26/02/12

La disperata impresa dell’ultimo Mussolini


di Piero Vassallo
 
Le lettere alla sorella Edvige attestano che, dopo il 25 luglio del 1943, Benito Mussolini, spossato dal prevedibile, infelice esito della guerra in atto, giudicava per sempre conclusa la sua vicenda politica. I documenti e le autorevoli testimonianze raccolte da Renzo De Felice, peraltro, rammentano che, nel settembre del 1943, Adolf Hitler, dopo aver costretto il riluttante Mussolini a recarsi in Germania anziché alla Rocca delle Carminate, lo ricattò dichiarandogli apertis verbis che, ove egli avesse respinto l’impellente richiesta di costituire un governo filotedesco, l’Italia sarebbe stata devastata dalla macchina da guerra tedesca.
La storia della RSI, per chi intende considerare i fatti senza cedere ai pregiudizi, si legge come svolgimento di un’azione angosciosamente finalizzata a placare la collera anti-italiana dei nazisti. Qualunque altra lettura sarebbe costretta a procedere contro i documenti e contro le attendibili testimonianze.
La perestroika di Mussolini, edita da Solfanelli, affascinante e scrupolosa opera di Primo Siena, volontario nell’esercito della RSI prima di diventare uno fra i più vivaci e prolifici esponenti della cultura di destra, conferma che la vicenda politica della RSI rappresentò il tentativo di Mussolini indirizzato a stabilire la solidarietà nazionale, all’interno dell’inevitabile e ormai tragica alleanza con l’incombente Germania. Oggi sappiamo che, dopo la sconfitta di Stalingrado, neppure Hitler credeva nella vittoria dell’Asse. La speranza nelle armi segrete non era condivisa dal leader tedesco, che le vantava e le propagandava per persuadere i combattenti tedeschi a proseguire una guerra motivata solamente dalla preferenza accordata all’immane, wagneriana catastrofe quale alternativa alla resa incondizionata.
In questo funesto e per certi versi surreale scenario si svolse l’azione politica dell’ultimo Mussolini, un’impresa affannosamente finalizzata ad evitare che alla ormai sicura sconfitta si associasse una sanguinosa guerra civile e un'atroce resa dei conti. Il disegno di Mussolini fallì vuoi per la strategia terroristica attuata dai partigiani in ossequio alle indicazioni dell'intelligence anglo-americana, vuoi per la sfrenata e cieca ferocia  usata nelle rappresaglie compiute dai tedeschi, vuoi infine per gli errori del governo fascista, quali il bando Graziani, la costituzione di una milizia di partito, la tolleranza nei confronti egli estremisti.
Primo Siena dimostra tuttavia che Mussolini intendeva demolire l'ingombrante e irritante edificio burocratico del ventennio e costituire, sulle rovine del PNF, una repubblica fondata sui princìpi della democrazia organica. Al progetto di costituzione repubblicana, ad esempio, Mussolini volle che collaborassero insigni giuristi quali Vittorio Rolandi Ricci e Carlo Alberto Biggini. Al proposito Siena cita la ricostruzione compiuta da Franco Franchi nel saggio sulle costituzioni della RSI. Un segnale della volontà di respingere qualunque intenzione di favorire l’esorbitanza del potere politico fu la decisione (conforme alla proposta del ministro di Grazia e Giustizia Piero Pisenti) di non esigere dai magistrati il giuramento di fedeltà alla RSI.

Il duce, intanto, aveva avviato un costruttivo dialogo con gli esponenti del socialismo moderato, della destra cattolica e dell’area mazziniana. Siena cita i più autorevoli interlocutori non fascisti di Mussolini: Nicola Bombacci, Carlo Silvestri, Edmondo Cione, Luciano Stanghellini, Barna Occhini, Giovanni Spadolini, Fabio Tombari, Walter Mocchi, Sigfrido Borghini, Pulvio Zocchi, Ugo Manunta, Giacomo Barnes, Siro Contri oltre a numerosi dotti sacerdoti. Il rinnovamento tentato da Mussolini fu immediatamente apprezzato e condiviso da Giovanni Gentile e al suo seguito dalla maggioranza dei più accreditati intellettuali del Novecento, convinti della buona fede di Mussolini. Frattanto un ingente numero di giovani, mossi da amor di patria, si presentava ai centri di reclutamento per chiedere di essere armati e inviati al fronte. L’entusiasmo dei giovani volontari non dipendeva dall’ideologia: Giuseppe Parlato (autore di una puntuale prefazione al saggio di Siena) rammenta che un militante nella RSI disse – paradossalmente ma con un fondo di verità – che la sua decisione non sarebbe mutata se al posto di Mussolini ci fosse stata Greta Garbo.
Nella tragica e tumultuosa vicenda della RSI, dunque, si può intravedere il profilo di una politica indirizzata alla pacificazione nazionale e al rilancio della dialettica partitica e delle attività intellettuali.
Il fatto più sorprendente messo in luce da Primo Siena è la straordinaria fioritura di attività culturali d’alto profilo nel periodo della RSI. Attività mosse dall’aura inedita della libertà rivendicata da esponenti della pubblicistica fascista quali Carlo Borsani, Bruno Spampanato, Ermanno Amicucci, Concetto Pettinato, Mirko Giobbe, Mario Rivoire. Nei giornali e nelle riviste dell’epoca apparivano firme prestigiose, ad esempio Ezra Pound, Filippo Tommaso Marinetti, Goffredo Coppola, Ugo Ojetti, Dino Buzzati, Giovanni Comisso, Gianni Brera, Ardengo Soffici, Giotto Dainelli, ecc.

La storiografia che abbassa i fascisti repubblicani alla figura di rozzi e sadici mercenari al servizio dell’invasore nazista, (si pensi al film Salò di Pier Paolo Pasolini) ha ristretto la storia della RSI al margine minoritario costituito dagli estremisti che non compresero o addirittura tradirono le intenzioni di Mussolini e di Gentile. La lettura dell’opera di Siena, puntuale e documentato contributo alla revisione storiografica, è dunque raccomandata a quanti intendono sottrarsi alle suggestioni storiografiche che i postcomunisti continuano a diffondere grazie al diffuso oblio della verità.

23/02/12

L'UFO MAI DIPINTO

Una triplice scorribanda nei demoniaci segreti celati dagli UFO e negli svarioni collezionati dalla Clipeologia nel campo della pittura...per tacer del resto

22/02/12

Addio a Fausto Gianfranceschi


                                                   di Marcello Veneziani

Fu una festa d’addio quella che facemmo poche settimane fa a Fausto Gianfranceschi, senza dirlo a nessuno, nemmeno tra noi. Si presentava un libro d’arte curato da sua figlia Michela e ci ritrovammo in tanti suoi amici in Biblioteca Casanatense per rivederlo e per salutarlo.
Ci avevano detto che probabilmente sarebbe stata l’ultima sua apparizione pubblica, l’ultima volta che avremmo visto Fausto, e noi che lo sapevamo in lotta col male ormai da tanti anni, fingevamo di non crederci. Ma lasciammo cadere altri impegni, e con scuse improbabili, ci presentammo alla serata con quel sottinteso d’addio dissimulato dal piacere dell’evento. Fausto faceva gli onori di casa, con la affabile fierezza che lo distingueva, insieme a sua moglie e sua figlia, benché visibilmente provato. Sua moglie Rosetta mi fece sedere a fianco a lui, mentre ascoltava la sua figlia più piccola, a cui aveva dedicato un dolcissimo libro di padre maturo, L’Amore paterno, quando lei era bambina. Provai a condividere in quel momento i suoi pensieri di padre, la sua implicita cerimonia d’addio, il piacere di ascoltare sua figlia che illustrava con passione l’opera davanti a un bel pubblico. Alla fine lo salutai come si salutano gli amici a cui vuoi bene, evitando ogni solennità ma ben sapendo che difficilmente ci saremmo rivisti.
La notte scorsa Fausto ha smesso di combattere la sua antica battaglia contro la morte. Cominciò quella lotta assai presto, più di trent’anni fa, scrivendo un libro, Svelare la morte, dedicato alla perdita di suo figlio Giovanni in un incidente stradale. Un testo sincero e coinvolgente contro il tabù della morte, nel nostro tempo ribattezzata scomparsa e rimossa dagli spazi pubblici e comunitari. Fausto combattè per tanti anni con coraggio e perfino con sfottente e cristiana ironia, una lotta estenuante contro la sua malattia. E di recente un altro doloroso e intenso libro aveva accompagnato la tragica perdita di un’altra sua figlia, Federica. Ma non vacillò mai la sua fede, nonostante gli agguati impietosi della vita.
Uomo di destra, sanguigno e diretto, cattolico apostolico romano, non per modo di dire, «reazionario» come ebbe a definirsi in un libro recente, aveva curato per molti anni la gloriosa pagina culturale de Il Tempo diretto da Gianni Letta. Ha scritto saggi e romanzi, diresse per primo Intervento, la rivista fondata da Giovanni Volpe. Era stato da giovane un militante della destra rivoluzionaria e nostalgica, aveva patito il carcere per le sue idee contro il suo tempo, ma non cambiò mai idee. Polemista vivace, pubblicò anche un tagliente Stupidario della sinistra (1992). Gianfranceschi fu uno tra i primi miei riferimenti umani e culturali che conobbi sbarcando a Roma quand’ero ragazzo. Avevo recensito il suo Svelare la morte, un libro che andrebbe ripubblicato insieme all’Amore paterno, come un elogio sofferto e vero della famiglia. Nel saggio Il senso del corpo, Gianfranceschi concludeva con una limpida professione di fede nella resurrezione della carne. «L’umiliazione e la sofferenza fatali della mia carne prepareranno, io spero, la mia resurrezione». Così si è presentato ieri Fausto alla pietà del divino.
http://www.ilgiornale.it/cultura/gianfranceschi_lultimo_intellettuale_reazionario/20-02-2012/articolo-id=573114-page=0-comments=1

21/02/12

The New Age of Russia. Occult and Esoteric Dimensions

The New Age of Russia: Occult and Esoteric Dimensions, Birgit Menzel, Michael Hagemeister and Bernice Glatzer Rosenthal, ed.s (Munich: Otto Sagner, 2011), pp. 273-92, euro 48

Dalla quarta di copertina: 
 
Occult and esoteric ideas became deeply embedded in Russian culture long before the Bolshevik Revolution. After the Revolution, occult ideas were manifested in literature, the humanities and the sciences as well. Although the Soviet government discouraged and eventually prohibited metaphysical speculation, that same government used the Occult for its own purposes and even funded research on it. In Stalin's time, occultism disappeared from public view, but it revived clandestinely in the post-Stalin Thaw and became a truly popular phenomenon in post-Soviet Russia. From cosmism to shamanism, from space exploration to Kabbalah, from neo-paganism to science fiction, the field is wide. Everyone interested in the occult and esoteric will appreciate this book, because it documents their continued importance in Russia and raises new issues for research and discussion.

18/02/12

Nietzsche e gli ebrei


Nietzsche e gli ebrei,

Con due saggi di Jacob Golomb e Andrea Orsucci,
a cura di Vivetta Vivarelli,
Ed. La Giuntina, 2011,
euro 15

Dalla quarta di copertina:

Il libro presenta, dopo due importanti saggi introduttivi di tipo filosofico e storico, un’ampia selezione di passi tratti dalle principali opere, dai frammenti postumi e dalle lettere di Nietzsche sugli ebrei suoi contemporanei, gli antichi ebrei e gli antisemiti, e, per la prima volta in italiano, brani sull’ebraismo tratti dalle conversazioni di Nietzsche col medico viennese Joseph Paneth, amico di Freud. Viene così affrontata nel modo più diretto una questione cruciale, tuttora molto dibattuta e al centro di accese discussioni all’interno della ricerca internazionale su Nietzsche. Per quanto gli studiosi siano sostanzialmente d’accordo sul fatto che Nietzsche sia anti-antisemita, tuttavia la sua valutazione degli ebrei e dell’ebraismo appare molto controversa. In questa raccolta si è cercato di far parlare i testi stessi che molte volte hanno una forza e un’evidenza incontestabile, ma si è cercato anche di bilanciare per quanto possibile i giudizi più elogiativi con quelli più critici. I brani proposti sono accompagnati da introduzioni alle varie fasi e da una rete di note per ricostruirne il contesto; in particolare quelli più problematici (come quelli della Genealogia della morale e dell’AntGiustificaicristo) vengono ricondotti alle numerose letture di Nietzsche sui rapporti tra ebraismo e cristianesimo.


14/02/12

Le rivelazioni dei mistici sulla vita della Madonna

Laurentin René; Debroise François-Michel,
Indagine su Maria. Le rivelazioni dei mistici sulla vita della Madonna,
Mondadori
2012


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Contenuto Articolo

Nella sua ulti­ma fatica, il novantaquat­trenne storico e ma­riologo René Lauren­tin ritorna sul perso­naggio che più l’ha affascinato durante la sua lunga vita: Maria. Laurentin è noto per gli studi su Lourdes, coronati dai 7 volumi dei Documenti auten­tici e i 6 della Storia autentica, cui s’ag­giungono numerose opere su La Salette, Pontmain, Medju­gorje e altro. Ora esce in libreria Inda­gine su Maria. Le rivelazioni dei mistici sulla vita della Madonna (Mondadori, pp. 264, euro 18,50) scritto col sociolo­go François-Michel Debroise. È un’o­pera originale, audace per la libertà con cui è concepita, rigorosa nel me­todo e prudente. Quest’Indagine , di­fatti, non tratta della Maria «storica» o «evangelica» o «teologica» e nemmeno di quella apparsa a Melanie o Berna­dette. Si occupa della figura della Vergine nelle rivelazioni pri­vate di 8 mistici-veg­genti, e in particolare di 4: la venerabile María de Ágreda (1602-1665), la beata Anna K. Emmerick (1774-1824), la laica carismatica Maria Val­torta (1897-1961) e Consuelo, spagnola del XX secolo. Lo sco­po di Laurentin è comprendere se esista una concordanza fra queste rivelazioni pri­vate – private, non pubbliche né ricono­sciute, è bene rimar­carlo – ricevute in e­stasi o in preghiera e poi trascritte in opere che hanno influito non poco sulla devo­zione di molti cre­denti. Al confronto s’aggiungono fram­menti di Therese Neumann, Luz Am­paro Cuevas e degli a­nonimi «Rosa» e «Do­menico », che pure hanno trascritto «rivelazioni», sebbene non paragona­bili all’estensione delle opere delle pri­me 4 mistiche e soprattutto della Val­torta (migliaia di pagine).

Chiariamo: queste 8 persone (7 donne e un uomo) «ricevettero» rivelazioni private sulla vita della Madonna che vengono giu­dicate alla stregua di narrazioni edifi­canti e letture devote, come precisa Vittorio Messori nell’utile introduzio­ne, giacché la Chiesa è estremamente cauta nell’accogliere questi racconti, soprattutto quando pretendono di ag­giungere dettagli alle Scritture. Per ra­gioni di prudenza e buon senso, la Chiesa «bandisce in linea di principio il termine 'rivelato' quando si tratta di rivelazioni private, senza valore uffi­ciale » poiché «la Rivelazione pubblica è Parola di Dio assunta dallo Spirito Santo e garantita dalla Chiesa» e, dopo la Scrittura biblica, le vite rivelate «non sarebbero in grado di appor­tare alcun com­plemento auto­rizzato (Gal 1, 8­ 9)». È noto, ad e­sempio, che L’E­vangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta fu messo all’In­dice soprattutto per quell’uso della parola «e­vangelo ». La pubblicazione ne è tuttavia tol­lerata, a patto che si metta in evidenza che l’opera riporta «semplicemen­te forme lette­rarie di cui si è servita l’Autrice per narrare, a suo modo, la vi­ta di Gesù». Laurentin però, di fronte al fatto che alcuni di questi testi arri­vano da misti­che canonizzate, crede legittimo chie­dersi se, e come, dipendano da «ispira­zioni dettate dall’alto». Essi non altera­no la narrazione evangelica ma la ar­ricchiscono di dettagli non sostanziali – un po’ come le tradizioni apocrife. Un esempio: l’ascensione di Gesù. Per María de Ágreda, la Vergine restò con Gesù nel Cenacolo per 40 giorni dopo la Resurrezione. Quando il Figlio asce­se al cielo, davanti a «120 testimoni» (Atti 1,15), lei fu proclamata Regina della Chiesa. Per Rosa e per la Emme­rick, Gesù ascese all’aperto di fronte a un’immensa folla «a perdita d’occhio».

Per la Valtorta, invece, assistettero al­l’ascensione «120 testimoni» e «72 di­scepoli ». Insinuandosi nelle piccole variazioni fra Vangeli e Atti, le mistiche modulano il racconto aggiungendo tocchi di colore e di realismo negli abi­ti, nei luoghi, nei personaggi, varian­doli al modo delle sacre rappresenta­zioni: la Madonna della Ágreda, ad e­sempio, sviene spesso come accadeva alle dame altolocate del XVII secolo. L a Valtorta, invece, nomina centinaia di personaggi secondari non citati nei Vangeli, che non ne alterano il racconto ma agiscono come le comparse di un sontuoso film in costume. La domanda di Laurentin è: se tali testi, negli aspetti più indipendenti dai Vangeli, dagli Atti, dagli apocrifi, mostrassero qualche concordanza significativa, si potrebbe parlare di «ispirazione» nel senso attribuito ad altre opere non apostoliche? Per rispondere egli cerca concordanze fra le varie rivelazioni ma incappa spesso in risultati negativi: molte sono le discordanze anche se qualche singolare analogia c’è, che – afferma – potrebbe al limite soccorrere la fede senza mai entrare nel dogma (espressione normativa e strutturata della Rivelazione). Queste «rivelazioni private», o meglio «ispirazioni», mostrano molte divergenze, molte convergenze spiegabili e un piccolo nucleo di concordanze «inspiegabili». Alla fine della sua ricerca, comunque, Laurentin non teme d’invitare alla lettura di queste carismatiche (racconti ortodossi, è bene chiarirlo) perché li considera edificanti, vivaci ( Valtorta), armoniosi (María de Ágreda) o eleganti (Emmerick); letture devote insomma che potrebbero aiutare a visualizzare meglio gli episodi evangelici, come farebbe un film. Forse è stato inaugurato un nuovo genere nello studio della letteratura spirituale fino ad ora (spesso a ragione) trascurato.

Autore: Mario Iannaccone
Fonte:
http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/Maria%20le%20rivelazioni%20che%20fanno%20discutere.aspx