09/02/11

Gioacchino da Fiore nella storia del pensiero occidentale

Bernard McGinn, L'abate calabrese Gioacchino da Fiore nella storia del pensiero occidentale, Ed. Marietti 1820, euro 23

IL LIBRO

Bernard McGinn è senza dubbio uno dei più profondi conoscitori del pensiero di Gioacchino da Fiore (1135-1202). Il libro L’abate calabrese (edito da Marietti) ne è un’importante testimonianza, sebbene meno condivisibili siano le sue analisi sulle conseguenze in epoca moderna del pensiero apocalittico gioachimita.

Procedo con ordine, incominciando dall’analisi del libro. In esso l’Autore inquadra molto bene nel contesto storico della sua epoca Gioacchino. Sono anni tempestosi per il papato (istituzione a cui l’abate calabrese era molto legato) e l’impero. Si succedono brevi pontificati e “i papi del XII secolo, per mantenere e accrescere il prestigio conquistato sulla Chiesa d’Occidente e per favorire il processo di riforma, dovettero difendere con instancabile tenacia la libertà e l’integrità territoriale del Patrimonium Petri, cioè i territori pontifici dell’Italia centrale”.

Poi McGinn passa ad esaminare lo sviluppo della filosofia della storia nel pensiero cristiano prima di Gioacchino, in cui si rileva che “vi è la necessità di un’attenta distinzione tra apocalisse come genere letterario ed escatologia apocalittica come comprensione della storia e della sua fine”. Si parte dai padri della Chiesa come Giustino e Tertulliano, si prosegue con Ticonio (al quale lo studioso statunitense dedica non poche pagine) e Lattanzio, per approdare ad Agostino d’Ippona e agli Scolastici, in primis Pietro Lombardo (contro il quale Gioacchino si è più volte scagliato) e Tommaso d’Aquino, per il quale a Gioacchino mancavano gli strumenti per una robusta esegesi scritturistica. Su questo aspetto in particolare, scrive McGinn: “Le posizioni dell’abate e del dottore sono in quasi perfetta antitesi. L’aquinate nega il metodo dell’interpretazione della Scrittura attraverso tipi e concordanze, metodo usato da Gioacchino, rifiuta le sue idee trinitarie e attacca il concetto delle tre età, o status, della storia”. Questo “duello” si trasferisce nel campo dell’interpretazione dei due contendenti, dal momento che ci sono studiosi (A. Dempft, E. Buonaiuti, T. Gregory) che “hanno visto nell’opposizione fra Tommaso e l’abate un segno della perdita della dimensione storica ed escatologica della cristianità con la Scolastica” e altri (Y. Congar, M.D. Chenu, M. Seckler) che “sono invece intervenuti a difesa del dottore, affermando che egli aveva salvato la vera Heilsgeschichte (storia della salvezza) cristiana, attaccando la falsa molteplicità diffusa nelle idee di Gioacchino”. McGinn propende per una soluzione mediana, dal momento che “sarebbe avventato affermare che Tommaso non avesse una conoscenza delle dimensioni storiche della fede cristiana superiore a quella di molti suoi contemporanei; mentre è vero che egli nutriva uno scarso interesse per la storia come tale”.

Il merito del saggio di McGinn è di aver analizzato un aspetto del pensiero teologico di Gioacchino da Fiore piuttosto trascurato dagli studiosi. Lo spiega così: “Recenti analisi sulla figura dell’abate, basate sui migliori studi precedenti, ci hanno dato una percezione dei particolari e del significato delle sue teorie della storia più chiara di quanto potesse offrire la presentazione dei testi sulle sue teorie dei tre status. Sono stati fatti meno studi sugli altri due aspetti del magnum mysterium di Gioacchino - cioè sulla teoria esegetica e sulla dottrina della Trinità - che sono in realtà inseparabili dalla sua visione della storia”.

Meno convincente è nel libro la critica che McGinn rivolge a Eric Voegelin, grandissimo studioso di teorie di filosofia della storia, secondo cui “Gioacchino fu all’origine del complesso di simboli che dominò l’auto-interpretazione dei movimenti politici moderni - ciò che Voegelin chiamò spirito gnostico - e quindi che la profezia millenarista di Adolf Hitler derivasse dalla speculazione gioachimita”. In realtà, Voegelin accomuna a Hitler anche la dottrina di Lenin e Stalin, affermando che le idee millenariste di Gioacchino hanno in un certo senso (che non è qui possibile approfondire) e in pari modo influenzato i sistemi autoritari e totalitari del ventesimo secolo. McGinn, criticandone il fondamento, si colloca sulla scia di Hannah Arendt. Invece, un numero sempre crescente di studiosi (in Italia, per esempio, N. Matteucci, L. Pellicani, P. Arciprete) ritiene che Voegelin abbia visto giusto.

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L’ AUTORE

Bernard McGinn (New York 1937) si è formato negli Stati Uniti e in Europa. Da sempre conduce studi nell'ambito della storia del cristianesimo e del pensiero cristiano, in particolare dal periodo medioevale. Attualmente è professore di storia della teologia e storia del cristianesimo presso la Divinity School dell'Università di Chicago.


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