26/08/13

Una recensione di Veneziani all'ultimo libro di Primo Siena




di Marcello Veneziani

Se uno dice oggi spiritualismo politico, la gente non capisce, qualcuno si mette a ridere. Spiritualismo è diventata già da sé una parola incomprensibile, tra lo spiritico e il conventuale. A parte il riferimento alla spiritualità in ambito religioso o new age, l'unica accezione corrente e comprensibile a tutti resta un genere musicale che evoca lo schiavismo, lo spiritual. Per il resto, sostituito il cristiano Spirito Santo con l'hegeliano Spirito del Tempo, si è via via capovolto in tempo senza spirito. Al più lo spirito è materia per la psicanalisi. Parole che indicavano contenuti, visioni, stati d'animo diventano vuote, insignificanti, perfino grottesche, come se un'ottusità di ritorno avesse chiuso spazi di pensiero, porte d'anima e campi di valori. Ma spirituale diventa ancor più inverosimile e alieno se correlato alla politica. Che vuol dire spiritualismo politico? Vuol dire farsi guidare nelle scelte e nei comportamenti da una visione spirituale della vita. E opporsi a una concezione materialistica, utilitaristica, opportunistica della politica. In pratica a un arco pressocché onnicomprensivo della politica contemporanea, dalla sinistra di derivazione radicale e marxista allo scientismo e al liberismo, dal razzismo - che è materialismo biologico, anzi zoologico - al dominio planetario della tecnica e della finanza.
Ho ripensato allo spiritualismo politico leggendo un libro di Primo Siena, Incontri nella terra di mezzo. Profili del pensiero differente (Solfanelli, pagg. 215, euro 15). Siena è stato un intellettuale militante nella destra spiritualista del dopoguerra, dopo una giovanile esperienza nella Repubblica sociale. Lasciò l'Italia per andare a insegnare all'estero e da alcuni decenni vive in Sudamerica, a Santiago del Cile. La sua lunga lontananza dall'Italia ha salvaguardato (o ibernato, secondo i punti di vista) la sua concezione etica e spirituale fermandola agli anni della sua giovinezza. In questo libro, come in altri da lui scritti, Siena compone un breve atlante dello spiritualismo politico passando per Giovanni Gentile, Giovanni Papini, Julius Evola, Marino Gentile, Guido Manacorda, Attilio Mordini, Silvano Panunzio, Michele Federico Sciacca, Ferdinando Tirinnanzi, Emilio Bodrero, Vintila Horia, Russel Kirk, Romano Guardini, Charles Maurras, Carlo Alberto Disandro. Oltre questi autori, a cui dedica ampi profili, Siena richiama tra le sue pagine altri pensatori e scrittori come Armando Carlini, Padre Agostino Gemelli, Padre Raimondo Spiazzi, Carmelo Ottaviano, Domenico Giuliotti, Augusto del Noce, Umberto Padovani, Massimo Scaligero, Camillo Pellizzi, Vittorio Vettori, Antonino Pagliaro, Adolfo Oxilia e altri. E cita nell'ambito dello spiritualismo politico alcuni sodali di gioventù, da Giano Accame a Mario Marcolla, da Fausto Gianfranceschi a Roberto Melchionda, da Enzo Erra a Piero Buscaroli, da Pino Rauti a Franco Petronio, da Fausto Belfiori a Silvio Vitale, da Gino Agnese a Piero Vassallo, e altri ancora.
Il tratto comune di questo panorama in apparenza eterogeneo è appunto il primato della visione spirituale, non solo d'ispirazione cattolica. I riferimenti storici e ideali della visione politica di Siena, che negli anni cinquanta fondò e diresse la rivista Cantiere e poi curò con Gaetano Rasi la rivista Carattere, sono situati tra Josè Antonio Primo de Rivera e Corneliu Zelea Codreanu. Capi perdenti di uno spiritualismo eroico, morti sul campo per le loro idee. Non mancano i riferimenti politici al Msi, ma dei suoi leader politici Siena ne accenna solo di sfuggita, riservando solo a Nino Tripodi e Beppe Niccolai giudizi positivi. Questa corrente di pensiero, che solo in parte può definirsi come «cultura di destra», in realtà attraversa l'esperienza politica della destra neofascista ma non vi si identifica. E gli autori prima richiamati non possono certo ridursi a quel contesto politico o partitico. Ora, la corrente militante dello spiritualismo politico finisce, come è inevitabile, con la fine della loro esperienza storica. Ma le opere disseminate lungo il Novecento da autori e pensatori spiritualisti sono state rimosse e cancellate, come se non fossero mai esistite. Eppure costituiscono un tratto saliente della cultura italiana del secolo scorso. Lo spiritualismo, anzi, ha permeato il pensiero italiano assai più che il materialismo storico e il radicalismo, ma anche più dell'utilitarismo e del pragmatismo, del liberalismo e degli altri filoni di pensiero scientifici e strutturalisti, analitici ed esistenzialisti. E non solo: per un secolo almeno la scuola pubblica e l'università sono state permeate dall'umanesimo spiritualista. Missione dei docenti era educare i ragazzi a una concezione spiritualista ben riassunta nel dantesco «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza». Non mancava l'abuso retorico e «nozionista» dello spiritualismo in versione scolastica che lo riduceva a manierismo e astrazione.
Siena definisce il filone spiritualista come pensiero differente o pensiero forte, in opposizione al predominante pensiero debole, conformista e nichilista. Lo spiritualismo politico è per lui permeato da un realismo metafisico e cristiano. La domanda che resta dopo la lettura del libro di Siena è se questo così ampio spiritualismo sia solo un reperto del passato, una traccia storica, affettiva e culturale di un pensiero ormai tramontato, legato ad un tempo ormai improponibile ed esaurito nella gran fiammata del novecento. O se invece non sia da consegnare a una passione antiquaria e nostalgica, ma possa essere ripensato oggi e riproposto domani, con nuovi percorsi e nuove linee di pensiero, nuovi autori e nuovi linguaggi. E la domanda si complica se si vuol dare una connotazione o una ricaduta politica a questa linea di pensiero che appare così inagibile prima che inattuale. Il dubbio finale è se si possa parlare oggi di spiritualismo, di visione spirituale della vita. Io credo di sì nonostante tutto, e il naufragio dei pensieri «corretti» e dei canoni ideologici che lo affossarono ne è ulteriore conferma. Anzi, si può arrivare a dire che una visione della vita o ha una sua matrice spirituale o visione non è. Ma l'impresa va tentata; nella peggiore delle ipotesi gioverà almeno allo spirito di chi la tenta, nella migliore lascerà qualche traccia in altre anime e produrrà qualche effetto nel pensiero e nella vita di una civiltà. E, comunque, se l'impresa è ardua e temeraria, è una ragione in più per tentarla. Il risveglio dello spirito nell'epoca degli automi.