e significativi del comitato direttivo ha la sua cifra e garanzia, aperto a tutti coloro che vorranno collaborare per cercare offrire alle nuove generazioni qualche punto di riferimento ideale, culturale e alla fine politico.
Totalità.it non ha sponsor politici né si riconosce in alcuna formazione partitica. Ovviamente sdegniamo ogni forma di qualunquismo, ma anche tutto in cascame retorico che ci circonda, di destra di centro e di sinistra.
Perciò se chi fa politica vorrà partecipare troverà le porte spalancate a patto che lasci sulla soglia di casa nostra tessera, pregiudizi e appartenenza. Non ci interessano le piccole querelle di cortile, ci interessano le idee, provare a lavorare per l’Italia, per tentare di lasciare ai nostri giovani almeno qualche strumento per non soccombere all’abbrutimento della non cultura.
Comitato direttivo: Franco Cardini, Giordano Bruno Guerri, Maria Giovanna Maglie, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
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