01/02/12

Cristina Campo: Il mio pensiero non vi lascia

Cristina Campo,
Il mio pensiero non vi lascia,
a cura di Margherita Pieracci Harwell,
Adelphi 2012, pp. 273

Risvolto

Ci sono prosatori che proprio nelle lettere raggiungono una sorta di perfezione assoluta: riuscendo, nel breve volgere di una frase, a toccare vertici di bellezza e di intensità. Che la Campo sia uno di essi lo hanno dimostrato le Lettere a Mita e Caro Bul: e questo terzo pannello dell’episto­lario, che raccoglie le lettere scritte agli amici del periodo fiorentino, ne è una conferma. Nel 1956 Cristina è costretta ad abbandonare Firenze per Roma; e gli anni romani saranno costantemente pervasi dal ricordo struggente di quel giardino incantato che era la cerchia degli «amici d’infanzia»: Piero Draghi, Mario Luzi, Anna Bonetti, Venturino Ven­turi, Giorgio Orelli. A tutti loro scrive dal suo «esilio» parole di nostalgico affetto («C’è con voi­altri, nell’aria, gusto di latte»); ma il più rimpianto è senza dubbio Gianfranco Draghi, quel Gian che guarda ai suoi stessi «fari» (i più luminosi: Hofmannsthal e Simone Weil), lo scrittore e poeta di cui ammira la personalità e l’opera, l’amico che «conosce sempre, sottilmente, il disegno del tempo, e trova la parola magica da incidervi». A lui una Cristina ancora dolente per una pena d’amore chiede di assicurarle «che la felicità esiste», ma anche di impegnarsi a favore di Danilo Dolci (come sta facendo lei stessa); con lui parla di Roma, che va scoprendo con meraviglia, delle sue letture (Montaigne, Lawrence, l’a­matissimo Auden, ma anche Pasternak, e Il Gattopardo), dei suoi momenti bui e del­l’importanza della loro amicizia nella sua vita. Per ogni corrispondente la Campo trova un’into­nazione diversa, quella che ritiene la più opportuna, la più esatta – ma sempre (che assuma il timbro argentino della Pisana o quello più cupo della Donatrice Portinari) la sua voce suona alle nostre orecchie con una giustezza e una limpidezza incomparabili.

6 commenti:

  1. L'Adelphi ha i suoi altari gnostici e idolatra le sue immagini. Poi si scopre che i volti che venera non sono di pura seta né di oro fino. La Campo - nome d'arte - è una di queste icone un po' logore, non dal tempo, ma dall'implosione del suo pensiero, a fianco di Emo Capodilista, filosofo senzadio e in perenne ricerca della morte, quale unico emetico alla vita. Dicevo della Campo. Ho letto alcuni suoi scritti. La prosa è di ottimo stile, limpida, folgorante; invece l'idea dominante è dissolutiva, di tetro mortale. Slanci pochi verso l'alto, ma poi siamo sicuri che il concetto di alto degli gnostici sia lo stesso del mio o di quello dei cattolici o degli ebrei o degli indù?
    Dopo il prolasso mentale di Zolla - ma in nuce la tendenza c'è sempre stata - in questi scritti ultimi della sua sodale si avverte una sottile devianza umana, ideologica, teologica. Lo dico con rammarico, la donna era dotata di talento, ma come alcune promesse del calcio, è rimasta potenziale. Altre strade intraprese.

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  2. Caro Angelo,
    una delle caratteristiche del pensiero gnostico “di destra” a cui tu appartieni (Calasso è uno gnostico “di sinistra”) –e qui ti chiedo di essere clemente rispetto a questa mia provocatoria semplificazione ideologica- è la severità di giudizio e il vedere più il “bicchiere mezzo vuoto” che il “mezzo pieno”. Poi invece per contrasto, esprimi giudizi totalmente positivi su persone e realtà che forse meriterebbero una maggiore severità. Per Zolla parli di “prolasso mentale” e per la Campo addirittura di “devianza umana”. Giudizi taglienti che non tengono conto della complessità e delicatezza del loro “fattore umano”. E’ la realtà umana ad essere contraddittoria, caotica e spesso disarmonica. Vale per me, per te e in generale per tutti. Perché non riconoscerlo serenamente e senza scandalo? E perché non cercare di cogliere le tante cose buone che nei testi della Campo, ma anche in quelli di Zolla, sono distribuite a piene mani?

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    1. 'Gnostico di destra' è un etichetta immeritata e non perché ci tenga. I posizionamenti culturali non mi hanno mai convinto, sebbene per semplificazione siano necessari a volte. Comunque, vengo al punto. Non è per scarsa carità cristiana che stronchi l'opera della Campo e implicitamente quella di Zolla. Niente di personale. Critico se permetti le loro idee, o meglio ancora, la deriva delle stesse. Si dice che solo gli imbecilli non cambino mai idea, ma che dire degli incoerenti costituzionali. La poetessa aveva doti, espressività, profondità invidiabili, ma come tutti gli gnostici - di sinistra e di destra - sono più innamorati della loro vana ricerca conoscitiva, ossessiva, superba, che sfocia poi nell'autodistruttività, da dimenticare da cosa si è partiti e dove si vorrebbe arrivare. Te lo dico per esperienza. Quando poi la rotta diventa cristocentrica (che la Grazia faccia capolino?), allora tutto si illumina e l'ego arretra. Già, perché sulla scorta di Panunzio, ho scoperto che Cristo è anche conoscenza. La Campo e Zolla, nonché la congrega adelphiana, hanno preso vie contorte, ambigue, sfocianti verso il mare dell'inconscio, ossia la fogna dell'essere. per loro Cristo è argomento dialettico, un mito tra tanti da accomunare a Rama, Buddha, Orfeo, Dioniso.
      Quando lessi anni fa 'Che cos'è la tradizione' di Zolla, ebbi ottimi spunti di riflessione, di elaborazione intellettuale, perfino di sana passione. Il Tempo poi prosciugò la vena che lo ispirò. Le sirene dell'affermazione professionale che conta, l'appartenere al gotha della cultura sciccosa, non saprei bene, portarono Zolla a rincoglionirsi dei fumi ideologici che spirano da quelle parti. Ebbrezze orgiastiche, droghe a fini iniziatici, magismi di basso conio, tribalismi di ossessi: questi furono i temi accarezzati dal professore e dalla sua allegra (?) compagnia. La signora Campo, più interessata alle forme poetiche e all'estetica della psiche, continuò a percorrere fino in fondo la sua strada. Occasioni mancate. Non entro nel merito della loro anima, mi limito a fare delle considerazioni sul loro pensiero. Son sempre persone di alto livello, nulla a che vedere con quei quattro scribacchini oggi in voga, e che sono recensiti su Repubblica e L'Espresso.
      La domanda è: si può affiancare alla fede la conoscenza? Io rispondo: sì. Purché non si dimentichi l'aureo dettame di Pitagora, secondo il quale prima rispetta gli dèi. Si fa un gran parlare in ambienti teologici cattolici, della possibilità, anzi, della necessità di far sposare la fede con la scienza; mah, accademia, pura accademia, visto che ormai la scienza oggi è solo a scopo di lucro e asservita ad interessi mondialisti. La conoscenza, come strumento che può farci avvicinare a Dio, nasconde ancora interessanti sorprese. Poi, chiamami pure 'gnostico di destra', me ne farò una ragione, ma ti dico pure che sono in buona compagnia... mi consolo così.

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    2. Caro Angelo,
      tu sai molto bene che destra e sinistra non sono solo categorie politiche, etiche o ideologiche, ma anche metafisiche. E come rilevava lo stesso Panunzio, era alquanto paradossale che, ad esempio, un uomo dell’ultradestra come Julius Evola proponesse a livello spirituale e metafisico una “via della mano sinistra” in luogo di una più coerente “via della mano destra”. I veri coerenti da questo punto di vista sono invece lo Zolla e il Calasso. Il primo in ragione del suo viscerale antifascismo e della sua antica adesione alla scuola di Francoforte; il secondo in ragione di un innamoramento giovanile, in verità mai superato, per l’anarchico individualista di sinistra Max Stirner. I due tipi sono sempre stati ideologicamente a sinistra e quindi poi lo sono stati anche “spiritualmente”. Gli è che dietro queste “categorie” in apparenza solo ideologiche, c’è di fatto un’identità esistenziale ben definita e un tipo umano ben connotato. E ciò non si spiega evidentemente solo come un fatto ambientale o culturale. Una tale verità, l’aveva capita anche lo sfortunato ma argutissimo Carlo Michelstaedter quando divideva gli esseri umani in due classi principali, i platonici e gli aristotelici.
      Io non penso che si nasca costituzionalmente di destra o di sinistra, ma che l’esposizione a quelle idee e a quel contesto sociale, culturale, ideale, etico e politico segni per tutta la vita come una sorta di contro sacramento indelebile. Certo, ci si può anche convertire cammin facendo, ma il “segno”, il marchio o come altro preferiamo denominarlo, rimane e definisce in certo modo l’“equazione personale” di chi lo porta.
      Quello che dovremmo evitare è il giudizio. Noi non siamo Dio. Al massimo ci è consentito di discriminare e scegliere una parte (non siamo noi poi a dover dire se la parte che abbiamo scelto è quella giusta). Perché ti ostini a dire che Zolla si è rincoglionito e che la Campo “sua sodale” (povera!) è stata una “promessa mancata”? Allora, anch’io potrei dire di te da cattolico che sei stato una “promessa mancata” e non credo che un tale giudizio non ti brucerebbe. E dunque, caro il mio Angelo, DISCRIMINIAMO sine ire et studio, ma evitiamo questi colpi d’accetta etica che non fanno onore né a noi né alle nostre idee. Quanto alla Campo, io ne sono innamorato da sempre e temo che continuerò ad esserlo nonostante le malelingue. Te compreso.
      Sicuro che apprezzerai la mia franchezza, ti abbraccio come sempre fraternamente.

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    3. Caro Aldo, hai usato la sciabola mascherata da fioretto. Bene, mi gratti dove mi prude, come si dice. Che tu dica di essere innamorato della Campo, per affinità elettiva, sensibilità, o altro, non è certo un male. Anche io ho un debole, diciamo così, per persone che hanno fatto scelte, percorsi non proprio ortodossi eppure li ritengo grandi. A volte, quando svisceriamo un autore, un pensatore, un letterato, scatta un clic dentro e lo amiamo come se lo conoscessimo da sempre. Panunzio, cita spesso Sedir, che ritiene autore di spicco, un mistico per certi versi, pur provenendo da un certo tradizionalismo francese, ma soprattutto un cristiano addentro a cose rosicruciane. Magari per molti cattolici, in primis Introvigne l'acchiappafantasmi della Chiesa, un autore come Sedir è considerato alla stregua di uno spiritualista esoterico e via etichettando, quindi un pericoloso maghetto o giù di lì. Come vedi, patenti di ortodossia, di 'normalità' non sempre sono indice di elevazione. A volte, un cammino segnato non lo è per sempre; un'esperienza non è sempre rivelatrice; una risposta non è l'unica risposta.
      La prossima volta, se mi ospiterai, ti racconto di quando tanti anni fa conobbi la Campo e Zolla, di quando cioè nemmeno sapevo chi fossero, e come un comune amico di Viterbo - mio e del mio mentore Scandurra - combinò un incontro con tali personaggi, a suo dire persone colte e esperte di cose misteriose. Io venivo da esperienze transdimensionali, insomma follie anni '70... ma questa è un'altra storia.

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    4. Caro Angelo,
      è sempre un piacere “incrociare il ferro” con te. Le tue riflessioni pur partendo da angoli prospettici diversi dai miei, sono sempre interessanti e meritevoli di attenzione. Se e quando vorrai raccontarmi del tuo incontro con la Campo e con Zolla, ti leggerò con molto interesse. Io non ho avuto l’onore e il piacere di conoscere e incontrare la Campo, ma in un paio di occasioni mi sono intrattenuto in conversazione con Zolla e ti dirò che non ne sono rimasto per niente entusiasta. E non che avessi aspettative particolari. L’uomo non mi è mai piaciuto e riguardo alle sue idee ho sempre marcato una considerevole distanza. Tuttavia, non mi è era e non mi è possibile non riconoscerne il talento letterario e non apprezzarne i molti meriti “culturali” in senso “tradizionale”. Personalmente, aborro la sua opzione per lo “sciamanesimo universale”, ma proprio non mi riesce di fargliene una colpa. In fondo ho sempre pensato che ognuno ha la verità che si merita, me compreso naturalmente.

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