04/07/08

Sciacca, bardo solitario della metafisica

«Dopo più trent’anni di lontananza e di vita per il mondo sono rimasto nel fondo siciliano, attaccatissimo con tutta l’anima alla mia terra, fedele anche alla cadenza, che ho voluto conservare senza mescolanze di studiate ' aspirate' e ridicole erre mosce; fedele nel ricordo della piccola Giarre, dove son nato il 12 luglio ’ 908 » . Così, vantandosi della propria sicilianità, scrive in una delle sue opere più suggestive, «La clessidra » , il pensatore Michele Federico Sciacca, nato appunto cento anni fa in provincia di Catania. Personalità tra le più significative della filosofia italiana del XX secolo, Sciacca si rese protagonista di un laborioso itinerario speculativo che lo condusse dall’attualismo gentiliano al pensiero cattolico militante – « La meditazione tenace del paganesimo mi ha fatto cristiano » , ebbe ad affermare –, maturato sul terreno fecondo della riflessione appassionata sui testi di Agostino, Pascal, Vico e Rosmini. Di quest’ultimo, in particolare, Sciacca fu un convinto paladino e molto importante, anche sul piano concretamente operativo, è risultato il grande impegno da lui profuso per far conoscere e apprezzare la figura e l’opera del Beato roveretano: a questo riguardo, denso di significato è il fatto che egli abbia voluto essere sepolto, unico laico fra tanti religiosi, proprio in una cappella del S. Monte Calvario di Domodossola, uno dei luoghi sacri del rosminia­nesimo.
Ha scritto Umberto Muratore: « Ciò che, soprattutto, stimola Sciacca a diffondere il pensiero rosminiano è l’avere intravisto nelle pagine del filosofo trentino una interessante ' promessa': Rosmini può aiutarci a recuperare il genuino pensiero classico e cristiano di quello che Sciacca chiama ' l’Occidente' ( in contrapposizione alla degenerazione dell’Occidente, che egli chiama ' Occidentalismo') » . Il filosofo siciliano si rese conto dell’inadeguatezza degli umanesimi assoluti e li considerò incapaci di rispondere alle domande fondamentali presenti nel cuore umano: « Il discorso sull’uomo – egli scrive – è intelligibile perché è anche necessariamente discorso su Dio » ; e, ancora, « Nulla vi è nell’uomo e nel mondo di superiore alla mente: ma la mente intuisce delle verità immutabili e assolute, che sono ad essa superiori; adunque esiste la Verità immutabile, assoluta e trascendente che è Dio » . Per Sciacca, agostinianamente, nell’interiorità della persona abita il vero, e anche la storia acquista un senso soltanto se possiamo fare riferimento a un Dio creatore che, come ricorda Pier Paolo Ottonello, uno dei suoi allievi più fedeli, « fonda la positività del finito nell’uomo » . Sciacca fu docente in varie università italiane e la morte lo colse nel 1975 a Genova, dove insegnava dal 1947. Scrittore fecondissimo – le sue opere complete occupano una quarantina di volumi –, egli si fece promotore di notevoli iniziative editoriali in Italia e all’estero e – merito non trascurabile – figura tra i cinque fondatori del celebre « Centro di Studi filosofici cristiani » di Gallarate.

(Autore:Maurizio Schoepflin; Fonte: Avvenire del 04/07/2008)

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