Da Cartesio in poi, ci ha a lungo raccontato una favoletta, la storia della filosofia di marca moderna. La favoletta di un’umanità che ha elaborato il suo pensiero – la filosofia, appunto – in un trionfale cammino di liberazione dalle pastoie ingannevoli del mito. È il trionfo della modernità, contro al quale era sceso in campo Augusto Del Noce. Il filosofo cattolico dedicò una parte significativa della sua produzione intellettuale alla critica al moderno; tra i tanti scritti, anche quelli ora proposti da Morcelliana sotto il titolo Modernità. Interpretazione transpolitica della storia contemporanea.
Del Noce contesta la lettura della storia «come processo verso la radicale immanenza », come «liberazione totale dalla mentalità mitica»; una 'liberazione' che, secondo una lettura tanto anticipatrice da sembrare profetica, secondo il filosofo si richiudeva in una nuova schiavitù: la tecnocrazia. Che non è, come ancor oggi si sostiene, figlia della scienza, ma del razionalismo ateo che riduce ogni cosa all’umano. Del modernismo occorre liberarsi, argomenta, come di un ulteriore dogmatismo che idolatra l’uomo e la sua ragione, rigettando ogni riferimento al trascendente e glorificando la scienza. Smontandolo, il cattolico Del Noce smonta però anche quello che, per secoli, è stato uno dei cavalli di battaglia della storiografia filosofica cattolica: l’antimodernismo. «Il moderno e l’antimoderno sono in certa guisa veramente gemelli », scrive. Il filosofo contesta l’atteggiamento dominante della filosofia della storia cattolica dell’Ottocento, «che vedeva la storia del pensiero moderno come un processo unitario verso la catastrofe». Al posto di un simile atteggiamento antimoderno, troppo appiattito su una certa idea di modernità, ne propone uno innovativo; l’antimoderno come «storia di un processo di oblio dell’essere che prende inizio con Platone e coinvolge il cristianesimo stesso ». Ribaltando i luoghi comuni della filosofia, Del Noce indica in Nietzsche il capostipite di questa nuova antimodernità; ovviamente «non in quanto teorico del superuomo, ma piuttosto come il disvelatore della volontà di potenza quale anima del pensiero occidentale ». Già nel problematico filosofo tedesco, dunque, è possibile rintracciare strumenti utili per ricacciare le pretese di una scienza che, ben lungi dall’essere «gaia», tende – in un processo che oggi sta deflagrando sotto i nostri occhi – a porsi come dogma assoluto e intoccabile, forte di una razionalità che si pretende di assumere come unico criterio di valutazione non soltanto dell’utile o del vero, ma anche del bene e del male.
Del Noce non accetta di piegarsi al diktat, e propone una linea che vada «al di là della posizione modernista come dell’antimodernista ». Il filosofo scriveva negli anni in cui l’ondata secolarista pareva a molti osservatori come destinata a travolgere ogni resistenza, fino ad arrivare a imporre le proprie verità 'razionali' come misura di tutte le cose; eppure Del Noce non solo non si rassegnava a un simile epilogo, ma anzi metteva in guardia contro i suoi prematuri esaltatori: «Se pur può sembrare oggi che lo spirito secolaristico abbia raggiunto la massima diffusione, così da far pensare allo schiudersi di una nuova era [...], dal punto di vista filosofico ci si può domandare se non si assista a un rovesciamento per cui l’idea di modernità sveli il suo aspetto dommatico ». Allora pioniere, oggi Del Noce ci appare come un lungimirante premonitore di un dato di fatto incontrovertibile: l’imporsi di una credenza nell’infallibilità della ragione e della scienza. Il filosofo cattolico la mette ancora in termini dubitativi: dobbiamo chiederci, argomenta, se «l’esigenza critica non possa formularsi che contro questo dommatismo razionalista. Se, dunque, il dommatismo non sia rappresentato oggi dal pensiero razionalistico: questa mi sembra la domanda che il pensiero filosofico pone oggi». A trent’anni da quegli scritti, non possiamo che sconsolatamente confermare.
Del Noce contesta la lettura della storia «come processo verso la radicale immanenza », come «liberazione totale dalla mentalità mitica»; una 'liberazione' che, secondo una lettura tanto anticipatrice da sembrare profetica, secondo il filosofo si richiudeva in una nuova schiavitù: la tecnocrazia. Che non è, come ancor oggi si sostiene, figlia della scienza, ma del razionalismo ateo che riduce ogni cosa all’umano. Del modernismo occorre liberarsi, argomenta, come di un ulteriore dogmatismo che idolatra l’uomo e la sua ragione, rigettando ogni riferimento al trascendente e glorificando la scienza. Smontandolo, il cattolico Del Noce smonta però anche quello che, per secoli, è stato uno dei cavalli di battaglia della storiografia filosofica cattolica: l’antimodernismo. «Il moderno e l’antimoderno sono in certa guisa veramente gemelli », scrive. Il filosofo contesta l’atteggiamento dominante della filosofia della storia cattolica dell’Ottocento, «che vedeva la storia del pensiero moderno come un processo unitario verso la catastrofe». Al posto di un simile atteggiamento antimoderno, troppo appiattito su una certa idea di modernità, ne propone uno innovativo; l’antimoderno come «storia di un processo di oblio dell’essere che prende inizio con Platone e coinvolge il cristianesimo stesso ». Ribaltando i luoghi comuni della filosofia, Del Noce indica in Nietzsche il capostipite di questa nuova antimodernità; ovviamente «non in quanto teorico del superuomo, ma piuttosto come il disvelatore della volontà di potenza quale anima del pensiero occidentale ». Già nel problematico filosofo tedesco, dunque, è possibile rintracciare strumenti utili per ricacciare le pretese di una scienza che, ben lungi dall’essere «gaia», tende – in un processo che oggi sta deflagrando sotto i nostri occhi – a porsi come dogma assoluto e intoccabile, forte di una razionalità che si pretende di assumere come unico criterio di valutazione non soltanto dell’utile o del vero, ma anche del bene e del male.
Del Noce non accetta di piegarsi al diktat, e propone una linea che vada «al di là della posizione modernista come dell’antimodernista ». Il filosofo scriveva negli anni in cui l’ondata secolarista pareva a molti osservatori come destinata a travolgere ogni resistenza, fino ad arrivare a imporre le proprie verità 'razionali' come misura di tutte le cose; eppure Del Noce non solo non si rassegnava a un simile epilogo, ma anzi metteva in guardia contro i suoi prematuri esaltatori: «Se pur può sembrare oggi che lo spirito secolaristico abbia raggiunto la massima diffusione, così da far pensare allo schiudersi di una nuova era [...], dal punto di vista filosofico ci si può domandare se non si assista a un rovesciamento per cui l’idea di modernità sveli il suo aspetto dommatico ». Allora pioniere, oggi Del Noce ci appare come un lungimirante premonitore di un dato di fatto incontrovertibile: l’imporsi di una credenza nell’infallibilità della ragione e della scienza. Il filosofo cattolico la mette ancora in termini dubitativi: dobbiamo chiederci, argomenta, se «l’esigenza critica non possa formularsi che contro questo dommatismo razionalista. Se, dunque, il dommatismo non sia rappresentato oggi dal pensiero razionalistico: questa mi sembra la domanda che il pensiero filosofico pone oggi». A trent’anni da quegli scritti, non possiamo che sconsolatamente confermare.
(Autore: Edoardo Castagna)
Augusto Del Noce
MODERNITÀ
Interpretazione transpolitica della storia contemporanea
Morcelliana. Pagine 84. Euro 8,00.
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