31/07/10

In bianca maglia di ortiche. Per un ritratto di Cristina Campo

In bianca maglia di ortiche. Per un ritratto di Cristina Campo, Morasso Massimo, 128 p. Editore Marietti, euro 14.

In quarta di copertina, l’editore presenta il libro in questo modo:

Nonostante la ricca messe di studi e la crescente bibliografia critica sull’opera di Cristina Campo, mancava a tutt’oggi un libro di un singolo interprete disposto a divenire “l’eco mnemonica” di quella che si va imponendo, ormai, come una vera e propria maestra segreta del ‘900.
Non è, questa di Morasso, una semplice raccolta di saggi sparsi. Pur nella sua sintetica brevità, il libro si addentra per scorci prospettici nel vivo del corpus testuale della Campo puntando a delineare i tratti di un itinerario tematicamente esaustivo.
Arricchisce il volume un’intensa postfazione di Alessandro Spina, il grande amico “lontano” di Cristina Campo.

Massimo Morasso (Genova, 1964), è poeta, critico e traduttore. Per Marietti nel 2005 ha pubblicato Le poesie di Vivien Leigh. Canzoniere apocrifo (Premio Città di Atri 2007), parte di un più articolato progetto di scritture nel segno unico della Leigh. I suoi ultimi libri sono Bagattelle per un progetto di civiltà (2008), La furia per la parola nella poesia tedesca degli ultimi due secoli (2009) e La vita intensa. I racconti di Vivien Leigh (2009).


24/07/10

Il Sant'Agostino di Giovanni Papini

Giovanni Papini, Sant'Agostino, Cantagalli, euro 18

di Carlo Lapucci

Dopo essere stato uno dei protagonisti culturali della prima metà del secolo scorso Giovanni Papini (1881-1956) è oggi una voce in sordina L'importanza storica che ha avuto e gl'indubbi talenti, in certi casi straordinari, non ne hanno consentito l'archiviazione come è stato invece per altri intellettuali del suo tempo. Così ha sentenziato Jorge Luis Borges: “Sospetto che Papini sia stato immeritatamente dimenticato”.
Nato come uomo controcorrente, dissacratore, ateo, antiaccademico, ribelle, anarcoide neppure nel Sessantotto i giovani lo riconobbero come un possibile precursore, tale era stato il suo tradimento entrando, sia pure a modo suo, nell'ufficialità. Era comunque un individualista e nessun movimento del dopoguerra poteva trovarlo utile.
Più ancora hanno pesato, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, i compromessi col Regime, tanto più che, a differenza di molti altri, non si tuffò nelle acque salutari che potevano anche redimerlo.
In realtà oggi Papini appare come una figura a sé stante, irriducibile a una precisa categoria, tanto egocentrico da pensare che le istituzioni avessero più bisogno di lui che non il contrario. Di fatto il fascismo non lo accolse subito con entusiasmo nella sua Accademia; il cattolicesimo se lo trovò combattente al proprio fianco, ma a sparare dove piaceva a lui e non sempre dalla parte giusta. Meglio vederlo come esponente dello smarrimento di un'epoca: era un uomo che al di là dell'ostentata sicurezza, avvertiva l'imminente frana che stava preparando la storia, e inconsciamente cercò appoggio nelle istituzioni forti. Eppure sentiva fittizia ogni soluzione, perché la febbre era in tutto il mondo. Che non è se non incertezza essere in successione ateo, pragmatista, nazionalista, vociano, futurista, cattolico in odore d'eresia?

Ma è questa irrequietezza la chiave nella quale va letto oggi Papini: i difetti sono gl'ingredienti di cui è fatta una personalità singolarissima e tutta italiana con l'ansia di trovare, scoprire, distruggere, rinnovare. La sua nota più vera, sopra i giochi di prestigio di cui era maestro, è il disagio con il quale avvertiva che il mondo tragicamente stava cambiando pelle. La crisi della fede che scontiamo oggi già è anticipata nelle pagine delle Memorie di Dio che scrive a trent'anni'. Dio e il Male sono i temi del suo tormento e della sua meditazione, anche se condotta in piazza e con un notevole compiacimento, e questo binomio non lo abbandonerà mai.

Uomo di polemica e di critica, con tutti i difetti del polemista sarcastico, orgoglioso e mai soddisfatto, anche se disordinatamente, ha contribuito allo svecchiamento di un'Italia ancora piccola e conformista, combattendo le sterili conventicole letterarie dei santoni della cultura fondata sulle parole lontane dai fatti. Vediamo oggi quanta ragione avesse nell'infrangere l'opaca serra letteraria del crocianesimo per più ragioni morto e sepolto. Le Stroncature sono un libro vivo da non dimenticare, perché la cifra più felice di Papini è il paradosso.

Sono i suoi grandi difetti, vissuti spregiudicatamente, ma coraggiosamente, che gli hanno permesso di essere Papini: qualcosa che dovrebbe far capitolo a parte nella storia della letteratura. Gli hanno consentito di scrivere libri di risonanza mondiale come la Storia di Cristo e Un uomo finito di animare riviste che hanno rinnovato l'asfittico ambiente culturale italiano e d'aver lasciato pagine memorabili da rintracciare in un'opera vasta e caotica, a volte estemporanea e non equilibrata per qualità e valore.

La biografia d'Agostino

Questa biografia di Sant'Agostino può aver soddisfatto il suo bisogno di una visione capace di dare risposta all'instabilità, all'incertezza, all'inquietudine, all'ansia di sanare il conflitto tra Dio e il Male, di trovare finalmente una verità che risolvesse il dissidio del quale era fatta la sua anima, ma temo che il Santo d'Ippona abbia spostato la lotta dal mondo all'interno del suo spirito.

Comunque riuscire a far leggere la vita d'un Santo, per di più filosofo quale Agostino, come un saggio biografico che avvince, non stanca e, al tempo stesso, comunicarne pensiero, spiritualità, riflessione teologica, è il miracolo che riesce a fare questo libro. Non che nella vita del Santo manchino elementi tali da catturare l'attenzione anche di un let­tore un po' disattento, ma il fatto singolare è che gran parte della sua vita il vescovo d'Ippona l'ha trascorsa scrivendo e l'interessante della sua esistenza sta sì nella sua esperienza umana, ma soprattutto nei suoi scritti.

Affrontando la lettura quindi si deve tener conto di questa singolare difficoltà presentata dall'argomento, non superando la quale, il libro poteva diventare non una biografia come que­sta, ma un arido resoconto degli scritti, interessante solo per coloro che hanno confidenza con il pensiero e la filosofia.

Papini aveva una particolare capacità per scrivere bio­grafie e molte hanno avuto grande successo a cominciare dalla propria, Un uomo finito. Il suo segreto principale sta nel "taglio" che egli riesce a dare al soggetto, vale a dire: la prospettiva da cui guardare gli avvenimenti, e soprattutto la selezione delle parti significative nell'immenso insieme dei fatti e dei dati. Se si unisce a questo la capacità narrativa, la ' partecipazione appassionata alla vita, l'attualizzazione della materia che fa sentire nell'oggi l'opera del protagonista, la biografia acquista il coinvolgimento del romanzo. Natural­mente può trattarsi di rigorosa ricostruzione di un corso di eventi, come di rielaborazione d'un materiale raccolto dalla dimensione più fantastica o leggendaria, come gli è accaduto ne I testimoni della Passione.


19/07/10

Maria Regina, Signora del Silenzio e della Parola

Pinturicchio, Madonna che insegna a leggere al Bambino (1456)

di Primo Siena

E’ possibile una nuova chiave di lettura dei Vangeli, un modo che trascenda l’analisi filologica e l’ermeneutica scientifica? Sì, è posibile. Lo dimostrano le pagine dedicate alla “Nozze di Cana” tratte dal “Commento al Vangelo di San Giovanni” svolto dal padre domenicano francese Marie Dominique Philippe.

Il brano sulle “Nozze di Cana” è stato tradotto in versione italiana ed introdotto con penetrante acutezza da Piero Viotto. Si tratta di pagine che sollecitano - “in spirito di contemplazione” – una meditazione sulla “parola di Dio”. Dal commento di padre Philippe, Piero Viotto ha scelto, non a caso, le pagine che riguardano l’episodio delle Nozze di Cana che ci permette di comprendere e intendere (nel senso specifico dell’intelligere latino) l’importanza del ruolo di Maria nel mistero teandrico della redenzione, perchè – annota acutamente Viotto – “noi siamo stati redenti dal sangue di Gesù e dalle lacrine di Maria”.

La Madre di Gesù, ricorda Padre Marie Dominique Philippe, nonostante lo stato eccezionale della sua concezione, resta una creatura umana alla quale il disegno provvidenziale ed imperscrutabile di Dio ha affidato un ruolo di complementarietà al mistero della Redenzione; un ruolo che “rappresenta il contributo femminile alla redenzione stessa e che Cristo, nella sua natura umana maschile, non poteve dare”.

La Vergine Maria, dopo il fiat pronunciato all’annuncio dell’Arcangelo Gabriele circa il mistero dell’Incarnazione Divina che avrebbe operato in Lei, si presenta nei Vangeli come la “Signora del Silenzio”: Ella infatti parla solo in due occasioni. La prima, quando il figlio dodicenne, in occasione della pasqua ebraica, si allontana dai genitori e viene ritrovato dopo tre giorni di angosciose ricerche, nel Tempio di Gerusalemme intento a discutere con i dottori della Legge.

Maria rivolge a Gesú ritrovato parole di amorosa preoccupazione: <Figlio, perchè hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo>. Egli risponde con parole che, annota l’evangelista Luca (2,50), “non furono comprese”: <Perchè mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio>. Quindi ritornò a Nazaret, stando con loro sottomesso mentre cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Maria, sua madre, serbava tutte queste cose meditandole, silente, nel suo cuore.

La seconda ed ultima volta, Maria parla durante le nozze di Cana, quando accorgendosi della mancanza di vino durante il banchetto nuziale, ella si rivolge al Figlio dicendo: <Non hanno più vino>. Al che Gesù risponde: <Cosa vuoi da me, Donna?> Risposta difficile che raccoglie un idiotismo ebraico usato per respingere una richiesta inoppurtuna, come annota il padre domenicano francese.

Anche in questa circostanza, Maria sa cogliere il mistero sapienziale velato nelle parole del Figlio, per cui rivolgendosi ai servi presenti, dice loro:<Fate tutto ciò che vi dirà>. Gesù fa riempire alcune giare d’acqua che trasforma miracolosamente in vino pregiato, iniziando così la sua vita pubblica.

Non la logica razionale, ma lo spirito sapienziale della meditazione permette di cogliere nell’episodio della Nozze di Cana, il preludio di un altro banchetto nuziale: l’ultima cena eucaristica, nel corso della quale Gesù opera il più alto e misterioso dei miracoli, la transustansazione che trasforma il pane ed il vino in corpo e sangue del Cristo Redentore.

Protagonista silenziosa del misterioso gaudioso dell’Incarnazione, Maria è protagonista silenzosa nel mistero doloroso della Redenzione, accanto al Figlio Crocifisso: dritta, solenne, forte nel lancinante dolore di Madre.

Ai piedi della Croce, Maria è altresì figura della nuova Eva: accando al nuovo Adamo che sulla Croce assume i peccati del mondo per redimerli nel suo sangue, Ella partecipa al riscatto della colpa originale della prima coppia umana.

Signora del silenzio durante la sua vita terrena, come Regina del Cielo, Maria santissima si è trasformata in “Signora della Parola”, testimone del Verbo, e come tale chiama insistentemente alla penitenza ed alla preghiera riparatrice invitando l’Umanità a farsi nuovamente degna del Dono gratuito e ineffabile della redenzione.

Nel mistero teandrico dell’ Incarnazione disposto fin dall’inizio della Creazione dal Padre Celeste, la Vergine Maria occupa una posizione di privilegio che riscatta la fragilità della prima Eva perchè l’Immacolata Concezione schiaccerà la testa serpentina del Tentatore infido.

Un singolare contributo ad intendere il trasparente mistero dell’Apocalisse Mariana costituita dalle insistenti apparizioni della Vergine Maria lungo l’arco del tempo, ce lo offre la visione della Venerabile Maria d’Agreda1; la quale in Maria Vergine vede non solo la Madre naturale di Gesú, ma scorge, adombrata in Lei, la realtà trascendente della “mistica città di Dio”, figura della Gerusalemme Celeste che dovrà scendere sul mondo redento a restaurare il Regno senza fine di Cristo Re.

In tal senso i continui richiami della Vergine a un suo ruolo escatologico, accanto alla reiterata offerta d’una protezione sotto il suo sacro Manto, sembrano svelare il ruolo protettivo e materno di Katekon2, assunto dall’Apocalisse Mariana lungo la sua imponente ed abissale altitudine. E tutto ciò con una forza d’amore che nessun cristiano, quale che sia la propria confessione religiosa (e qui penso specialmente a quei cristiani evangelici che, pur sensibili alla tensione escatologica dei nostri tempi, insistono nell’ignorare o – peggio – nel rifiutare la presenza mistica della Vergine Maria nel mistero della Storia e della fine dei tempi) puó rigettare, senza compromettere con la propria, la salvezza e purificazione del mondo.

1 La Venerabile Maria d ‘Agreda (1602-1665), nata in provincia di Soria (Spagna), fu monaca francescana dela Congregazione delle Concezioniste scalze, di cui fu elevata alla dignità di Abbadessa. E’ autrice dell’opera: “La mística Ciudad de Dios” (La mistica Città di Dio).

2 Nella IIº Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo usa l’espressione “to Katekon” come: <colui” che impedisce l’avvento dell’Anticristo>.


13/07/10

Il falso "induismo" di Alain Daniélou


di Aldo La Fata

Che Alain Daniélou (Neuilly-sur-Seine, 4 ottobre 1907 – Lonay, 27 gennaio 1994), fratello del cardinale Jean Daniélou, saggista, musicologo, sanscritista, filosofo, storico delle religioni e uno dei più noti adepti occidentali dello Śivaismo, fosse uno pseudo-maestro avevamo sospettato già da tempo, ma quello che ignoravamo è che fosse anche un impostore e un millantatore. Ne troviamo le prove in un imponente, avvincente e ben documentato saggio del suo ex estimatore e allievo Jean-Louis Gabin dal titolo L'hindouisme traditionnel et l’interprétation d’Alain Daniélou (Les Éditions du Cerf, 2010, 590 p., 45 €).

Gabin che da molti anni si è trasferito in India avrebbe scoperto, diciamo un po' suo malgrado, cose assai imbarazzanti sul conto di Daniélou. Arrivato in India nel 1993 con l'intento di scrivere una summa sull'opera del suo venerato maestro, a un certo punto il Nostro si è dovuto scontrare con una triste e squallida verità. Si ricorderà di come Daniélou si vantasse di essere uno dei portavoce autorizzati dell'India tradizionale al seguito dell'onorato sapiente indiano Swami Karpâtrî. A suo dire quest'ultimo sarebbe stato il fondatore del partito ultra-nazionalista Jana Sangh. Una menzogna. Ne dà conto nella prefazione Veer Mahant Bhadra Misra, professore universitario, ingegnere idraulico e sommo sacerdote del tempio di Sankat Mochan che di Karpâtrî sa davvero tutto quello che c'è da sapere. Ora ci si chiede quale razza di discepolo possa avere l'ardire di raccontare menzogne sul conto del proprio maestro. Tanto più che il povero e ignaro swami Karpâtrî non solo non aveva fondato quello specifico movimento politico, ma ne era addirittura un acerrimo oppositore e un feroce critico. La qual cosa rende ancora più intollerabile la falsità messa in giro da Daniélou. Forse costui voleva che si accreditasse l'idea di un induismo tradizionale fanatico e fondamentalista? E' assai probabile. Un'altra confusione di cui Daniélou si fece paladino, anche in questo caso non per imperizia o ingenuità, ma per vera e propria malafede, fu quella di promuovere in Occidente la visione di un induismo apparentato con il politeismo greco-romano. Quest'ultima era la tesi sostenuta nel suo famoso libro “Shiva e Dioniso” dove, altro fatto grave, si utilizzavano a proprio profitto e travisandoli gli scritti del certamente più serio e onesto René Guénon.

Continuando sulla strada della deformazione sistematica delle dottrine indù,
in "L'Érotisme divinisé" Daniélou propone per il termine “linga” la traduzione di “fallo” (la parte anatomica, traduzione aberrante per qualsiasi indù ortodosso), riducendo così lo Shivaismo tantrico tradizionale a una banalissima forma di edonismo occidentale.

Insomma, siamo di fronte a uno pseudo-maestro che ha cercato in tutti i modi di svuotare le grandi verità, dottrine e vie dell'India tradizionale dalla loro autentica dimensione spirituale e metafisica. Legittime dunque le doglianze di Jean-Louis Gabin che si pone poi tutta una serie di interrogativi ai quali poi cerca di dare delle risposte convincenti. Ad esempio: perché Daniélou avrebbe deliberatamente distorto e deformato il vero pensiero di Swami Karpâtrî? Perché avrebbe sostenuto di essere un emissario autorizzato dell'India tradizionale (cosa di cui cercò di convincere lo stesso René Guénon in più di un'occasione)? E ancora: per quale vera ragione Daniélou si trasferì nel 1953 da Benares a Adyar? E perché fu così reticente nel dare spiegazioni a questo proposito? E infine: quale circostanza lo indussero ad aderire all'aggregato sincretistico e "pseudo-religioso" della Società Teosofica?
Nelle 500 e passa pagine del ricco volume che consigliamo, ci sono tutte le spiacevoli risposte (pars destruens) insieme a una ricchissima pars costruens che erudisce sulla vera tradizione indiana.

09/07/10

L'ultimo libro o libro ultimo di Silvano Panunzio


Silvano Panunzio, "La Coralità Celeste Superdivina (Libro Vltimo)",
Metapolitica. Nuovi Cieli e Nuova Terra, Roma 2010

Dall'Introduzione dell'Autore:

"Il Libro presente sigilla il Corso sacro di “Dottrina dello Spirito”.

Rispetto ai testi precedenti vi è qualche differenza.

Anzitutto non è possibile procedere, come nei Libri di pura Metafisica, per via di grandi affermazioni e di grandi negazioni. I soggetti trattati -da nessuno in Occidente e da pochissimi in Oriente- sono tali da ammettere soltanto ipotesi. Ovverosia congetture: termine tanto caro al luminoso e prudente Nicola Cusano.

Altra differenza è la seguente. I Libri che precedono furono pensati e scritti “con entusiasmo”.

Questo attuale viene elaborato per dovere.

Infatti non si possono lasciare i Credenti nel Vangelo quasi muti davanti alle sottigliezze turbanti dei dottori dell'Asia: i quali non temono di affrontare i massimi problemi sminuzzandoli sino alla radice.

E' probabile che ciò che vien fatto per doveroso impegno, riesca meglio di quel che veniva creato con spirito lirico.

Esposta tale premessa metodologica, con tremore, il giorno dell'Agnellina di Gesù, la fulgida Martire Sant'Agnese, Compatrona di Roma, intraprendiamo questo difficile percorso.

Con l'augurio, mercè la Grazia celeste e l'assistenza carismatica del maestro dei maestri, San Giovanni Evangelista, di pervenire sino in fondo: per un dono di carità verso i fratelli".

Le richieste vanno inoltrate via e-mail a:

aldolafata@metapolitica.net


Chiarificazioni ideali (tre decenni di messe a punto)


di Carlo Gambescia

Il libro della settimana: Giovanni D'Aloe, Chiarificazioni ideali (tre decenni di messe a punto), Metapolitica. Nuovi Cieli e Nuova Terra 2010, pp. 352 - aldolafata@metapolitica.net


Una miscellanea di scritti deve sempre avere un senso. Altrimenti si rischia l’effetto pastiche. Non è questo il caso di Chiarificazioni ideali (tre decenni di messe a punto), Metapolitica. Nuovi Cieli e Nuova Terra 2010, pp. 352. Ne è autore Giovanni D’Aloe, avvocato, studioso del simbolismo tradizionale, traduttore di Reiner Maria Rilke, fondatore nel 1976 di "Metapolitica - Rivista di Studi Universali" assieme a Primo Siena e Silvano Panunzio, il massimo teorico di un proficuo e intelligente dialogo tra escatologismo cristiano e filosofia politica, scomparso lo scorso 10 gugno. Un semestrale di cui oggi D'Aloe è condirettore e sul quale sono apparsi gli scritti ora raccolti in volume.
Perciò il “filo d’Arianna” dell’opera è rappresentato dall’approccio metapolitico. Come del resto lo stesso autore rivendica:

“La Metapolitica è l’escatologia acquisita nelle tre dimensioni della Metafisica, dell’Escatologia e della Politica - di talché, mentre i Metapolitici creano, ‘cioè modellano, sulle orme della Provvidenza Divina, la civiltà universale; e, mentre annunziano il regno di Dio sulla terra, preparano la cittadinanza dell’uomo nei cieli’ ” (p. 5).

Grazie all’elevato e non comune punto di osservazione, Giovanni D’Aloe può permettersi di spaziare dalla vicenda Lefebvre a Bin Laden; dalla simbologia dell’Aquila e del Serpente a Ernst Jünger; da Fellini e Nietzsche e Bachofen, Solov’ev. E ne citiamo solo alcuni tra i numerosi argomenti che punteggiano le intriganti quarantotto “messe a punto” in cui è suddiviso il volume.
Quale esempio concreto del suo approccio metapolitico, prendiamo spunto dall’analisi che viene fatta del film felliniano “Prova d’orchestra” (1979). Prima però ne ricordiamo la trama.
In una chiesa sconsacrata è in corso una contrastata prova d’orchestra. Gli orchestrali si ribellano e cacciano via il direttore. Ma una volta soli, riescono solo a precipitare nell’anarchia. E poiché piove sempre sul bagnato, gli orchestrali finiscono per aggirarsi laceri e impauriti tra le macerie provocate da una gigantesca sfera d’acciaio abbattutasi all’improvviso sulla sala. Il film si conclude con la prova d’orchestra che prosegue sotto i secchi ordini in tedesco del direttore…
Secondo Giovanni D’Aloe

“come Orfeo senza Euridice, il direttore d’orchestra, esponente di una aristocrazia laica, priva di investitura verticale, è incapace di domare le Menadi scatenate nell’orgia anarco-dionisiaca dei musicisti impazziti. Perciò si intuisce che egli finirà per essere fatto a pezzi dagli orchestrali, come le mura della chiesa saranno disintegrate dalla sfera ferrigna”. Di conseguenza, “il messaggio metapolitico di Fellini (…) è pessimistico: ma non già perché ipotizza nuovi sistemi dittatoriali, bensì perché evidenzia l’attuale incapacità della cultura occidentale di opporsi alla propria disintegrazione, facendo ricorso alle forze - di ordine religioso, o anche semplicemente magico - che ne determinarono la formazione e l’ascesa” (p. 101) .

Il senso dell’analisi è chiaro: l’Occidente deve recuperare le sue radici metapolitiche: le “cagioni” profonde, per dirla con Vico. Radici attente a ciò che unisce - e non divide - i tre monoteismi. Dal momento che

“oggi (…) al baccanale dei consumismo edonistico si contrappongono soltanto le religioni del Dio Unico: in occidente il cristianesimo e il giudaismo, in oriente l’islam” (p.303).

Il che è condivisibile. Fermo però restando un fatto: siamo davanti a una metapolitica della “norma”. Che rinvia al “dover essere” metafisico più che all’ “essere fisico” delle cose. Facendo così dipendere, secondo la tradizione medievale, la sociologia dall’ escatologia.
E’ un bene? E’ un male? Sospendiamo il giudizio. Soprattutto se riflettiamo su quel gioiello di sapere integrale che fu la Summa del grande Tommaso d’Aquino. Del resto Chiarificazioni ideali è un’opera aperta. Un libro dove ci si preoccupa di formulare le domande giuste, piuttosto che di offrire risposte frettolose e sbagliate. E questo è un altro buon motivo per leggerlo.

Fonte: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/


Recensione: Uno studio di Silvano Panunzio sul Poema Sacro

Poesia e simboli fra cielo e terra

di Anacleto Lupo

Le varie correnti letterarie nascono dai periodi storici, dalle condizioni sociali, dall’impronta filosofica del tempo, ma vengono anche caratterizzate dalle varie correnti religiose. La religione infatti da sempre ha influenzato ogni forma di cultura, ma non solo in Italia, bensì in tutto il mondo. Ogni forma culturale, dall’arte alla filosofia, alla musica alla poesia e alla letteratura ha subito l’influenza della religione, e non stiamo parlando esclusivamente del cristianesimo, ma di diverse forme di religione, come ad esempio il Sufismo, il Francescanesimo, il Templarismo, l’Ermetismo alchemico, il Quabbalismo profetico, il Gioachinismo, il Vedantismo. Sono religioni appartenenti ad ogni punto del mondo, e ognuna di loro, presa in analisi, ha contribuito a dare un’impronta alla letteratura. Un libro che parla di questo è Cielo e terra: poesia, simbolismo, sapienza nel Poema Sacro (edizioni Metapolitica. Nuovi Cieli e nuova Terra, pg. 293). Ne è autore Silvano Panunzio, originario di Ferrara, dove è tutt’ora membro dell’antica accademia estense delle scienze. Silvano Panunzio è inoltre docente di filosofia ed ha insegnato e vissuto per molti anni a Roma. Panunzio si è formato culturalmente sul pensiero del Vangelo, ma ha subito anche una forte influenza dal Platonismo dei Padri mistici e dai testi sacri dell’oriente e dell’occidente. In questo suo libro prende in analisi l’influenza che le religioni hanno avuto sulle vicende di Dante e Beatrice, e quindi della Divina Commedia. Analizza inoltre oltre alle influenze religiose, anche le influenze di altri illustri nomi della letteratura italiana precedenti e postumi a Dante, quali Petrarca, Cavalcanti, D’Annunzio, Ficino, Tasso e Leopardi.
La filosofia teoretica ha inoltre un grande valore nella stesura del testo e nell’espressione dei concetti. Un libro senza dubbio non per tutti, dato il grado di difficoltà che presenta per chi non conosce la materia, ma sicuramente interessante.

(Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno del 21/06/2010)


06/07/10

La morte di Silvano Panunzio

Il 10 giugno, nelle prime ore del mattino, si è spento alla venerabile età di 92 anni, nel silenzio della sua cella-studio di antico sapore monastico e nella profonda quiete della sua anima, Silvano Panunzio. Orientalista cristiano, filosofo anticonformista, italianista, letterato finissimo, saggista, poeta, autorevole conoscitore di dottrine esoteriche, era nato a Ferrara il 16 maggio 1918. Fu docente di Filosofia, di Diritto, di Storia, di Scienze Politiche e Sociali. Uomo di grande cultura ma di niuna accademia, esordì giovanissimo come orientalista e romanista, medievalista e germanista. Negli anni quaranta si appassionò fortemente all'opera di René Guénon, che lesse integralmente e in profondità, padroneggiandone come pochi il pensiero. Negli stessi anni si dedicò agli Studi Tradizionali, alla Metafisica, alla Cosmologia e al Simbolismo. Tra i suoi interessi primari vi fu anche l'astrologia di cui divenne versatissimo cultore e studioso. In seguito vi avrebbe affiancato gli studi di Astrologia mondiale.

Alla soglia dei sessant'anni, Panunzio si ritira per raccogliere il frutto delle sue meditazioni ed esperienze e si accinge a elaborare un “Corso di Dottrina dello Spirito” in 12 volumi che, in una vera e propria lotta contro il tempo, riesce a completare proprio nel maggio di quest'anno. Al centro dei suoi interessi primari ci fu sempre la Rivelazione cristiana e il suo rapporto con le altre religioni, in particolare con quelle remote dell'Oriente e dell'India. La sua produzione letteraria comprende innumerevoli saggi, una ventina di volumi e la pubblicazione della Rivista di Studi Universali “Metapolitica”, da lui stesso fondata e diretta fin dal 1976.

Quale che sia il consenso o il dissenso su punti particolari o anche sull'impostazione generale del pensiero di Panunzio, è cosa saggia conoscere questa straordinaria opera di sapienza e di dottrina che, come tale, costituisce un solido avviamento alla ricerca della Verità.

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